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venerdì 23 novembre 2018
La Cina accusa Dolce & Gabbana di razzismo
I prodotti della griffe italiana sono spariti dalle piattaforme e-commerce cinesi. Annullata anche la sfilata prevista per mercoledì a Shangai. L'accusa è di sessismo e razzismo.
Forse a Pechino proprio non sono andati giù gli stereotipi sulla Cina proposti in chiave ironica dalla famosa casa di moda italiana. La vendetta è stata celere e spedita. Il boicottaggio è cominciato sui tre colossi del settore cinese Tmall, JD.com e Suning, proseguendo poi con crossborder NetEas e Koala e Ymatou, e compagnie del luxury e-commerce come Secoo e Vip.com e Yhd.com.
Il grande equivoco è cominciato ad inizio settimana, quando sul profilo Instagram di Dolce&Gabbana sono state pubblicate tre clip per pubblicizzare l'evento della sfilata a Pechino di mercoledì prossimo.
Al contrario, gli utenti cinesi non hanno apprezzato. Nei video, infatti, si vede una modella cinese che tenta con difficoltà di mangiare la pizza, spaghetti e un cannolo siciliano con le bacchette. Per i cinesi si tratta di uno stereotipo offensivo, tanto che molte celebrità, la cui presenza era annunciata alla sfilata, hanno ritirato la loro partecipazione.
L'inizio della fine. Al triste misunderstanding sono seguiti una serie di commenti espressi dai followers su Instagram, a far precipitare la situazione sono poi state le risposte di Gabbana, che ha contrapposto emoticon "marroni" e frasi offensive. Alla fine, non è stata sufficiente la retromarcia della casa di moda che ha annunciato un hackeraggio del suo profilo così come quello di Gabbana:"Siamo desolati, abbiamo rispetto per la Cina e il popolo cinese".
Una prima soluzione è stata annullare la sfilata, ma la griffe italiana continua a proseguire nella bufera. A volte per stupire è meglio affidarsi alla semplicità degli eventi e far parlare la qualità dei prodotti.
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