martedì 12 maggio 2020

In Messico scarseggia la birra. Prezzi alle stelle e l'industria esportatrice in crisi


  1. Il Messico è rimasto a secco! Sebbene sia uno dei primi consumatori di birra al mondo, gran parte della sua produzione è destinata all'esportazione. Il comparto non è stato considerato strategico e l'acqua razionata per gli usi sanitari.


La birra è finita! Almeno nel Paese centroamericano. Da più di un mese non si produce più e le scorte si stanno esaurendo. Restano quelle dei negozi, poca roba, che stanno andando a ruba.

Di conseguenza i prezzi sono aumentati fino al 30 per cento. Inoltre, gli esperti avvertono che entro una settimana, non ci sarà più una bottiglia. A rischio non è solo il mercato nazionale, il primo per consumo al mondo, ma l'esportazione: su 124,5 milioni di ettolitri,  40,1 sono destinati all'estero.

Un valore di 4,85 miliardi di dollari; il 25% delle esportazioni agroindustriali del Paese centroamericano già sceso a 4,76. La crisi è cominciata un mese fa quando il governo Obrador, causa Coronavirus, ha ordinato la sospensione delle produzioni.

La birra non era considerata un prodotto essenziale. Per realizzarla serve l'acqua e visto che scarseggia in molte zone del Messico dove la gente ha bisogno di lavarsi spesso per proteggersi dal virus, si è deciso di fermare le macchine.

I rivenditori hanno fatto incetta di scorte ma presto sono finite e i distributori non sono stati più in grado di rifornirli. Con le città deserte e i centri commerciali chiusi,  le classiche confezioni da sei lattine o bottiglie sono rimaste solo nei piccoli negozi di quartiere che le vendono a prezzi esorbitanti.

Il blocco del mercato messicano ha messo in crisi anche gli altri grandi marchi esteri che hanno provato la chiusura di fabbriche ed imposto a oltre 5 mila famiglie di ogni  senza più lavorare.

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