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venerdì 7 luglio 2017

L'ethical fashion: la moda etica che detta tendenza

Conosciuta anche come Conscious fashion, la moda etica sta spopolando soprattutto tra i Millennials.

A chi pensa che i giovani siano tutti uguali e troppo pigri per fare la differenza in un mondo che gli è stato già bello che servito, dovrà ricredersi. Un recente sondaggio mostra come siano proprio i Millennials ad essere particolarmente interessati alla tematica etica quando si acquista un capo d'abbigliamento. Si', vestire bene, ma con un occhio alla sostenibilità. Ambientale, umana e lavorativa.

D'altronde oggi nel mondo della moda si assiste al moltiplicarsi di brand eco/bio/fair, pronti a rispondere sia alle richieste low cost che a quelle più ricercate. Ma sempre avvalendosi di fibre naturali, lavoro equo e solidale, e processi di produzione ecologici.

L'Ethical fashion è un modo di pensare, fare e indossare una moda responsabile, che ha a cuore non solo di valorizzare e salvaguardare le eccellenze artigianali, ma di impattare il meno possibile sull'ambiente. La moda etica si sviluppa su tre parametri principali: biologico, sociale e di recupero.

La moda ecologica, conosciuta anche come eco o green si preoccupa delle materie prime e al ciclo di produzione. Obiettivo è quello di produrre vestiario il meno impattante possibile sull'ambiente e sull'uomo cercando inoltre, di eliminare tutte le sostanze tossiche dalla filiera produttiva. Si avranno così abiti e accessori ecofriendly ottenuti solo con l'utilizzo di materie non tossiche, quindi fibre tessili lavorate in modo naturale, come il cotone organico, la seta biologica, la canapa, il bamboo e la lana biologica. Questa filosofia imprenditoriale è stata adottata da alcuni famosissimi brand. Valentino, Gucci, H&M, Zara e Stella McCartney si impegnano da tempo, ognuno a modo suo a produrre moda eco. C'è la "Conscious" by H&M, la "Vegan fashion" di Stella McCartney e Greenpeace da anni riconosce la Maison Valentino come l'azienda più verde.

La moda sociale è particolarmente attenta ai lavoratori. Lotta contro l'impiego di lavoro minorile e contro il lavoro sottopagato. Impegno tradotto nell'impiego di manodopera locale e nell'investimento a medio e lungo termine in manodopera nei Paesi in via di sviluppo come l'Africa. Per esempio, marchi come: Antik Batik disegnato dall'italiana Gabriella Cortese, e Royah di Gabriella Ghidoni hanno lo scopo di dare autonomia lavorativa alle donne afghane. Progetti come quello di Fashion 4 Development e Fashion Duel hanno spostato i riflettori dei media e delle istituzioni mondiali sulla moda etica.

Infine, c'è la moda del riciclo. Vivere una moda sostenibile riutilizzando e riadattando capi vecchi, comprarne di usati e acquistare abbigliamento creato con materiali di riciclo. Il Vintage fa tendenza ed è indice di stile. Su quest'onda sono nati gli swap party eventi in cui ci si scambia abiti ed accessori, i soldi sono banditi, si paga con lo scambio di idee e capi da indossare.

La moda è qualcosa che crea tendenza e accomuna più persone in più parti del mondo secondo un dettame particolarmente accettato e condiviso. Il fashion è tutt'altro che superficialità.

La Conscious fashion in particolare si propone di dare un impulso allo sviluppo sociale e alla sostenibilità ambientale. È davvero un ottimo indicatore che tra tante persone ad interessarsene, quelli più motivati siano proprio i giovani. Ad essi il futuro, e se è così, è un buon futuro.

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