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sabato 9 settembre 2017

L'insostenibile leggerezza del burro

In un solo anno, il prezzo del burro è raddoppiato. La sua crescente domanda è dovuta al riconoscimento di proprietà salutistiche e soprattutto all'utilizzo nell'industria dolciaria come sostituto di altri grassi tra cui l'olio di palma.

In un film di qualche anno fa "Julia et Julia", la protagonista aspirante food blogger, si chiede come mai tutte le pietanze più saporite o le sue ricette migliori, siano tutte quelle a base di burro. Deve essere per questo che il prezzo di questo derivato del latte sia salito alle stelle. In Italia è boom del prezzo del burro. Nell'ultimo anno è addirittura raddoppiato, arrivando al +113%. In parte il fenomeno si spiega grazie all'aumento della domanda dovuta al riconoscimento di positive proprietà salutistiche, in parte è dovuto alla campagna denigratoria attuata contro l'olio di palma che ha fatto sì che diverse aziende si dirigessero verso altri grassi da sostituire nei loro prodotti.

La Coldiretti in un'analisi presentata nell'ultima seduta della Borsa di Milano parla di un picco alla produzione di 5,04 euro al chilo per il burro pastorizzato nazionale che ha raggiunto il massimo da almeno 5 anni.

La Coldiretti aggiunge: "Il burro sta riacquistando popolarità ed è tornato ad essere uno dei grassi più usati in cucina per i suoi molti punti di forza: a differenza delle margarine non è un prodotto chimico, è meno calorico degli oli, non è idrogenato ed è ricco di nutrienti come il calcio, sali minerali, proteine del latte e vitamina A; senza contare che è un prodotto del tutto naturale e senza conservanti".

Un ritrovato interesse che ha decretato l'aumento delle quotazioni, dopo un passato abbastanza sottovalutato come del resto tutti i prodotti lattiero-caseari, dalla panna alla crema di latte, dal formaggio al latte spot, e gli allevamenti in generale, che alla Borsa di Lodi, principale piazza di riferimento per il Nord Italia, ha toccato 45,36 centesimi al litro, il valore più alto dal 2014, con una crescita di quasi il 27% rispetto all'Agosto 2016.

Un ottimo indice di speranza per salvare le stalle italiane dopo l'obbligo di indicare in etichetta l'origine, entrata in vigore in Italia sotto il pressing della Coldiretti lo scorso 19 Aprile 2017.

La riscossa del burro è inoltre giustificata da recenti studi scientifici che hanno fatto cadere i pregiudizi nei confronti di un prodotto che viene oggi percepito come più naturale e salutare con l'incremento della domanda di alcuni Paesi a partire dalla Cina, ma anche Australia, Canada e Stati Uniti. Mentre, tra i maggiori consumatori mondiali c'è la Nuova Zelanda con 6,13 kg seguita dall'Unione Europea con 4,71 chili.

Un'inversione di marcia, quella verso il latte e i suoi derivati che non può che far bene sia alla salute delle persone che alla ritrovata salute grazie a questo consumo, degli allevatori italiani.

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