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domenica 30 aprile 2017
Ana Ros e la sua vittoria a Caporetto
È una giovane donna di 44anni, nata e residente a Caporetto, da dove è stata eletta la miglior chef donna del mondo. Il suo Hisa Franko è un ristorante dove sognare, perso in una valle verde e lontana; nato grazie a una fallita fila per la benzina, una mancata carriera diplomatica e un documentario su Netflix. Si perché, quella Caporetto che nella Guerra Mondiale costò la dipartita di 13 mila morti, oggi è conosciuta con il suo nome sloveno di Koborid, e fino ai primi anni del 2000 era una zona trafficata solo perché qui, dall' Italia venivano a fare la benzina. Poi il Friuli approvò la benzina agevolata e in questa zona ripiombo' il silenzio. Nello stesso periodo Ana, i cui genitori (intellettuali) avevano scelto una carriera diplomatica, e suo marito Valter presero in gestione una vecchia trattoria. Era il 2002, e la chef incinta e senza il supporto della famiglia d' origine, entrò in cucina per realizzare una nuova filosofia culinaria lavorando duramente innanzitutto su se stessa. Da lì e da quella terra senza confini, ne tempo ne spazio, dove da una parte della montagna, è territorio italiano e dall' altro invece è territorio sloveno, li è partita la carriera ormai internazionale della chef. Il suo ristorante era già ben avviato e conosciuto da buona parte dell' Europa, poi il punto di svolta è arrivato con un documentario su Netflix, da lì, l' interesse è diventato planetario. Racconta la Ros:"Il giorno prima che il documentario fosse pubblicato, nella lavagna che abbiamo in cucina qualcuno scrisse:" Oggi è ancora permesso di sognare, domani arriva Netflix". Ci avevano avvisato che sarebbe cambiato tutto, ma noi siamo a Caporetto, isolati, cosa poteva cambiare? In realtà è successo. Il primo giorno passò tranquillo, poi è partita la valanga di prenotazioni". Oggi al Hisa Frank, arrivano persone partite dall' Australia o dagli Usa o dall' Italia, come dal Canada, che arrivano qui solo per degustare i piatti della Ros. E quando le persone affrontano un tale viaggio per venire a mangiare in un posto, le responsabilità e la paura di non deludere è tanta. Il segreto di Ana Ros è che ogni sua attività è fatta in funzione della qualità del ristorante. A lei non interessa ed è contraria alla grande commercializzazione, ha pure appena rifiutato una proposta per una famosa trasmissione di cucina. Il suo è un mestiere fatto di ore di stanchezza e pure momenti senza creatività, ma bisogna rimanere ben saldi al proprio lavoro e alle proprie origini ( soprattutto culinarie). Così dopo tanti successi afferma:" Noi rimaniamo qui, questa è casa nostra. Abbiamo preso un birrificio a Caporetto, apriamo un piccolo bistrot con la gastronomia locale, poi stiamo finendo di scrivere un libro, e tra qualche anno potremmo aprire una linea di bistrot, uno a Lubiana, uno verso la costa. Puoi anche andare a Singapore, ma non sarai mai unico e soprattutto non rimani te stesso". Ed è molto importante l' insegnamento che arriva da questa chef. Innanzitutto che la chiave del successo sta nel rimanere se stessi e che poi, con la passione, la fatica e la dedizione che ne consegue si può arrivare a realizzare i sogni.
L' età del cervello è rivelatrice delle aspettative di vita
L'età del cervello può rivelare l'aspettativa di vita. In uno studio apripista nel suo genere, gli scienziati dell' Imperial College di Londra e dell'Università di Edimburgo hanno utilizzato delle risonanze magnetiche e degli algoritmi di apprendimento automatico per cercare di predire l' età cerebrale e le sue conseguenze per la salute degli individui. I ricercatori hanno riscontrato che una discrepanza tra l' età del cervello e quella biologica può indicare una morte prematura, ossia prima degli 80 anni. Per i maschietti l' aspettativa di vita si accorcia se il loro cervello è più vecchio di 8 anni. Mentre per la donna ne bastano solo 2. Nella pratica, i medici potrebbero avvertire un paziente destinato a morte prematura 7 anni prima che si ammali. Alla base dell' esperimento c'è una tecnica in grado di misurare il volume del tessuto cerebrale e di stimare la perdita totale di materia grigia e bianca. Questa perdita è considerata una morte del processo di invecchiamento cerebrale. James Cole coadiuvatore dello studio, a questa tecnica ha affiancato gli algoritmi delle risonanze magnetiche di oltre 2000 persone sane, in modo da allenarli a predire correttamente l' età del nostro cervello. Di seguito, i computer hanno mostrato 669 cittadini scozzesi nati nel 1936. Ognuno di loro aveva fatto una risonanza magnetica all' età di 73 anni e un decimo di essi è morto prima degli 80 anni, soprattutto a causa di malattie cardiovascolari. La morte prematura è toccata proprio a quegli individui il cui cervello era più vecchio rispetto all' età reale. Lo studio ha rivelato inoltre che un encefalo prematuramente invecchiato porta anche problemi di salute fisica e psicologica, incide sulla capacità polmonare e sulle capacità motorie dell' anziano, rallentando per esempio la sua camminata. Dallo studio si evince che per ogni anno di discrepanza tra le 2 età, c'è il 6% in più di rischio di vedersi accorciare l' aspettativa di vita. Sebbene la tecnica sia ancora in fase sperimentale e in fase "d'aggiustamento" considerando che ha ancora un (ampio) margine di errore di quasi 5 anni. Però Cole, fiducioso afferma :" In futuro potrebbe essere possibile andare dal proprio medico, farsi una risonanza magnetica al cervello e magari vedere che è più vecchio di dieci anni di quanto dovrebbe essere. In questo caso il medico potrebbe intervenire e far cambiare lo stile di vita al paziente o suggerirgli di iniziare una determinata terapia per evitare una morte prematura". Comunque nel frattempo i ricercatori si stanno impegnando per rendere la tecnica più accurata usando oltre alle risonanze magnetiche tradizionali, anche quelle di diffusione, più precise, basate sull' analisi dei movimenti delle molecole d'acqua nei tessuti. E se un giorno, grazie a questo studio caricheremo di una responsabilità in più il nostro medico, che ci dovrà pure predire l' età della presunta morte, per il momento, oltre a tenerci curiosi e affamati, teniamoci pure giovani che non si sa mai.
