Strano ma vero. Il merito va a una proteina contenuta anche nella saliva, latte e uova.
La prima cosa che t'insegnano è che le lacrime non vanno mai trattenute, perché fosse anche solo per sfogarsi, piangere fa bene. Oggi si scopre che le lacrime possono essere anche una fonte di elettricità: contengono infatti una particolare proteina che, solidificata sotto forma di cristallo, riesce a convertire l'energia meccanica in energia elettrica, proprio come fa il più noto materiale piezoelettrico, il quarzo.
Questa proteina è presente anche nella saliva, nel latte e nell'albume d'uovo. La scoperta di questa molecola biologica, illumina nuove strade e impensate applicazioni, si potrà usare per controllare il rilascio di farmaci nell'organismo o per produrre speciali rivestimenti elettroattivi che proteggono le protesi dalle infezioni.
Il merito di questa nuova intuizione va ad uno studio pubblicato su Applied Physics Letters dall'Università irlandese di Limerick. Tofail Syed, coordinatore del team di ricerca, spiega: "I cristalli sono lo standard di riferimento per misurare la piezoelettricità dei materiali non biologici, usati ad esempio nei sonar e sugli apparecchi a ultrasuoni per immagini. Il nostro gruppo ha dimostrato che lo stesso approccio può essere usato per verificare questo effetto anche in biologia. Si tratta di una novità, dal momento che finora si è provato a capire la piezoelettricità in biologia usando complesse strutture gerarchiche come tessuti, cellule e polipeptidi, invece che indagare i più semplici mattoni fondamentali".
Osservare le cose da un punto di vista diverso, ha portato i ricercatori irlandesi a studiare il lisozoma, una proteina molto comune che accelerano particolari reazioni biologiche agendo da enzima.
Tewfik Soulimene, co-autore dello studio, precisa: "La struttura dei cristalli lisozoma è nota in alta definizione fin dal 1965. Infatti è stata la seconda struttura proteica e la prima struttura enzimatica ad essere risolta, ma noi siamo stati i primi a usare questi cristalli per ottenere le prove della loro piezoelettricità".
I libri di Fisica ricordano che le più grandi scoperte, sono avvenute per caso. Chissà qual è stata la scintilla, o meglio la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha portato gli scienziati a tentar di produrre energia dalle lacrime.
Notizie curiose, psicologia, cultura, arte ed attualità,articoli interessanti e mai pesanti.
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venerdì 13 ottobre 2017
Tracce di Neanderthal impresse nel nostro Dna
Quando diamo la colpa alla genetica per eventuali imperfezioni come la pancetta e il colore della pelle abbiamo ragione. Ma le loro radici sono molto più profonde, sono riconducibili all'uomo di Neanderthal.
Tre studi condotti da altrettanti studiosi indipendentemente l'uno dall'altro e pubblicati sulla rivista Science e sull'American Journal of Human Genetics, rivelano che l'eredità lasciateci da Neanderthal è molto variegata, spaziando dal colore della pelle e dei capelli, alla tendenza ad accumulare la pancetta, alla suscettibilità e persino a malattie come la schizofrenia.
Le tre ricerche sono partite sull'analisi di nuove mappe più dettagliate del Dna dei nostri lontani "antenati". Fra i fautori degli studi c'è anche il pionere degli studi del Dna antico, il biologo svedese Svante Paabo, che lavora presso il famoso Istituto Max Planck per l'Antropologia Evoluzionista a Lipsia e che aveva già scoperto la parentela tra gli uomini di Neanderthal e i discendenti dell'uomo Sapiens.
Per la nuova scoperta, invece, Paabo ha analizzato il Dna di una donna Neanderthal chiamata Vindija, vissuta circa 52 mila anni fa, nell'attuale Croazia. Secondo il ricercatore le cui opinioni sono state pubblicate su Science, i primi incontri tra Sapiens e Neanderthal sarebbero avvenuti nel periodo compreso tra 130 mila e 145 mila anni fa. Inoltre, le popolazioni moderne non africane hanno una percentuale di Dna di Neanderthal compresa tra 1,8% e 2,6%, leggermente superiore alle stime precedenti, comprese fra 1,5% e 2,1%.
I geni ereditati dai Neanderthal controllano i livelli di colesterolo e vitamina D, così come la tendenza ad accumulare la "pancetta". Sono inoltre connessi alla propensione di malattie come artrite reumatoide, schizofrenia e anche alla risposta ai farmaci antipsicotici.
