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lunedì 4 novembre 2019

Nelle uve dell'Aglianico e della Falanghina cellule che bloccano il cancro della pleura


Uno studio pubblicato dal Journal of Functional Foods rivela che alcune molecole contenute nei semi degli acini delle uve di Aglianico e Falanghina.

"Un bicchiere di vino al giorno toglie il medico di torno", e se è di Aglianico o Falanghina è pure meglio! Infatti uno studio condotto da Enea, Cur e Università Federico II di Napoli, e pubblicato dal Journal of Functional Foods, mostra che alcune molecole contenute nei semi degli acini delle uve di Aglianico e Falanghina sono capaci di bloccare la crescita cellulare di mesotelioma, un tumore raro e aggressivo e potrebbe essere in grado di aumentare l'efficacia della chemioterapia.

Dagli studi dell'Enea volti a caratterizzare gli estratti metabolici ottenuti da bucce e vinaccioli delle due varietà di vite campane è  emerso che soprattutto i semi di Aglianico sono molto ricchi in proantocianine, che sono in grado  di indurre nel mesotezioma meccanismi di apoptosi, nelle cellule, anche nei casi di linee tumorali che mostrano farmaco-resistenza.

C'è da dire che questa malattia tra l'altro associata all'esposizione all'amianto, sebbene non sia particolarmente comune, ogni anno, nel mondo, aumenta del 5,4%.

Inoltre, la diagnosi è spesso tardiva,  sia a causa della sintomatologia simile a quella di molte altre malattie, sia perché il cancro si sviluppa dopo un lungo periodo di latenza può mostrare elevate chemio-resistenza.

Ma una nuova mano arriva dalla natura, precisamente dagli acini di vino Aglianico e Falanghina. È proprio il caso di "berci su"!

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