sabato 29 aprile 2017
L' uso della luce per monitorare il cervello dei prematuri
BabyLux è il progetto di sperimentazione avviato dall' Unità Operativa di Neonatologia e Terapia Intebsiva Neonatale del Policlinico di Milano che consente di diminuire il rischio di danni cerebrali nei neonati prematuri monitorando l' ossigenazione e la regolarità del flusso sanguigno, attraverso l' utilizzo della luce. Grazie anche al finanziamento della Commissione Europea, e al contibuto sia dei fisici che dei medeci, per la prima volta, è stato possibile inserire in un unico strumento, di dimensioni ridotte e non invasivo, due tecnologie fotoniche che hanno consentito alla luce di penetrare in profondità nei tessuti misurando con precisione l' afflusso di sangue e ossigeno al cervello nei bambini nati prematuri. "I dati ricavati ad Ottobre, quando abbiamo avviato la sperimentazione, a oggi sono piuttosto confortanti", afferma la neonatologa della clinica Mangiagalli Monica Fumagalli, durante il convegno di presentazione del progetto tenutosi ieri al Policlinico di Milano. "Abbiamo riscontrato una riproducibilità con variabilità inferiore al 5% per quanto riguarda l' ossigenazione e dal 15 al 25% per il flusso sanguigno. Nel primo caso soprattutto è un miglioramento significativo rispetto agli altri strumenti in commercio. A rendere così positivo il risultato di questa prima fase di validazione è stato il lavoro di costante confronto portato avanti tra noi medici e gli altri partner del progetto. E un grazie speciale deve essere rivolto ai genitori di 60 bambini, prematuri e nati a termine, che hanno deciso di partecipare con entusiasmo all' iniziativa BabyLux". La ricerca è nata dalla costatazione che in Italia e nel mondo c'è un aumento dei parti pre-termine. Secondo gli ultimi dati dell' Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno vengono al mondo 13 milioni di neonati prematuri, di cui 40 mila si trovano solo in Italia, ossia il 6,9% delle nascite totali annue. Così, i risultati ottenuti al Policlinico di Milano e all' ospedale Rigshospitalet di Copenaghen, dove è in corso la stessa sperimentazione, si muovono nella stessa direzione di ridurre i costi e rendere più accessibile e usufruibile anche da casa uno strumento che può salvare la vita di tanti bimbi prematuri.Quindi, aggiunge la Fumagalli:"Conoscere in tempo reale quello che sta accadendo nel cervello del piccolo aiuta non solo i medici a prendere le decisioni migliori dal punto di vista clinico ma prevenire eventuali danni cerebrali che potrebbero condizionare seriamente la vita futura del bambino. Le nuove tecnologie e lo sviluppo della qualità assistenziale neonatale garantiscono la sopravvivenza a molti bambini che anni fa non ce l' avrebbero fatta. Quello che auspichiamo ora è la continuazione del progetto BabyLux sino ad arrivare all' implementazione sul mercato e al miglioramento delle componenti tecnologiche e dimensionali dello strumento". E speriamo davvero che questa nuove tecnologia che si avvale dell' ausilio della luce, possa farla anche al più presto su vasta scala in tutta Italia e nel mondo.
250 anni di Christie's
Christie's la prima casa d'aste del mondo ha appena festeggiato i propri 250 anni. Era il lontano 1766 quando James Christie tenne la prima vendita all' incanto nel suo salone londinese di Pall Mall. Da li in poi tanti oggetti che hanno fatto la storia o sono appartenuti a personalità che la storia l' hanno scritta, sono passati per questa casa d' aste e dopo il tonfo del martelletto e il trionfante "Aggiudicato!" sono passati nelle mani di facoltosi compratori. È il caso dell' uovo di Faberge' chiamato Rothschild, il ritratto di un impiegata che dorme sul divano firmato Lucia Freud, oppure 12 bottiglie di Chateau Petrus del 1945. Da qui è partita la perla Peregrina, un tempo parte della corona di Spagna, che Richard Burton comprò per Elizabeth Taylor, aggiudicato a New York nel 2022 per 11 milioni 842.500 dollari. Poi c'è il Nudo disteso di Amedeo Modigliani, che esposto nel 1971 in una galleria parigina provocò la chiusura della mostra e poi, a New York nel 2015 fu venduto a 170 milioni e 405 mila dollari. Poi ci sono gli abiti indossati da Lady Diana quando ballo' con John Travolta, il tubino neri di Audrey Hepburn, e il vestito mozzafiato con cui Marilyn Monroe auguro' Happy Birthday al presidente Kennedy. Poi ci sono i leoni islamici di bronzo , i disegni di Raffaello, i vasi della dinastia Yuan e le macchine da scrivere placcate d' oro. Per arrivare fino alle Femes d'Alger, di Picasso, che furono vendute per 179 milioni di dollari, stabilendo un record per il momento imbattuto. Isomma, da Christie's passa la storia della cultura e quella del costume, ci narrano di epoche anche superate. Attraverso la tipologia dei venditori e degli acquirenti, e la loro origine geografica e il flusso del denaro, si può capire dove il mondo stia andando. Per esempio, all' inizio compravano soltanto gli europei e poi, i ricchi americani. Oggi sono gli asiatici e i cinesi in particolare il pubblico d' elezione, un pubblico arricchitosi velocemente che ha fame di acculturarsi. Christie's oggi è diventata francese, parte della galassia Pinault. Ma resta inglese nel midollo, è sempre la "casa d'aste della Regina" e se anche a causa della Brexit si dovessero pagare dei dazi, gli impiegati del mondo Christie's ricordano con sottile eleganza che :" Restiamo sempre gentiluomini vestiti da mercanti, a differenza dei nostri concorrenti che sono mercanti vestiti da gentiluomini".