Altre ricerche, come quella di Janet Kelso, sempre dell'Istituto Max Plank di Lipsia confermano che l'eredità dei Neanderthal sia notevole e influenzano inoltre anche il colore della pelle, quello degli occhi e anche i ritmi del sonno e dell'umore.
Notizia curiosa che ci fa ricredere su alcune persone. Perché se a volte ci sembra di conoscere persone che nei loro modi possono comportarsi in modo neanderthaliano, ci si deve ricordare che per la scienza, siamo tutti un po' neanderthaliani e pur non volendo, ci portiamo dietro molto della loro eredità.
Tre studi condotti da altrettanti studiosi indipendentemente l'uno dall'altro e pubblicati sulla rivista Science e sull'American Journal of Human Genetics, rivelano che l'eredità lasciateci da Neanderthal è molto variegata, spaziando dal colore della pelle e dei capelli, alla tendenza ad accumulare la pancetta, alla suscettibilità e persino a malattie come la schizofrenia.
Le tre ricerche sono partite sull'analisi di nuove mappe più dettagliate del Dna dei nostri lontani "antenati". Fra i fautori degli studi c'è anche il pionere degli studi del Dna antico, il biologo svedese Svante Paabo, che lavora presso il famoso Istituto Max Planck per l'Antropologia Evoluzionista a Lipsia e che aveva già scoperto la parentela tra gli uomini di Neanderthal e i discendenti dell'uomo Sapiens.
Per la nuova scoperta, invece, Paabo ha analizzato il Dna di una donna Neanderthal chiamata Vindija, vissuta circa 52 mila anni fa, nell'attuale Croazia. Secondo il ricercatore le cui opinioni sono state pubblicate su Science, i primi incontri tra Sapiens e Neanderthal sarebbero avvenuti nel periodo compreso tra 130 mila e 145 mila anni fa. Inoltre, le popolazioni moderne non africane hanno una percentuale di Dna di Neanderthal compresa tra 1,8% e 2,6%, leggermente superiore alle stime precedenti, comprese fra 1,5% e 2,1%.
I geni ereditati dai Neanderthal controllano i livelli di colesterolo e vitamina D, così come la tendenza ad accumulare la "pancetta". Sono inoltre connessi alla propensione di malattie come artrite reumatoide, schizofrenia e anche alla risposta ai farmaci antipsicotici.
Altre ricerche, come quella di Janet Kelso, sempre dell'Istituto Max Plank di Lipsia confermano che l'eredità dei Neanderthal sia notevole e influenzano inoltre anche il colore della pelle, quello degli occhi e anche i ritmi del sonno e dell'umore.
Notizia curiosa che ci fa ricredere su alcune persone. Perché se a volte ci sembra di conoscere persone che nei loro modi possono comportarsi in modo neanderthaliano, ci si deve ricordare che per la scienza, siamo tutti un po' neanderthaliani e pur non volendo, ci portiamo dietro molto della loro eredità.
giovedì 12 ottobre 2017
Il miglior ristorante al mondo è un pub
Si trova nella campagna inglese ed è un pub. Eletto il primo al mondo da tutti gli utenti TripAdvisor.
"Gli stivali fangosi sono benvenuti". Se vi trovate davanti a una porta dove c'è affisso un cartello con questa scritta, non perdete tempo ed entrateci subito. Questo è il miglior ristorante al mondo: si chiama Black Swan, un localino stellato, nascosto nello Yorkshire.
Il pub è la chicca di un villaggio di campagna dove spesso piove ed il fango è di casa, abbonda, per cui molti girano proprio con gli stivaloni di gomma ai piedi. Alla faccia di tutti i ristoranti super raffinati, vista mare o con l'ingresso su prenotazione, il Cigno Nero è stato eletto il miglior ristorante del mondo nella classifica annuale di TripAdvisor, il popolarissimo sito che pubblica le recensioni degli utenti e su cui tutti, almeno una volta, abbiano lasciato un'opinione. Tra i primi dieci non risulta nessun italiano.
La forza del "Black Swan" risiede nel non essere uno di quei pub tradizionali, tra l'altro, sempre più rari in Inghilterra. È un
gastro-pub, termine coniato quando le Public Houses (Case Pubbliche, ridotto per l'appunto in una parolina di tre lettere) un paio di decenni fa hanno coniato per rinnovare il menù, cambiando prezzi e pubblico, diventando assai più sofisticate. Come si usa anche in certe brasserie francesi o osterie/trattorie italiane, lì ora ce ne sono tanti, alcuni perfino premiati da stelle Michelin.
