Un libro svela quando sono nati gli orari dei pasti. Dalla colazione a base di tè con Kant a cene di cioccolatini con Goldoni. A quell'epoca si sono impostate le abitudini alimentari.
"Si mangia? Ma quando si mangia?" Il tormentone del personaggio televisivo "l'alieno" punta del programma "Avanti un altro" si interroga su uno dei crucci principali del genere umano. Perché ammettiamolo, tutti abbiamo fame e mangiare è una priorità.
Si mangia durante i pasti. E il nome di un pasto può essere legato sia al suo orario, sia alla sua consistenza. Attualmente nell'uso parlato prevale decisamente l'orario. Storici inglesi confermano che per loro un pasto consumato all'una non può chiamarsi "lunch", anche se è formale e prolungato. Tra il XVIII e il XIX secolo si sono fissate le abitudini culinarie, anche il pranzo borghese era degno di un re. Termini come diner, dinner e pranzo stavano ad indicare il pasto principale della giornata.
All'epoca, chi poteva permetterselo mangiava e beveva molto, ma molto di più di quanto non si faccia oggi. Quest'eccesso era quasi tutto concentrato nel pranzo, che anche nella piccola borghesia, comprendeva almeno quattro o cinque pietanze,(non si scendeva mai al di sotto),di cui due erano obbligatorie di carne.Riporta bene questi usi Pellegrino Artusi nel libro Scienza in cucina (1891) dove riporta i menu,le usanze e le abitudini della borghesia.
Questa non era la prassi di una ristretta élite,giacché l'autore nella prefazione alla trentaciquesima edizione, si vanta di aver già venduto 283 mila copie del suo libro. L'assunto che ci fosse un pasto nettamente più corposo degli altri spiega il perché molti avessero l'abitudine di non cenare affatto.Federico il Grande, che mangiava "alle dodici precise",in età avanzata prese l'abitudine di non mangiare mai la sera. Comunque organizzava cene, ma quando gli ospiti,alle dieci,si mettevano a tavola, lui si ritirava e andava a letto.De Quincey, riporta che Kant aveva l'abitudine di alzarsi al mattino presto, beveva diverse tazze di te' e lavorava senza mangiare fino a pranzo, che cominciava all'una e quando c'erano ospiti poteva durare anche fino alle 16 o alle 17; il filosofo poi andava a letto presto e non ceneva più. Anche Goldoni soleva fare un pasto unico durante la giornata.
Quindi la nostra abitudine di avere un pasto principale, affonda le radici in quest'epoca. Lo spiega bene Alessandro Barbero nella sua ultima fatica letteraria:"A che ora si mangia?" (ed.Quodlibret).Spiega come si sono fissati gli orari dei pasti tra la fine del '700 e l'inizio dell'800 in Europa, e anche come l'orario del pranzo si sia spostato sempre più tardi fino alla sera.Un libro che è uno spunto di riflessione su un fenomeno interessante sia per gli storici che per i linguisti, causando mutamenti lessicali che sono ancora oggetto di discussione.
Le nostre abitudini alimentari saranno pure nate due secoli fa, ma considerato che mangiare (poco e bene) è un piacere, perché limitarsi solo e soprattutto ad un unico pasto giornaliero?
Anche le cene serali hanno il loro perché.
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