venerdì 28 aprile 2017
Tornello per i troppi turisti a Venezia
Venezia soffocata dai turisti, per questo ora sperimenta il conta persone per gli accessi. In effetti, i veneziani non sono nuovi ad iniziative del genere. Non di rado i poco ospitali ( di indole) abitanti della Serenissima, si lamentano dei tanti forse troppi turisti; un tempo avevano addirittura chiesto una tassa o il divieto di usare trolley, oggi si è arrivati ai tornelli. Il governo cittadino ha approvato una delibera-quadro sul turismo, da condividere con lo Stato ed altri Enti:" Finalizzata a migliorare o limitare gli ingressi in città". Quindi la città, a breve, sperimenterà l' installazione di sistemi conta persone per regolare l' afflusso dei turisti. Gli apparecchi saranno posti in prossimità di aree strategiche, come il ponte di Calatrava, all' ingresso della città, il ponte degli Scalzi, all' imboccatura di Rio Tera' Lista di Spagna, i 3 ponti di attraversamento di Rio Novo e i moli di arrivo dei "lancioni" Gran Turismo. Questo è quanto deciso dalla giunta comunale, presieduta dal sindaco di centrodestra Luigi Bugnaro. Il documento sarà portato al vaglio del Governo e dell' Unesco, inoltre saranno individuate nuove aree di ristoro per i turisti da inserire in una mappa tematica e verrà avviata una vasta campagna di comunicazione delle giornate di maggior afflusso e sarà raddoppiato l' organico degli agentibdi Polizia Locale. I veneziani mal digeriscono gli infiniti problemi di decoro e sovraffollamento dei turisti che "consumano" le belle arti della città turistica e ancora non è stata trovata una soluzione. I veneziani giurano ormai di aver visto di tutto:dai bagni nel Canal Grande, alle corse con i motoscafi, agli abiti troppo succinti sfoggiati dai vacanzieri, alle passeggiate con una pecora al guinzaglio. Certo, in un periodo di crisi economica come quella italiana, il turismo sembrava una valida alternativa; evidentemente, invece, la presunta maleducazione dei visitatori e il loro numero spropositato, indispongono i veneziani che preferirebbero avere un centro storico più deserto.
Roma, capitale di un progetto Ikea
Ikea ha scelto Roma come capitale di un progetto pilota mondiale. Belen Frau, amministratrice delegata del colosso svedese argomenta così le ragioni che hanno fatto preferita la città italiana :"Abbiamo scelto la capitale per aprire il nostro pop up store di cucine, con i nuovi arredi sostenibili, perché la città ci ha accolti 17anni fa con il primo negozio e perché quello della capitale è un mercato maturo, presidiato da 2 negozi, alle porte di Roma e Anagnina, un pick up a Collatina dove si prelevano gli acquisti fatti online, e ora il primo pop up a piazza San Silvestro che durerà fino a Giugno. Se il test andrà bene come crediamo, prolungheremo la permanenza del pop up e ne apriremo altri. Presto inaugureremo anche un nuovo negozio in zona Magliana". Le novità dei pop up store di cucine, sono quelle sostenibili, modello Kungsbacka, realizzate con il pet, cioè create con la plastica delle bottiglie riciclate. Innovativa anche la cucina "nomade" dedicata ai Millenials, paensata per piccoli spazi con arredi mobili, come il piano cottura a induzione, trasportabile. La presentazione delle novità di casa Ikea Italia è avvenuta oggi nelnuovo pop up store a Roma con la presenza della delegata Frau e la scienziata ambientale Lisa Casoli. Le grandi novità sono che le ultime cucine Kungsbacka sono realizzate con materiali green, legno e plastica riciclata, scoperte con il fornitore italiano 3B. "Ogni anno miliardi di bottiglie in pet sono utilizzate in tutto il mondo, alcune vengono riciclate al fine di utilizzarle come materiale per nuovi prodotti; mentre la maggior parte vengono sprecate. Quello che facciamo in Ikea ha un grosso impatto sull' ambiente perché lavoriamo con grandi quantitativi. Con l' utilizzo di materiali riciclati, possiamo produrre in maniera più sostenibile" aggiunge Anna Granath, sviluppatrice product developer Ikea. È lei il capo del progetto Kungsbacka, cominciato 2 anni fa con lo scopo di creare cucine più sostenibili. Il team Ikea, insieme a 3B ha iniziato a vagliarele opportunità che il materiale riciclato può offrire. Dopo diverse indagini si è attivati alla scoperta di un nuovo materiale sul mercato, un foglio di plastica fatto con scarti di bottiglie in pet raccolti dai giapponesi. La sfida era quella di creare da quel foglio un materiale che riportasse gli stessi criteri di qualità utilizzato normalmente. Ora, con 25 bottiglie in pet da mezzo litro si può coprire la superficie nera 40x80 cm della cucina Kungsbacka. Un importante traguardo per l' Ikea che punta verso un' economia circolare. Anche le nuove cucine Kungsbacka avranno 25 anni di garanzia come tutte le altre cucine di produzione della casa svedese. Alla luce di questi buoni risultati l' Ikea sta cercando nuove vie d' utilizzo per altri materiali come fogli, fibre, gommapiuma e plastica. C'è da scommettere che ci riusciranno d" altronde è Ikea il colosso mondiale dell' arredamento low-cost. Lo scorso anno ha fatturato ben 30 milioni di euro, il cui 5,37% è dato dal fatturato italiano (ovvero 1765milioni). Inoltre, l' Ikea è presente in 40 Paesi nel Mondo, ma l' Italia è il 5° per vendita e il 3° per fornitura. Il Lazio poi, è la seconda regione nazionale per vendite e-commerce, il 10,45 delle vendite totali online. Giustamente, quindi, Roma è caput mundi Ikea del progetto pop up store cucine.
giovedì 27 aprile 2017
Gli alberi parlano
Peter Wahlleben ben spiega in un libro la sua sorprendente ricerca.
Gli alberi parlano. E in realtà amano e odiano proprio come noi. Attaccano e si difendono attraverso il linguaggio. Hanno precise regole gerarchiche di convivenza, proprio come gli esseri umani. Questa è la scoperta riportata nel libro "La saggezza degli alberi" di Peter Wahlleben. L'autore, scrittore, guardiaboschi e guida forestale, riesce a dimostrare la teoria in base alla quale gli alberi comunicano tra di loro, in una fitta e costante conversazione.
Non in senso metaforico, immaginario o ricco di simbolismi, come noi spesso gli attribuiamo, ma gli alberi comunicano con un vero e autentico linguaggio, che si esprime attraverso gesti e significati molto simili a quelli degli uomini. Il Faggio è molto determinato e sa essere spietato. La Betulla è litigiosa e irritante. La Quercia ha i comportamenti e il linguaggio di un padre di famiglia.