Il Cigno Nero entra in questa categoria. È a conduzione familiare, ha una stella Michelin e vanta in cucina il più giovane cuoco stellato d'Inghilterra, Tom Banks, 24 anni, insieme al fratello James. Per loro, il riconoscimento più importante, comunque arriva dalle opinioni dei clienti. Opinioni più che soddisfatte visto che l'hanno incoronato il miglior ristorante al mondo.
Contenti anche quelli di TripAdvisor, forti del sostegno di un sondaggio mondiale di milioni di persone che hanno lasciato un loro parere nell'arco di un anno. C'è da dire che forse gli inglesi e i francesi mandano più recensioni degli italiani anche per questo nella classifica non risulta nemmeno un locale nostrano.
La graduatoria finale è così composta: 1) the Black Swan,Olstead, North Yorkshire, Regno Unito; 2) Belmond Le Monoir aux Ait'Saisons, Great Milton, Oxfordshire, Regno Unito; 3) Maison Lomeloise, Chagny, Francia; 4) L'Auberage de l'III, IIIhausern, Francia; 5) Martin Berasategni, Lousarte, Spagna; 6) Daniel, New York, Usa; 7) Le Colombe, Costantia, Sud Africa; 8) Devil's Kitchen, Chiang Mai, Thailandia; 9) Maido, Lima, Perù; 10) El Celler de Can Roca, Girona, Spagna.
Il premio fu istituito nel 2002 ed è la prima volta che un ristorante inglese vince la competizione, quindi la supposizione che il risultato sia influenzato da un maggior numero di segnalazioni provenienti dallo stesso Paese, va a cadere. E cade pure l'ipotesi che vengono votati i ristoranti più economici. Al Cigno Nero, un menù degustazione costa 95 sterline a persona, circa 150euro.
Insomma si entrerà pure con gli stivali sporchi di fango ma il Cigno Nero ha già spiccato il volo sulle vette dei migliori ristoranti mondiali.
"Gli stivali fangosi sono benvenuti". Se vi trovate davanti a una porta dove c'è affisso un cartello con questa scritta, non perdete tempo ed entrateci subito. Questo è il miglior ristorante al mondo: si chiama Black Swan, un localino stellato, nascosto nello Yorkshire.
Il pub è la chicca di un villaggio di campagna dove spesso piove ed il fango è di casa, abbonda, per cui molti girano proprio con gli stivaloni di gomma ai piedi. Alla faccia di tutti i ristoranti super raffinati, vista mare o con l'ingresso su prenotazione, il Cigno Nero è stato eletto il miglior ristorante del mondo nella classifica annuale di TripAdvisor, il popolarissimo sito che pubblica le recensioni degli utenti e su cui tutti, almeno una volta, abbiano lasciato un'opinione. Tra i primi dieci non risulta nessun italiano.
La forza del "Black Swan" risiede nel non essere uno di quei pub tradizionali, tra l'altro, sempre più rari in Inghilterra. È un
gastro-pub, termine coniato quando le Public Houses (Case Pubbliche, ridotto per l'appunto in una parolina di tre lettere) un paio di decenni fa hanno coniato per rinnovare il menù, cambiando prezzi e pubblico, diventando assai più sofisticate. Come si usa anche in certe brasserie francesi o osterie/trattorie italiane, lì ora ce ne sono tanti, alcuni perfino premiati da stelle Michelin.
Il Cigno Nero entra in questa categoria. È a conduzione familiare, ha una stella Michelin e vanta in cucina il più giovane cuoco stellato d'Inghilterra, Tom Banks, 24 anni, insieme al fratello James. Per loro, il riconoscimento più importante, comunque arriva dalle opinioni dei clienti. Opinioni più che soddisfatte visto che l'hanno incoronato il miglior ristorante al mondo.
Contenti anche quelli di TripAdvisor, forti del sostegno di un sondaggio mondiale di milioni di persone che hanno lasciato un loro parere nell'arco di un anno. C'è da dire che forse gli inglesi e i francesi mandano più recensioni degli italiani anche per questo nella classifica non risulta nemmeno un locale nostrano.
La graduatoria finale è così composta: 1) the Black Swan,Olstead, North Yorkshire, Regno Unito; 2) Belmond Le Monoir aux Ait'Saisons, Great Milton, Oxfordshire, Regno Unito; 3) Maison Lomeloise, Chagny, Francia; 4) L'Auberage de l'III, IIIhausern, Francia; 5) Martin Berasategni, Lousarte, Spagna; 6) Daniel, New York, Usa; 7) Le Colombe, Costantia, Sud Africa; 8) Devil's Kitchen, Chiang Mai, Thailandia; 9) Maido, Lima, Perù; 10) El Celler de Can Roca, Girona, Spagna.
