lunedì 4 settembre 2017

Rivoluzione nei consumi: più bar e attività turistiche e meno negozi e vestiti

La crisi economica degli ultimi 10 anni si è abbattuta come una mannaia sui negozi, soprattutto quelli d'abbigliamento, calzature e tessile. Molti dei lavoratori si sono così messi in proprio, aprendo nuove attività soprattutto nella ristorazione e nel turismo.

La grande recessione scoppiata a fine Agosto di dieci anni fa, ha trasformato pesantemente il nostro stile di vita e quello delle città. Le vetrine cambiano volto e dove prima c'erano negozi, oggi ci sono pub, bar, ristoranti e attività turistiche.

I dati ufficiali parlano di meno commercio tradizionale e più turismo e ristorazione. Dal 2007 sono scomparse oltre 108 mila imprese del commercio in sede fissa, il 15% del totale. Attività che sono state parzialmente sostituite da pubblici esercizi e attività ricettive, con un aumento di 63 mila unità, pari ad un incremento del 16,6%. Non solo. Sono cambiate pure le abitudini si legge di meno e si fuma di più, nonostante la crisi. Questo è il quadro presentato da uno studio dell'Ufficio Economico Confesercenti, elaborato a partire dai dati Istat e dalle rilevazioni dell'Osservatorio su Commercio e Turismo dell'associazione.

Le imprese più colpite sono state quelle riguardanti l'ambito tessile, dell'abbigliamento e le calzature. Dal 2007 ce ne sono circa 40 mila in meno. Sono calati anche i negozi di ferramenta e materiali per costruzioni (-9.834) e giornali (-3.926), mentre tra i dati positivi si segnala l'aumento di tabaccherie (+4.749) e dei negozi di informatica e telecomunicazioni (+2.216) e, soprattutto, delle attività commerciali fuori dai mercati e dai negozi: le imprese di commercio porta a porta, online, e vending machine sono altr 18 mila in più, con una crescita di oltre 82,5%. È calato pure il numero degli ambulanti (-17.587). Secondo molti, a dare un colpo al commercio, oltre la recessione, è stato anche il regime di deregulation dei giorni e degli orari di apertura introdotto a partire da Gennaio 2012 dal Governo Monti.

Confesercenti, spiega la questione:"Una liberalizzazione insostenibile per i piccoli, e che ha favorito solo la grande distribuzione, la cui quota di mercato nel periodo è passata dal 57,7% al 60,2%. Mentre lo scenario cambia completamente sul fronte del turismo. Le imprese di ristorazione sono aumentate del +55 mila, segnando un incremento del +16,8.

Il Presidente della Confesercenti Patrizia De Luise, aggiunge:"Mentre il dinamismo del settore turistico e dei pubblici servizi è evidente, il commercio continua a soffrire, schiacciato da una parte da una ripresa della spesa delle famiglie che tarda ad arrivare, ma anche da un trasferimento delle quote di mercato dai piccoli alla grande distribuzione organizzata, dovuto in  primo luogo alla liberalizzazione insostenibile per le imprese familiari e che deve essere ripensata".

Insomma, cambiano gli stili di vita, le abitudini e quindi cambia anche la composizione delle città e del commercio. È un nuovo tipo di economia a cui tutti inconsapevolmente stiamo contribuendo e di cui facciamo parte.









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