Le piante sono al centro del nostro ecosistema, di quell' equilibrio tanto straordinario della natura, esistente tra uomini, animali e piante. Tutti inevitabilmente simili tra essi. Invece, il concetto di albero come simbolo, ha sempre ispirato la nostra natura umana. Newton seduto sotto un Melo, vide cadere un frutto e cominciò a ragionare sulla sua Teoria della Gravitazione. Buddha, proprio sotto un albero, un fico, raggiunse il Nirvana. O cosa dire della religione cristiana, che deve tutto il suo escursus storico alla presenza nei giardini dell' Eden dell' albero del bene e del male? E quest' albero, da cui Eva staccò il frutto sacro, che condannò lei e Adamo e la prole futura alla vita sulla Terra.
Poi ci sono gli alberi che vengono usati come simbolo di memoria, individuale o collettiva, piantati lì, a monito per non dimenticare. Ognuno di noi, ha un albero che gli ricorda qualcosa. C'è un albero di sfondo nei ricordi dei bambini perché magari, vi si arrampicavano sopra o ce ne è uno di sfondo al ricordo del primo bacio.E poi, c'è il Pero da frutto dinanzi a Ground Zero, New York, che ha resistito alle esplosioni che hanno distrutto le Torri Gemelle e migliaia di persone. L' albero è rimasto lì, con una ferita evidente su un lato, metafora di quel che è successo, a ricordare l' orrore ma anche la forza di resistere, un simbolo di resilienza e di rinascita dalle ceneri. In virtù di questa forza animata, di questa sensibilità, a partire dagli anni '60, in filosofia si è cominciato a parlare di etica ambientale.
Da quel periodo, iniziarono le intuizioni riguardo al necessario cambiamento degli stili di vita in senso sostenibile. Ci si interrogava sul valore morale del non -umano. Oltre a nascere i movimenti per i diritti degli animali, tra gli accademici più arditi, avanzava la necessità di considerare anche gli elementi naturali, comprese le piante, come portatori di interesse legali ed etici.
Per arrivare fino ad oggi, dove secondo questa teoria, tutti gli alberi, sono come le persone, hanno una loro personalità ed un loro carattere. Si amano, si odiano, litigano o cooperano tra di loro. Proprio come noi. Il prossimo impegno sarà quello di cercare di capire ed imparare dal linguaggio della Natura.
Gli alberi parlano. E in realtà amano e odiano proprio come noi. Attaccano e si difendono attraverso il linguaggio. Hanno precise regole gerarchiche di convivenza, proprio come gli esseri umani. Questa è la scoperta riportata nel libro "La saggezza degli alberi" di Peter Wahlleben. L'autore, scrittore, guardiaboschi e guida forestale, riesce a dimostrare la teoria in base alla quale gli alberi comunicano tra di loro, in una fitta e costante conversazione.
Non in senso metaforico, immaginario o ricco di simbolismi, come noi spesso gli attribuiamo, ma gli alberi comunicano con un vero e autentico linguaggio, che si esprime attraverso gesti e significati molto simili a quelli degli uomini. Il Faggio è molto determinato e sa essere spietato. La Betulla è litigiosa e irritante. La Quercia ha i comportamenti e il linguaggio di un padre di famiglia.
Le piante sono al centro del nostro ecosistema, di quell' equilibrio tanto straordinario della natura, esistente tra uomini, animali e piante. Tutti inevitabilmente simili tra essi. Invece, il concetto di albero come simbolo, ha sempre ispirato la nostra natura umana. Newton seduto sotto un Melo, vide cadere un frutto e cominciò a ragionare sulla sua Teoria della Gravitazione. Buddha, proprio sotto un albero, un fico, raggiunse il Nirvana. O cosa dire della religione cristiana, che deve tutto il suo escursus storico alla presenza nei giardini dell' Eden dell' albero del bene e del male? E quest' albero, da cui Eva staccò il frutto sacro, che condannò lei e Adamo e la prole futura alla vita sulla Terra.
Poi ci sono gli alberi che vengono usati come simbolo di memoria, individuale o collettiva, piantati lì, a monito per non dimenticare. Ognuno di noi, ha un albero che gli ricorda qualcosa. C'è un albero di sfondo nei ricordi dei bambini perché magari, vi si arrampicavano sopra o ce ne è uno di sfondo al ricordo del primo bacio.E poi, c'è il Pero da frutto dinanzi a Ground Zero, New York, che ha resistito alle esplosioni che hanno distrutto le Torri Gemelle e migliaia di persone. L' albero è rimasto lì, con una ferita evidente su un lato, metafora di quel che è successo, a ricordare l' orrore ma anche la forza di resistere, un simbolo di resilienza e di rinascita dalle ceneri. In virtù di questa forza animata, di questa sensibilità, a partire dagli anni '60, in filosofia si è cominciato a parlare di etica ambientale.
Da quel periodo, iniziarono le intuizioni riguardo al necessario cambiamento degli stili di vita in senso sostenibile. Ci si interrogava sul valore morale del non -umano. Oltre a nascere i movimenti per i diritti degli animali, tra gli accademici più arditi, avanzava la necessità di considerare anche gli elementi naturali, comprese le piante, come portatori di interesse legali ed etici.
Per arrivare fino ad oggi, dove secondo questa teoria, tutti gli alberi, sono come le persone, hanno una loro personalità ed un loro carattere. Si amano, si odiano, litigano o cooperano tra di loro. Proprio come noi. Il prossimo impegno sarà quello di cercare di capire ed imparare dal linguaggio della Natura.