Il premio fu istituito nel 2002 ed è la prima volta che un ristorante inglese vince la competizione, quindi la supposizione che il risultato sia influenzato da un maggior numero di segnalazioni provenienti dallo stesso Paese, va a cadere. E cade pure l'ipotesi che vengono votati i ristoranti più economici. Al Cigno Nero, un menù degustazione costa 95 sterline a persona, circa 150euro.
Insomma si entrerà pure con gli stivali sporchi di fango ma il Cigno Nero ha già spiccato il volo sulle vette dei migliori ristoranti mondiali.
Mette in dubbio una battaglia del 1593, lo storico rischia la galera
Messo nei guai per lesa maestà. Questa è l'accusa mossa ad uno storico dalla Giunta Militare di Bangkok. Ora rischia 15 anni di carcere.
A giudicar da queste vicende la monarchia thailandese dev'essere molto permalosa. LÌ sono 93 i casi di lesa maestà e coinvolgono 138 persone processate da quando la Giunta è al potere. Più che veri reati, sembra quasi che si cerchino pretesti per mostrare i muscoli di una monarchia non poi così salda e amata.
Questa volta è toccato all'84enne Sulak Sivaraksa, che rischia di finire i propri giorni dietro le sbarre. È stato messo sotto accusa dopo aver osato mettere in dubbio una storia che risale al 1593. Si tratta di una leggendaria battaglia che il re thailandese Naresuan scatenò per sconfiggere un principe birmano in groppa a pachidermi da combattimento muniti di lance e conquistando così il regno di Ayulthaya. Una critica e rivisitazione delle vicende che ha condotto, due giorni fa, l'attempato e stimato intellettuale thailandese di fronte al Tribunale Militare per rispondere ad accuse che potrebbero costargli 15 anni di carcere.
La critica, per giunta, non è nemmeno recente, risale all'Ottobre di tre anni fa, quando durante un convegno tenuto all'Università di Thammosat, Siveraskea mise in dubbio l'accuratezza storica dell'eroismo dell'antico monarca, che nel 2014 veniva celebrato con un film propagandistico sponsorizzato dalla Giunta Militare appena salita al potere.
Con una frase vagamente ironica, lo storico si limito' a chiedere se la battaglia elefantina non fosse in verità un mito apocrifo', invitando quindi "A non credere facilmente a queste cose, per non essere preda della propaganda".
Tanto basta per far scattare l'articolo 122 del Codice Penale che proibisce di diffamare, insultare e minacciare il re, la regina e l'erede al trono in carica. Legge per cui, in Thailandia, già un operaio 27enne è stato processato per aver postato un commento sarcastico sul cane del precedente re, Bhumipol, a cui il monarca aveva dedicato francobolli e un libro, si suppone, per far capire che un buon suddito dev'essere leale e umile proprio come cagnolino Tongdoeny.
Oppure, un'altra vittima dell'accusa di lesa maestà, è l'ex premier Thaksin Shinawatra, fratello dell'ultimo Primo Ministro Yingluck. Entrambi latitanti. Oppure c'è chi è in carcere per aver messo un "like" a un video poco decoroso dell'attuale re Maha Vajirolangkorn. Il monarca più ricco del mondo, nel regno con la più severa legge per lesa maestà del pianeta.
Sarà per questo, che chi prova ad opporsi o a dire la sua o a dare una chiave di lettura diversa della storia, viene percepito come pericoloso. Inoltre ridicolizzare l'agiografia dei re del passato fa capire quanto irrazionale sia la mitologia stessa della monarchia del presente. Forse per questo, la maestà si sente tanto lesa: svelare che il re è nudo fa crollare un' intera "realtà".
Non bisogna essere degli storici per capire che i miti non appartengono alla realtà, ma ad una dimensione tutta loro dove un'ideologia, sogno e fatti, si mescolano tra loro, per tracciare e indirizzare un cammino, ma poi nella realtà la via da percorrere deve essere la propria, vera.
A giudicar da queste vicende la monarchia thailandese dev'essere molto permalosa. LÌ sono 93 i casi di lesa maestà e coinvolgono 138 persone processate da quando la Giunta è al potere. Più che veri reati, sembra quasi che si cerchino pretesti per mostrare i muscoli di una monarchia non poi così salda e amata.
Questa volta è toccato all'84enne Sulak Sivaraksa, che rischia di finire i propri giorni dietro le sbarre. È stato messo sotto accusa dopo aver osato mettere in dubbio una storia che risale al 1593. Si tratta di una leggendaria battaglia che il re thailandese Naresuan scatenò per sconfiggere un principe birmano in groppa a pachidermi da combattimento muniti di lance e conquistando così il regno di Ayulthaya. Una critica e rivisitazione delle vicende che ha condotto, due giorni fa, l'attempato e stimato intellettuale thailandese di fronte al Tribunale Militare per rispondere ad accuse che potrebbero costargli 15 anni di carcere.
