Dopo un anno dal rientro a casa dell'ex cooperante rapita in Kenya mentre lavorava per una onlus marchigiana come volontaria, la giovane ritrova un nuovo equilibrio.
Era il 10 maggio 2020 quando dopo 18 mesi di prigionia, Silvia Aisha Romano, originaria del quartiere milanese Casoretto, atterrò all'aeroporto di Ciampino. Era finalmente ritornata in Patria, da donna libera.
È noto che fu rapita nel novembre 2018 in Kenya e liberata nel maggio 2020. Lì la giovane lavorava per una onlus marchigiana come volontaria, con lo scopo di fare esperienza nell'ambito della cooperazione internazionale. Le era stata affidata la gestione di un campo Masai fino a quando alcuni criminali la rapirono.
Questi, qualche mese più tardi la vendettero al gruppo terroristico di Al Shabab, affiliato di Al Qaida. Nonostante questo, Silvia ha sempre parlato bene dei suoi rapitori, secondo i suoi racconti, i criminali l'avrebbero trattata sempre con rispetto e le avrebbero promesso di non ucciderla. Fino ad adottare il nuovo nome di "Aisha".
Proprio queste parole, la decisione di convertirsi e cambiare il nome, le hanno procurato diverse critiche nel nostro Paese.
Forse anche perché dopo una lunga e complessa trattativa, i Servizi Segreti Italiani sono riusciti a trovare un accordo pecuniario con i terroristi che hanno quindi restituito Silvia Aisha.
Ora la 26enne vive liberamente in Italia. Nell'ottobre 2020 si è sposata in moschea con Paolo, originario della Sardegna, che conosce dalle scuole elementari ed è un insegnante di mediazione linguistica nella scuola dove si era diplomata qualche anno prima.
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