Il cervello più giovane con il valzer
L' ultima dritta arriva da una ricerca statunitense secondo cui, più dell' alimentazione sana, delle passeggiate, drlle parole crociate o la lettura, per mantenere il cervello giovane bisogna darsi al ballo. La danza avrebbe la capacità di rallentare gli effetti sulle capacità cognitive, facendo aumentare la densità della materia bianca, un tessuto che quando si deteriora, si associa al declino cognitivo e all' invecchiamento. A far particolarmente bene sono i balli di gruppo che richiedono anche il dover seguire una determinata coreografia e quindi lo sforzo di memoria che ciò implica, e poi la socialità. Questo, secondo uno studio pubblicato su Frontieres in Anging Neuroscience, redatto dall' Università dell' Illinois e altre istituzioni universitarie statunitensi. La ricerca è stata realizzata avvalendosi della risonanza magnetica funzionale e ha valutato gli effetti sul cervello del ballo e di altre attività tra quelle maggiormente consigliate a chi è in la con gli anni: passeggiare, sottoporsi a sedute di stretching e assumere integratori alimentari. A soggetti, che per sei mesi che come attività avevano svolto il ballo, in questo caso, la country dance, è stato riscontrato l' aumento della sostanza bianca del cervello, per la precisione, quella del fornice, una piccola struttura a forma di C localizzata in profondità dell' encefalo, tra l' emisfero destro e il sinistro, che sarebbe coinvolta nella velocità di elaborazione e nella memoria. La materia bianca è costituita da cellule specializzate che trasmettono i messaggi tra i neuroni e da una parte all' altra del cervello. Diversi studi precedenti, ipotizzano che il declino cognitivo, come la perdita di memoria a cui normalmente si assiste intorno ai 60 anni, e che spesso tendono a evidenziarsi già dopo i 40 anni, sia dovuto anche al deterioramento della materia bianca, che in effetti, nelle pesone anziane tende a ridursi. Nella ricerca, sono stati osservati 174 volontari sani, di entrambi i sessi, tra i 60 e 79 anni. Dopo la Rmf, sono stati distribuiti in 4 gruppi: coloro che avrebbero ballato, quelli che avrebbero camminato a passo veloce, chi avrebbe camminato ed integrato la dieta con betaalamina ( un amminoacido che agirebbe sulle attività muscolari e cognitive), e infine coloro che avrebbero partecipato a sessioni di stretching, tonicità e equilibrio per persone in età avanzata. Questo pre 3 volte a settimana per 6 mesi. E alla fine dell' esperimento un' altra Rmf. Dai risultati, è poi emerso che a prescindere dall' attività praticata la materia bianca, si era un po' assottigliata a tutti e un po' tutto il cervello, in particolare a quelli che avevano uno stile di vita più sedentario; ma alla perdita di materia bianca non corrispondeva anche il peggioramento delle abilità cognitive, che anzi, risultavano migliorate in tutte le attività. Il risultato migliore poi, è stato raggiunto dai "ballerini" la cui materia bianca si era addirittura addensata. Questo perché la danza rappresenta un "training combinato, cognitivo e sociale", combinando insieme più attività aiuta a mantenere più in salute il cervello. Quindi, anche alla luce di questo studio, emerge l' importanza anche per le persone che stanno un po' più avanti con gli anni l' impegnarsi in uno stile di vita fisicamente e socialmente attivo.
mercoledì 26 aprile 2017
LI-RAM: la memoria che userà la luce
Natia Frank, una chimica della University of Victoria, nella British Columbia, Canada ha creato un materiale rivoluzionario che usa la luce per salvare informazioni in una singola molecola. Consumerà meno, non produrrà calore e sarà più veloce. Con esso, i computer e gli smartphone potranno funzionare più velocemente, durare più a lungo e con un bassissimo dispendio di energia. Il nuovo materiale consente di creare chip di memoria, a livello molecolare. La memoria è stata ribattezzata: light induced magnetoresistive random-access memory (LI-RAM). E nel comunicato stampa si legge :"L' invenzione è parte di un impegno internazionale volto a ridurre i consumi e il calore prodotto dai moderni chip". La LI-RAM consentirà di usare il 10% di energia in meno delle attuali MRAM (memorie magnetoresistive), con la produzione di poco o niente calore. Ma è in grado di processare più velocemente le informazioni e funzionare più a lungo. Così si potrebbe far fronte al problema del "power wall", cioè, la rapida perdita di efficienza legata al surriscaldamento che si crea con l' aumento delle prestazioni di un chip. La novità della LI-RAM è che userà la luce invece dell' elettricità come conduttore delle informazioni. Natia Frank dice:"Il materiale nella LI-RAM ha l' inusuale qualità di cambiare rapidamente proprietà magnetica quando viene colpito da luce verde. Questo significa che l' informazione può essere processata e archiviata a livello della singola molecola, permettendo lo sviluppo di una memoria universale, una tecnologia finora solo ipotetica". Grazie a queste premesse, e alle potenzialità del progetto, la chimica inglese sta lavorando con i produttori di elettronica di tutto il mondo per ottimizzare e commercializzare la tecnologia, che potrebbe arrivare sul mercato entro i prossimi 10 anni. Potenzialmente, il materiale potrebbe trovare spazio non solo in ambito elettronico, ma anche in celle solari, strumentazione medica e nanotecnologie. A quanto pare, passerà qualche anno, ma dalla luce, nascerà una nuova era, almeno per la tecnologia.