La critica, per giunta, non è nemmeno recente, risale all'Ottobre di tre anni fa, quando durante un convegno tenuto all'Università di Thammosat, Siveraskea mise in dubbio l'accuratezza storica dell'eroismo dell'antico monarca, che nel 2014 veniva celebrato con un film propagandistico sponsorizzato dalla Giunta Militare appena salita al potere.
Con una frase vagamente ironica, lo storico si limito' a chiedere se la battaglia elefantina non fosse in verità un mito apocrifo', invitando quindi "A non credere facilmente a queste cose, per non essere preda della propaganda".
Tanto basta per far scattare l'articolo 122 del Codice Penale che proibisce di diffamare, insultare e minacciare il re, la regina e l'erede al trono in carica. Legge per cui, in Thailandia, già un operaio 27enne è stato processato per aver postato un commento sarcastico sul cane del precedente re, Bhumipol, a cui il monarca aveva dedicato francobolli e un libro, si suppone, per far capire che un buon suddito dev'essere leale e umile proprio come cagnolino Tongdoeny.
Oppure, un'altra vittima dell'accusa di lesa maestà, è l'ex premier Thaksin Shinawatra, fratello dell'ultimo Primo Ministro Yingluck. Entrambi latitanti. Oppure c'è chi è in carcere per aver messo un "like" a un video poco decoroso dell'attuale re Maha Vajirolangkorn. Il monarca più ricco del mondo, nel regno con la più severa legge per lesa maestà del pianeta.
Sarà per questo, che chi prova ad opporsi o a dire la sua o a dare una chiave di lettura diversa della storia, viene percepito come pericoloso. Inoltre ridicolizzare l'agiografia dei re del passato fa capire quanto irrazionale sia la mitologia stessa della monarchia del presente. Forse per questo, la maestà si sente tanto lesa: svelare che il re è nudo fa crollare un' intera "realtà".
Non bisogna essere degli storici per capire che i miti non appartengono alla realtà, ma ad una dimensione tutta loro dove un'ideologia, sogno e fatti, si mescolano tra loro, per tracciare e indirizzare un cammino, ma poi nella realtà la via da percorrere deve essere la propria, vera.
mercoledì 11 ottobre 2017
Gli hacker israeliani scoprirono hacker russi mentre spiavano hacker americani
Non è uno scioglilingua. Mentre hacker russi usavano l'antivirus Kaspersky per spiare la Nsa erano a loro volta spiati da israeliani.
È tutto un continuo spiarsi. E nella delicata partita geopolitica tra i due colossi del mondo, Stati Uniti e Russia, spunta anche il terzo incomodo: Israele. Proprio gli hacker israeliani hanno allertato gli americani che i russi li stessero compromettendo avvalendosi del noto software dell'antivirus Kaspersky.
Pochi giorni fa, fonti governative americane hanno rivelato al Wall Street Journal che hacker russi avrebbero rubato strumenti di attacco della Nsa, l'Agenzia di Sicurezza Nazionale statunitense, dal computer di un dipendente. Costui ingenuamente si era portato a casa i materiali dell'Agenzia di Intelligence. Secondo le fonti, l'individuazione del file Nsa sarebbe avvenuta, attraverso l'antivirus della società di cyber sicurezza fondata da Eugene Kaspersky, che il dipendente aveva sul pc.
Ancora molti lati della vicenda sono rimasti oscuri. Non si sa ancora se siano stati gli hacker russi a compromettere l'infrastruttura di Kaspersky a sua insaputa, o se ci sia invece, qualche forma di collisione, e il mistero di come abbiano fatto gli americani a venir a conoscenza di tutta la "situazione".
Per il momento la casa dell'antivirus sembra dover essere scagionata. Perché fra il 2014 e il 2015 furono hacker dell'Intelligence israeliana a compromettere la rete Kaspersky e a scoprire "in diretta" come gli hacker russi stessero raccogliendo informazioni sui computer contenenti programmi riservati americani, e su cui era installato l'antivirus della società russa, sfruttando le sue funzioni di ricerca. Questo genere di prodotti richiedono infatti un accessobai file del computer per confrontarli con un database di "firme", di impronte di software malevoli che permettevano anche di effettuare ricerche mirate.
