mercoledì 25 ottobre 2017

Kim Philby la spia che tradì la Corona per aiutare il Cremlino

Mosca celebra con una mostra il doppiogiochista Philby che tradì, la sua patria di origine per aiutare i russi.

Sembrano storie così lontane, di quelle sentite attraverso un film o lette su qualche libro giallo. Ma le spie esistono davvero. E a quasi trent'anni dalla morte, il Cremlino celebra Kim Philby uno dei suoi assi nella manica in fatto di doppiogioco.

Lui era una spia britannica volto poi alla causa russa a cui passò quasi mille documenti top secret e altre informazioni su nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

In questi giorni Mosca rende omaggio al suo eroe in una mostra che ha il chiaro intento di mettere in buona luce la Russia e la sua storia nella versione edulcorata promossa dalle autorità. Esaltare quindi anche il kgb, di cui lo stesso Putin è stato per anni un ufficiale, e con esso gli attuali servizi segreti russi che ne sono gli eredi. Non sembra un caso, infatti, che a organizzare l'esposizione è la Società Russa di Storia diretta da Sergey Naryshkim, il capo dei servizi di intelligence russi all'estero (Sur).

La mostra è stata impiantata su materiale personale, vecchie foti, oggetti e soprattutto una serie di documenti che Philby girò abilmente al Kgb sfruttando il suo ruolo nell'M16. Tutto preparato per omaggiare la figura del più celebre tra i menbri del "Cinque di Cambridge", un gruppo di personaggi dell'alta società britannica che furono per anni spie del Kgb senza che nessuno sospettasse minimamente di loro.

Kim Philby rimane un personaggio interessantissimo. La cui storia avvincente e complessa cerca ancora un lieto fine. Cominciò a lavorare per i servizi segreti sovietici nel 1934, mentre Stalin faceva strage di dissidenti veri o presunti. Forse Philby non sapeva cosa avveniva nell'ex Urss di quel periodo, ma aveva abbracciato il sogno di un mondo dominato dal Socialismo dopo essersi innamorato a Vienna di una giovane comunista austriaca. La spia divenne un agente dei Servizi di Sua Maestà nel 1940 e poco prima della fine della Seconda Guerra Mondiale fu addirittura nominato responsabile della "sezione sovietica". Mentre alle spalle di Londra passava di continuo all'ex Unione Sovietica i segreti più delicati e riservati. Spedì a Mosca quasi mille documenti top secret, compreso il rapporto di un ambasciatore nipponico che nel 1944 riferiva di fallito attentato a Hitler di cui gli aveva raccontato Mussolini.

Philby era l'infiltrato eletto per la Russia, lavorando perfino a Washington ufficialmente come diplomatico. Rimase fedele al Cremlino per tutta la vita, nonostante il Patto Ribbentrop-Molotov tra la Germania nazista e l'Urss e le invasioni sovietiche di Ungheria (1956) e Cecoslovacchia (1968). Nel 1963 seguì altri "colleghi" del "Cambridge Spyring" e si rifugiò a Mosca.

È sua l'affermazione: "Possiamo noi tutti vivere per vedere la bandiera rossa sventolare su Buckingham Palace e sulla Casa Bianca", scritta nel 1977.

Philby svento' anche un piano anglo-americano per addestrare gli albanesi anticomunisti a Malta e Corfù. Dopo, visse gli ultimi 23 anni della sua vita a Mosca istruendo le giovani reclute del Kgb a spiare gli occidentali e purtroppo a guardare ormai con disillusione il Comunismo e a bere.

Insomma, con questa mostra, Mosca celebra Kim Philby, un suo figlio adottivo, che ha sposato gli ideali socialisti molto di più di quanto abbiano poi fatto in realtà gli altri russi.

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