Federica Bertocchini scopre il bruco che mangia la plastica
Una biologa italiana che lavora al Cnr spagnolo ha scoperto il bruco che mangia la plastica. Una scoperta avvenuta per caso. Federica ha l' hobby dell' apicoltura e l' abitudine di tenere in inverno, gli alveari vuoti in casa. Nel tirarli fuori per la primavera, si è accorta che questi erano pieni di bachi "della cera". Quindi, per fare pulizia, li ha buttati in una borsa di plastica. Qualche ora dopo li ha visti proliferarsi e aver divorato la borsa di plastica. Così ha scoperto questo bruco dall' aspetto innocuo ma assai vorace di quella sostanza, il polietilene (PE) di cui (ab)usiamo ogni giorno e rappresenta poi un gravissimo problema per lo smaltimento. La soluzione ecologica al 100% potrebbe proprio essere la larva della Galleria mellonella, detta tarma della cera per la sua propensione a cibarsi dei favi. E la clamorosa scoperta si deve appunto alla biologa italiana Federica Bertocchini, ricercatrice in biologia molecolare all'Istituto di Biomedicina di Cantabria, a Santander. "Io in realtà mi occupo fi biologia dello sviluppo: studio gli embrioni. La scoperta del bruco mangia plastica è avvenuta per caso". La sua ricerca è stata pubblicata su Current Biology insieme a Paolo Bombelli e a Chris Howe, entrambi biochimici dell'Università di Cambridge. "Paolo ed io ci eravamo conosciuti quando facevamo ricerca allo University College of London, e abbiamo sempre avuto un interesse comune per la biodegradazione delle sostanze inquinanti, in particolare la plastica, dannosa per gli animali e al tempo stesso insostituibile in biomedicina, elettronica, industria alimentare. Così dopo il momento "Eureka!" davanti alla busta distrutta, gli ho chiesto di partecipare alla ricerca". Ma come fanno i bruchi della Galleria Mellonella a mangiare la plastica? " Sono animali che si cibano della cera d'api. E la cera è un ricco complesso di molecole diverse, che però contiene un legame analogo a quello che sostiene la robusta struttura molecolare del polietilene: una catena di atomi di carbonio che si ripete", spiega la biologa. "Quindi, dal punto di vista evolutivo, ha senso che il baco riesca a nutrirsi di plastica. Il meccanismo metabolico sarà oggetto di un prossimo studio. Per ora, con i nostri esperimenti abbiamo capito che la degradazione della plastica non avviene solo per la semplice azione masticatoria, e quindi meccanica del baco, ma proprio per un processo chimico. Abbiamo infatti spalmato sul polietilene un impasto di Galleria Mellonella, notando che la degradazione ha luogo". Aggiunge la dottoressa Bertocchini. Prossimamente, da un analisi chimica più approfondita si potrà scoprire l' enzima o il batterio antiplastica nascosto nel sistema digestivo del vermetto. Poi, magari sì potrà usarlo per realizzare una sorta di discarica ecosostenibile. Che venga proprio dalla voracità di questa larva l' aiuto a smaltire il trilione di borse di plastica che usiamo ogni giorno, o per far scomparire le isole di plastica in mezzo agli oceani. È incredibile, come ancora una volta, da sola, la natura, debba trovare rimedio per non farsi distruggere.
martedì 25 aprile 2017
Telescopio per il riscatto della Basilicata
A Castelgrande, in provincia di Potenza, nascosto tra le querce e vicino ad un torrente pulitissimo, c'è una piccola chiesa. Ogni anno, al solstizio d' inverno, il raggio di sole attraversa la finestrella dell' abside e colpisce come un laser l' altare. Santa Maria di Costantinopoli, dedicata al culto della Madonna Nera e al pellegrinaggio delle Sette Sorelle, con essa, altri piccolo santuari sparsi tra Basilicata, Campania e Puglia che richiamano la costellazione delle Pleiadi. Più in alto, a chiusura della congiunzione astrale, sulla cima del monte che domina l' intera Basilicata, c'è un altro " santuario" che guarda le stelle: l' Osservatorio Astronomico di Castelgrande, il secondo telescopio più grande d' Italia. Una delle tante cattedrali nate nel deserto del Meridione. Qui ora si studieranno le esplosioni cosmiche e si monitoreranno i rifiuti orbitali. L' intera regione si trasforma in "distretto spaziale" per rilanciare tramite questa stuttura anche tutto il territorio e cercare di superare una storia di ambizioni politiche, progetti visionari, sprechi e poi l' inevitabile declino. Perché oltre all' Osservatorio di Castelgrande, in Lucania ci sono pure il Centro di Geodesia Spaziale di Matera, con il Cnr, l' Università, un gruppo di aziende pubbliche e private e diversi piccoli Osservatori per astrofili. Massimo Della Valle, già direttore dell' Osservatorio Astronomico di Capodimonte a Napoli, e che ora gestisce anche il Telescopio di Castelgrande, dichiara fiducioso:"Ce la possiamo fare, bon appena la Regione sbloccherà i fondi europei. Certo, bisognerà cambiare completamente mentalità rispetto al passato". Lui ha già pronto il programma di rilancio elaborato con la collaborazione dell'Università della Basilicata, della Sapienza e della Regione. Un' operazione da circa 3 milioni di euro dilatati in 4-5 anni. "Punteremo sullo studio delle grandi esplosioni cosmiche e sulla mappatura dei deserti spaziali, i frammenti di satelliti che posdono ostacolare le rotte dei nuovi lanci". L' atmosfera incontaminata del territorio e il cielo limpidissimo, fecero sì che questo Telescopio fu installato sul monte Toppo già nei lontani anni '70 periodo in cui, anche gli inglesi avevano cominciato degli studi per costruire qui un loro Osservatorio Astronomico, poi rinunciarono all' idea. D'altronde oggi, l'inquinamento luminoso nelle città è cresciuto a dismisura e i moderni telescopi vengono costruiti in zone ancore più remote, per esempio, il telescopio Nazionale Galileo è stato costruito alle Canarie. Da questo punto di vista, la Basilicata ha ancora un paesaggio abbastanza incontaminato, sarà per questo che l' Osservatorio di Castelgrande, anche a distanza di anni di incuria, sarà una validissima alternativa. U a struttura di circa una tonnellata e mezza di strumentazione cristallina, con un cuore di cemento armato, la cui cupola si raggiunge salendo una spirale di scalini. Da qui, partiranno delle grandi opportunità per il rilancio della Lucania stessa. Oltre alle attività comandate al telescopio, l' Osservatorio dovrà avviare anche un' attività di sky- watching, che andrà ad affiancare le attività del Centro di Geodesia Spaziale di Matera da cui partono i raggi laser cge rimbalzano sui satelliti e sulla Luna. Tante iniziative, legate a questo progetto che possono creare piccoli segnali di ripresa per un territorio colpito fortemente dala recessione e dallo spopolamento. A un progetto che guarda in alto, oltre il cielo nello spazio, è affidato il riscatto di un intero territorio.