Quindi, gli israeliani hanno violato Kaspersky per vedere gli hacker russi che spiavano tramite l'infrastruttura voluto di Kaspersky, gli americani. Con quest'operazione i russi avrebbero poi effettivamente violato il pc del dipendente della Nsa e degli altri, soprattutto quelli del TAO, il gruppo di hacking d'elite della Nsa, deputato alle operazioni offensive, rubando documenti classificati e codici. Sebbene ancora non sia chiaro se i materiali in questione siano quelli usciti in alcuni leak e altre fughe di dati successivi.
È abbastanza chiaro invece che l'estraneità alle vicende di Kaspersky. Secondo le ricerche israelite ed americane, l'uso dell'antivirus russo, da parte degli hacker sovietici, è avvenuta all'insaputa dell'azienda e che quindi la stessa Kaspersky sia una vittima di questa spy story.
Resta il fatto che il governo americano a metà Settembre ha deciso di mettere al bando i prodotti Kaspersky dagli uffici federali e che se non fosse stato per la tempestività degli hacker israeliani che si sono trovati in contemporanea con quelli russi nella rete di quell'azienda di cyber sicurezza, molti importanti dati americani sarebbero ormai "bruciati".
Anche sul fronte digitale, anche nei delicati equilibri della geopolitica, l'importante è avere sempre un amico, o uno Stato amico, che ti guardi le spalle e che comunque t'avverta che c'è qualcuno dietro di te, pronto ad attaccarti.
È tutto un continuo spiarsi. E nella delicata partita geopolitica tra i due colossi del mondo, Stati Uniti e Russia, spunta anche il terzo incomodo: Israele. Proprio gli hacker israeliani hanno allertato gli americani che i russi li stessero compromettendo avvalendosi del noto software dell'antivirus Kaspersky.
Pochi giorni fa, fonti governative americane hanno rivelato al Wall Street Journal che hacker russi avrebbero rubato strumenti di attacco della Nsa, l'Agenzia di Sicurezza Nazionale statunitense, dal computer di un dipendente. Costui ingenuamente si era portato a casa i materiali dell'Agenzia di Intelligence. Secondo le fonti, l'individuazione del file Nsa sarebbe avvenuta, attraverso l'antivirus della società di cyber sicurezza fondata da Eugene Kaspersky, che il dipendente aveva sul pc.
Ancora molti lati della vicenda sono rimasti oscuri. Non si sa ancora se siano stati gli hacker russi a compromettere l'infrastruttura di Kaspersky a sua insaputa, o se ci sia invece, qualche forma di collisione, e il mistero di come abbiano fatto gli americani a venir a conoscenza di tutta la "situazione".
Per il momento la casa dell'antivirus sembra dover essere scagionata. Perché fra il 2014 e il 2015 furono hacker dell'Intelligence israeliana a compromettere la rete Kaspersky e a scoprire "in diretta" come gli hacker russi stessero raccogliendo informazioni sui computer contenenti programmi riservati americani, e su cui era installato l'antivirus della società russa, sfruttando le sue funzioni di ricerca. Questo genere di prodotti richiedono infatti un accessobai file del computer per confrontarli con un database di "firme", di impronte di software malevoli che permettevano anche di effettuare ricerche mirate.
Quindi, gli israeliani hanno violato Kaspersky per vedere gli hacker russi che spiavano tramite l'infrastruttura voluto di Kaspersky, gli americani. Con quest'operazione i russi avrebbero poi effettivamente violato il pc del dipendente della Nsa e degli altri, soprattutto quelli del TAO, il gruppo di hacking d'elite della Nsa, deputato alle operazioni offensive, rubando documenti classificati e codici. Sebbene ancora non sia chiaro se i materiali in questione siano quelli usciti in alcuni leak e altre fughe di dati successivi.
È abbastanza chiaro invece che l'estraneità alle vicende di Kaspersky. Secondo le ricerche israelite ed americane, l'uso dell'antivirus russo, da parte degli hacker sovietici, è avvenuta all'insaputa dell'azienda e che quindi la stessa Kaspersky sia una vittima di questa spy story.
Resta il fatto che il governo americano a metà Settembre ha deciso di mettere al bando i prodotti Kaspersky dagli uffici federali e che se non fosse stato per la tempestività degli hacker israeliani che si sono trovati in contemporanea con quelli russi nella rete di quell'azienda di cyber sicurezza, molti importanti dati americani sarebbero ormai "bruciati".
Anche sul fronte digitale, anche nei delicati equilibri della geopolitica, l'importante è avere sempre un amico, o uno Stato amico, che ti guardi le spalle e che comunque t'avverta che c'è qualcuno dietro di te, pronto ad attaccarti.
