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giovedì 30 aprile 2020

Il gioco con la sabbia diventa terapia

 
La Sandplay therapy si è rivelata particolarmente utile contro bulimia, abusi e separazioni traumatiche. Aiuta dove le parole non arrivano. E ne beneficiano soprattutto i bimbi.

Tutti ricordiamo la piacevole sensazione di relax che si prova in spiaggia, quando con la mente in fuga, ci trovavamo a giochicchiare con la sabbia, ora la Sandplay therapy è diventata effettivamente un metodo di cura.

Rappresenta un "viaggio dentro sé stessi" che permette di mettere in scena anche gli eventi e le emozioni che fanno più male. Sebbene poco conosciuto, il gioco con la sabbia come terapia è stato introdotto in Italia 40 anni fa ed è utilizzato anche in alcuni ospedali pediatrici e nei servizi pubblici per l'infanzia. Questo metodo permette di far apparire in poche sedute anche le ferite più profonde, che è possibile poi elaborare attraverso le parole.

Questo tipo di trattamento si è rivelato particolarmente utile per i disturbi dell'alimentazione, per le donne e i bambini che hanno subito abusi, i figli che hanno difficoltà ad affrontare la separazione o perdita dei  genitori.

Sono momenti in cui le parole fanno difficoltà ad esprimere stati d'animo.  È in questi momenti che la sabbia e il gioco possono venire in aiuto. Perché, come diceva lo psicologo-analista Carl Guatav Jung: "Spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto intorno a cui l'intelletto s'affanna inutilmente".

La Sandplay therapy si basa sulla realizzazione di quadri con miniature tridimensionali disposte in modo libero in una sabbiera. L'obiettivo è osservarle e leggerle per aiutare le persone a ritrovare il benessere psicologico.

"La sabbia poi è uno dei materiali più facilmente trasformabile e plasmabile, rappresenta l'atto della creazione e la restituzione delle responsabilità all'individuo". Sulla sabbia viene rappresentato "un universo in miniatura e diventa visibile l'inconscio ".

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