Coca-Cola protagonista per risorse e posti di lavoro
La Coca-Cola è un' azienda leader in termini di risorse generate nel sistema economico italiano e contribuisce a creare occupazione, partecipando attivamente allo sviluppo fel Paese. Questo è il racconto della ricerca commissionata da Coca-Cola Hbc Italia e realizzata da Sda Bocconi School of Management sull' impatto economico e occupazionale di Coca-Cola nel Paese. Lo studio, illustrato a Milano dal professor Fabrizio Perretti ha preso in esame il mondo Coca-Cola, presente in Italia con 3 società: Coca-Cola Italia, Coca-Cola Hbc Italia ( che ha acquisito Fonti del Vulture) e Sibeg ( questa esclusa dall' analisi). Con il 92,6 % ( pari a 2582 milioni di euro) delle risorse totali di un settore che comprende 313 imprese, la Coca-Cola è al primo posto nell' industria delle bibite, per risorse generate distribuite all' interno del sistema economico ed è anche protagonista nell' industria delle bevande, con il 7,2% (pari a 13001 milioni di euro) delle risorse totali di un comparto che conta 2135 imprese. Sempre in questi ambiti, detiene anche il primato per posti di lavoro generati. Sono 2100 i dipendenti diretti, dislocati in 9 sedi tra uffici, depositi e i 4 stabilimenti di Nogara ( Verona), Oricola ( Aquila), Marcianise ( Caserta) e Rionero in Vulture (Potenza). A ogni posto li lavoro dipendente diretto corrispondono circa 12 posti di lavoro indiretti, portando l' impatto occupazionale complessivo a 25610 lavoratori. Inoltre è un'azienda leader anche per quanto riguarda le quote rosa. Dalla ricerca si evince che la percentuale di donne che lavorano in Coca-Cola è superiore rispetto alla media delle imprese attive sia a livello di quadri (43% contro il 28%) e sia di dirigenti (30% rispetto al 14%). Poi, le retribuzioni dei dipendenti Coca-Cola sono mediamente superiori a quelle italiane a parità di qualifica professionale, mentre si registra una minore sperequazione tra le remunerazioni dei dirigenti e quelle delle altre qualifiche professionali rispetto alla media delle imprese italiane. Quindi, soddisfatto, Giangiacomo Pierni, direttore relazioni istituzionali e comunicazione di Coca-Cola Hbc Italia, afferma:" La ri di Sda Bocconi è una conferma del ruolo cruciale di Coca-Cola all'interno del tessuto economico nazionale: oltre ad avere una forte presenza industriale con i nostri 4 stabilimenti, siamo capillarmente presenti in tutto il Paese conla nostra forza commerciale, la più grande dell' intero settore food e beverage". In effetti, in 90 anni di presenza in Italia, la Coca-Cola si è profondamente inserita nel tessuto economico e sociale, grazie anche a diverse iniziative a sostegno dello sviluppo del nostro Paese. Per esempio, nel 2015 la Coca-Cola ha generato e distribuito in Italia risorse complessive per 813 milioni di euro, pari allo 0,05% del Pil. Degli 813milioni di euro di valore generato, 133 milioni sono stati distribuiti alle famiglie ( tra salari e stipendi erogati), 275 milioni alle imprese ( sono oltre mille i fornitori), e 405milioni allo Stato (389 milioni solo da imposte su prodotti). Negli anni '70 lo spot storico della Coca-Cola, cantava:"i'd like to buy the world a coke", in italiano, tradotto :" Vorrei cantare insieme a voi in magica armonia",.... direi che con questi numeri, la Coca-Cola fa ben cantare l' armonia.
lunedì 24 aprile 2017
Come smettere di fumare
Una delle prove più dure d'affrontare per la forza di volontà, è quella di smettere di fumare. Impresa ardua praticamente impossibile per i fumatori incalliti, che spesso sono visti come deboli o con scarsa motivazione a smettere. In loro aiuto, le neuroscienze suggeriscono l'esistenza di un meccanismo neurale che può aiutare a troncare l'uso di nicotina. Uno studio condotto presso la Medical University of South Carolina e pubblicato su Jama Psychiatry, rivista dell' American Medical Association, ha dimostrato che l'abilità di smettere di fumare è influenzata da un circuito neurale in grado di inibire i comportamenti automatizzati. Il prof. Brett Froeliger, primo autore dello studio, sostiene che fumare diventa un comportamento automatico, è come se nel nostro cervello, lo stimolo ad accendere una sigaretta inizia nello stesso modo in cui il nostro piede preme l'acceleratore quando siamo alla guida e un semaforo diventa verde. Quindi, riuscendo ad intervenire sul meccanismo automatico si potrebbe riuscire ad interrompere la reiterazione a fumare e smettere in maniera più semplice. Il nostro cervello inibisce i nostri comportamenti automatici attraverso l' inhibitory control network, un circuito neurale che va dal giro frontale inferiore destro e che attraverso la corteccia prefrontale arriva al talamo, una struttura che si trova al di sotto della corteccia cerebrale. Nei fumatori la trasmissione di stimoli nervosi attraverso questo circuito è spesso compromessa. La ricerca è stata condotta esaminando 81 adulti nicodipendenti che erano impegnati in un programma di 10 settimane per smettere di fumare. Prima dell' inizio del programma i soggetti furono esaminati tramite risonanza magnetica funzionale fMRI per verificare il funzionamento del circuito inibitorio: un maggior livello di attivazione BOLD (Blood Oxygenation Level-Dependent) in tale area, significava che il cervello stava usando risorse maggiori nell' inibire una risposta automatica. Dopo le 10 settimane, circa la metà dei fumatori era riuscito a smettere di fumare: dagli esami di neuroimmagine in seguito è emerso che questi erano quelli che avevano livelli di attivazione BOLD più bassi. In una fase successiva dello studio sono stati esaminati 26 soggetti fumatori che non avevano intenzione di smettere di fumare: questi venivano pagati per resistere alla tentazione di accendere una sigaretta. Anche in questo caso coloro che avevano minori livelli di attivazione BOLD erano in grado di resistere senza fumare più a lungo. Questa ricerca è la capostipite circa la capacità del cervello di inibire l' automatismo del fumo; ma la dipendenza da nicotina non può essere spiegata solo attraverso questo meccanismo neurale. Serviranno altre ricerche per mettere a punto dei trattamenti comportamentali e farmacologici per potenziare il meccanismo di controllo inibitorio nei fumatori e avvalersi comunque e sempre della buona volontà e motivazione. Però, per i ben intenzionati, il supporto che viene dalla neuroscienza, fa ben sperare nella riuscita dell' impresa.