A pranzo con Papa Francesco, due ne approfittano per evadere
È successo a Bologna.Due reclusi della struttura di Castelfranco Emiliano e invitati alla tavolata dei poveri in Basilica con Papa Bergoglio, si sono sottratti al controllo dei volontari e si sono dati alla fuga.
Dopo il suo viaggio a Bologna, domenica, Papa Francesco ha espresso il desiderio, come spesso accade, di voler pranzare con mille poveri, tra cui immigrati, senzatetto e carcerati. Per l'occasione, nella Basilica di San Petronio e' stata allestita una mega tavolata per tutti gli invitati, ma al termine dell'incontro qualcuno s'è accorto che due detenuti, ospiti al banchetto, avevano colto l'occasione per fuggire.
Praticamente, i due non sono rientrati a Castelfranco Emiliano, nella casa di reclusione che li ospitava, in barba ai buoni propositi, hanno dilungato, di parecchio....l'insperata uscita. Infatti, i due protagonisti sono proprio due dei detenuti "scelti" per la "delegazione" autorizzata dall'Istituto a partecipare al particolare evento in città.
A pranzo con il Santo Padre non ci sono andati, ma il messaggio di pace e libertà portato da Papa Bergoglio è stato sicuramente più che preso alla lettera da questi due ex carcerati. Le dinamiche della surreale vicenda ancora non sono molto chiare. Sono ancora molti i dettagli da portare alla luce. Di certo si sa, che si tratta di due italiani, di origine campana e non nuovi ad episodi simili. In quanto sottoposti a misure di sicurezza, poiché ritenuti socialmente pericolosi.
Le indagini sono affidate alla Polizia che ha già visitato la sede della Curia, in via Altabella, per chiarire i dettagli circa il pranzo con il Pontefice; come quegli individui siano riusciti a non parteciparvi sottraendosi al controllo dei volontari che li scortavano e riuscendo quindi pure a dileguarsi.
È incredibile come tutto ciò che riguardi il nostro amatissimo Pontefice, poi diventi quasi uno spettacolo. Pure quest'ultima vicenda sembra la trama di un film. Sarà perché il Papà ha un tale carisma ed è portatore di svariati, profondi messaggi, che solo a guardarlo, nelle persone, in ognuno in modo diverso, s'accende la scintilla delle idee.
Dopo il suo viaggio a Bologna, domenica, Papa Francesco ha espresso il desiderio, come spesso accade, di voler pranzare con mille poveri, tra cui immigrati, senzatetto e carcerati. Per l'occasione, nella Basilica di San Petronio e' stata allestita una mega tavolata per tutti gli invitati, ma al termine dell'incontro qualcuno s'è accorto che due detenuti, ospiti al banchetto, avevano colto l'occasione per fuggire.
Praticamente, i due non sono rientrati a Castelfranco Emiliano, nella casa di reclusione che li ospitava, in barba ai buoni propositi, hanno dilungato, di parecchio....l'insperata uscita. Infatti, i due protagonisti sono proprio due dei detenuti "scelti" per la "delegazione" autorizzata dall'Istituto a partecipare al particolare evento in città.
A pranzo con il Santo Padre non ci sono andati, ma il messaggio di pace e libertà portato da Papa Bergoglio è stato sicuramente più che preso alla lettera da questi due ex carcerati. Le dinamiche della surreale vicenda ancora non sono molto chiare. Sono ancora molti i dettagli da portare alla luce. Di certo si sa, che si tratta di due italiani, di origine campana e non nuovi ad episodi simili. In quanto sottoposti a misure di sicurezza, poiché ritenuti socialmente pericolosi.
Le indagini sono affidate alla Polizia che ha già visitato la sede della Curia, in via Altabella, per chiarire i dettagli circa il pranzo con il Pontefice; come quegli individui siano riusciti a non parteciparvi sottraendosi al controllo dei volontari che li scortavano e riuscendo quindi pure a dileguarsi.
È incredibile come tutto ciò che riguardi il nostro amatissimo Pontefice, poi diventi quasi uno spettacolo. Pure quest'ultima vicenda sembra la trama di un film. Sarà perché il Papà ha un tale carisma ed è portatore di svariati, profondi messaggi, che solo a guardarlo, nelle persone, in ognuno in modo diverso, s'accende la scintilla delle idee.
martedì 10 ottobre 2017
Djokovic apre un ristorante per le persone bisognose
Il famoso tennista, ex numero uno del mondo, inaugurerà un locale in cui le persone con difficoltà economiche potranno consumare i pasti gratuitamente.
"Lo meritano per il sostegno che mi stanno dando, ho guadagnato abbastanza per sfamare tutta la Serbia". Con queste parole, Novak Djokovic, ha annunciato la sua intenzione di aprire un ristorante per offrire pasti gratuiti alle persone bisognose. E con questa decisione Novak si consacra definitivamente come un campione fuori e dentro il campo.
Un ragazzo d'oro, diventato nel 2015 il primo tennista a guadagnare più di 20 milioni di dollari in montepremi in una sola stagione. Sarà per questo che dichiara che il denaro per lui non è un problema e che aprire un altro ristorante è quasi un dovere per ripagare i suoi sostenitori di tutto l'affetto ricevuto.
Per Djokovic questo sarà il terzo ristorante. Il primo fu inaugurato nel 2009 a Belgrado e porta il suo stesso nome "Novak", il secondo, invece, ha sede a Montecarlo ed è un ristorante vegano con nome "Equita", mentre quest'ultimo sarà davvero un locale unico nel suo genere con un obiettivo davvero lodevole.
Attualmente, Djokovic è fermo da Wimbledon per un problema al gomito, accusato proprio in quel torneo nel match contro Berdych. Così è ora a lavoro per tornare in piena forma nel 2018 dopo una stagione non particolarmente positiva.
Un buon periodo però per godersi la sua seconda paternità, a Settembre è nata Tara; e ha confermato l'accordo con Agassi come suo allenatore. E la bella notizia di questa iniziativa benefica che gli fa grande onore.
Restano da organizzare e chiarire gli ultimi passaggi. Innanzitutto la questione se le persone dovranno dimostrare di avere un reddito basso e non sufficiente per seguire un'alimentazione adeguata o se l'ingresso sarà aperto a tutti. L'unico punto fermo è che il ristorante sarà aperto solo di sera, e non chiederà nulla in cambio ai propri clienti.
Il mondo del tennis è sempre stato particolarmente sensibile alla beneficenza. Non sono pochi gli esempi di match di esibizione, racchette all'asta e fondazioni personali, come quella di Federer che opera già da 14 anni.
È davvero lodevole che un ragazzo come Djokovic proveniente da una terra tanto martoriata e i cui connazionali hanno tanto sofferto, non dimentichi di prestare un occhio ai più bisognosi.
"Lo meritano per il sostegno che mi stanno dando, ho guadagnato abbastanza per sfamare tutta la Serbia". Con queste parole, Novak Djokovic, ha annunciato la sua intenzione di aprire un ristorante per offrire pasti gratuiti alle persone bisognose. E con questa decisione Novak si consacra definitivamente come un campione fuori e dentro il campo.
Un ragazzo d'oro, diventato nel 2015 il primo tennista a guadagnare più di 20 milioni di dollari in montepremi in una sola stagione. Sarà per questo che dichiara che il denaro per lui non è un problema e che aprire un altro ristorante è quasi un dovere per ripagare i suoi sostenitori di tutto l'affetto ricevuto.
Per Djokovic questo sarà il terzo ristorante. Il primo fu inaugurato nel 2009 a Belgrado e porta il suo stesso nome "Novak", il secondo, invece, ha sede a Montecarlo ed è un ristorante vegano con nome "Equita", mentre quest'ultimo sarà davvero un locale unico nel suo genere con un obiettivo davvero lodevole.
Attualmente, Djokovic è fermo da Wimbledon per un problema al gomito, accusato proprio in quel torneo nel match contro Berdych. Così è ora a lavoro per tornare in piena forma nel 2018 dopo una stagione non particolarmente positiva.
Un buon periodo però per godersi la sua seconda paternità, a Settembre è nata Tara; e ha confermato l'accordo con Agassi come suo allenatore. E la bella notizia di questa iniziativa benefica che gli fa grande onore.
Restano da organizzare e chiarire gli ultimi passaggi. Innanzitutto la questione se le persone dovranno dimostrare di avere un reddito basso e non sufficiente per seguire un'alimentazione adeguata o se l'ingresso sarà aperto a tutti. L'unico punto fermo è che il ristorante sarà aperto solo di sera, e non chiederà nulla in cambio ai propri clienti.
Il mondo del tennis è sempre stato particolarmente sensibile alla beneficenza. Non sono pochi gli esempi di match di esibizione, racchette all'asta e fondazioni personali, come quella di Federer che opera già da 14 anni.
È davvero lodevole che un ragazzo come Djokovic proveniente da una terra tanto martoriata e i cui connazionali hanno tanto sofferto, non dimentichi di prestare un occhio ai più bisognosi.
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