3 cacciatori di Pianeti nella classifica del Time
Quali sono le domande esistenziali più frequenti che l' uomo dall' alba dei tempi si pone? Sicuramente tra esse c'è quella se siamo soli nell' universo. È davvero così, se pure il settimale americano Time, ha incluso nella classifica delle 100 persone più influenti al mondo, 3 cacciatori di Pianeti. Sono Natalie Batalha, del Centro di Ricerca Ames della Nasa, Micheal Gillan dell'Università belga di Liegi e Guillem Anglada-Escude', dell'Università Queen Mary di Londra. Il Time motiva la sua scelta proprio in base alla natura dell' uomo:"Gli esseri umani si chiedono da tempo se siano soli nell'universo. Ora siamo più vicini che mai a ottenere una risposta, in gran parte grazie agli astronomi che cercano i Pianeti che orbitano intorno ad altre stelle e che potrebbero ospitare la vita". Quindi il vero nucleo della ricerca è trovare altri Pianeti "ospitali" e questi 3 scienziati lo sanno bene, Natalie Batalha fa parte dei responsabili della missione Kepler, dedicata alla ricerca dei Pianeti esterni al Sistema Solare e che ha permesso di scoprire oltre 2500 mondi "alieni" e quasi 5100 candidati pianeti. Invece, Micheal Gillan è a capo del gruppo che ha scoperto ben 7 Pianeti simili alla Terra orbitanti intorno alla stella Trappist 1, distanti circa 40 anni luce, 3 dei quali si trovano nella zona abitabile, cioè a una distanza tale dalla loro stella da permettere che l' acqua si trovi allo stato liquido. Infine, c'è Guillem Anglada-Escude', a lui si deve il merito di aver scoperto Proximab, un Pianeta simile alla Terra che ruota intorno alla stella più vicina al Sole, Proxima Centauri. Anche questo mondo "possibile" si trova a una distanza tale dalla sua stella da consentire acqua liquida in superficie. Dopo il Medioevo, c'erano i grandi esploratori e condottieri, che armati di tanto coraggio e spirito d' avventura, si incamminavano alla ricerca di nuovi mondi, per rendere migliore e più abitabile il proprio. Oggi, questi nuovi cacciatori navigano dalle loro postazioni in sale altamente tecnologiche, per esplorare nuovi mondi possibili per noi nelle spazio.
domenica 23 aprile 2017
Le bibite diet e zuccherate fanno invecchiare il cervello
Da tempo è cominciata una sorta di battaglia contro le bibite zuccherate e quelle diet, spesso tacciate di far male. Ora, due studi della Boston University, pubblicati dalle riviste Stroke e Alzheimer and Dementia, affermano che esse fanno pure invecchiare il cervello, aumentando il rischio di Alzheimer. Entrambe le ricerche sono state condotte su soggetti arruolati nel Framingham Heart Study's Offspring and Third-Generation, che comprende figli e nipoti dei partecipanti al Framingham Study nel 1948. Nella prima ricerca sono state analizzate 4 mila persone sottoposte a risonanza magnetica e a test cognitivi. In quelle che avevano un consumo definito alto, ossia, più di due bibite zuccherate al giorno, sono stati trovati diversi segni di invecchiamento del cervello, si andava dal volume ridotto a una memoria peggiore, considerati fattori di rischio per l' Alzheimer. Nel secondo studio, i ricercatori hanno analizzato quante bibite zuccherate e diet erano state bevute dal gruppo tra il 1991 e il 2001, verificando se poi, a distanza di un decennio, si erano verificati episodi di ictus o demenza. Rispetto ai " virtuosi" cge non bevono bevande light, il rischio per chi invece ne assumeva una o più al giorno è risultato 3volte maggiore sia per demenza che per ictus. Gli studiosi della ricerca hanno così dimostrato una correlazione tra questi fattori, ma in realtà, non sono riusciti a dimostrarne il rapporto di causa-effetto. Se pur c'è un legame tra l' assunzione di bibite light e la demenza dovrà essere ancor dimostrato con più ricerche. In America, la guerra alle bibite zuccherate e light è cruenta, da noi, sarà perché, non ne siamo dei grandi consumatori, è più lieve. Gli italiani, sono più moderati nell' uso di bere una bevanda del genere, solitamente viene associata ad un evento di festa.
"Curarsi coi libri"
La book therapy esiste davvero. Si basa sugli studi dello psichiatra gallese Neil Frude e viene riconosciuta dal National Health Service, il servizio sanitario inglese. Per gli appassionati di libri è cosa abbastanza nota ed ovvia, ma numerosi studi hanno dimostrato che davvero la lettura può avere effetti terapeutici concreti. In Italia, lo afferma Bernardo Carpiniello, docente di psichiatria all' Università di Cagliari e presidente della Società Italiana di Psichiatria. Aggiunge Rosa Mininno, psicologa e psicoterapeuta, nonché fondatrice e direttrice della Scuola di Biblioterapia (www.biblioterapia.it) :" La biblioterapia può essere applicata nell'ambito della psicoterapia per la causa di disturbi di lieve e media entità come i disturbi dell' umore e del comportamento alimentare e le varie forme di dipendenza, dall' alcool; alla droga e alla ludopatia. L' importante è chiarire che la sola lettura di un libro non può guarire ma può avere un' efficacia se integrata in un percorso di psicoterapia e con la scelta giusta dei testi in relazione alla situazione del singolo paziente e alla sua capacità di lettura". La terapia è si sugli scaffali (dei libri), ma in psichiatria ci sono due diverse vie da seguire per la book-therapy. "Quella più antica si riferisce all' utilizzo della letteratura in generale a scopo terapeutico per cui si suggeriscono letture specifiche a seconda del problema del paziente" spiega Carpiniello. " L' altra accezione più recente è il suggerimento da parte del terapeuta di una sorta di manuali di auto-aiuto che forniscono informazioni sulla patologia ma suggeriscono anche come applicare alcune terapie psicoterapeutiche, come quelle cognitivo comportamentali, che il paziente può usare a casa". Quedto tipo di biblioterapia è particolarmente utile per chi soffre di depressione, ansia e disturbi psicotici come la schizofrenia. È una forma di terapia molto importante anche per i familiari che trovano in queste letture un aiuto concreto per affrontare meglio il loro compito di care-giver. Leggete un libro quindi aiuta il processo di guarigione; in primo perché la biblioterapia basata sulla lettura di manuali di auto-aiuto diventa una forma di psicoterapia surrogata che il paziente può fare da solo a casa e, in generale, leggere fa bene perché tiene impegnata la mente a livello cognitivo cosa che nei pazienti depressi è già un primo passo avanti perché in genere c'è una certa passività. Inoltre, serve ad identificarsi nei personaggi cosa che fa acquistare auto-consapevolezza". È come se, il paziente lettore ritrova nei personaggi del libro parte della sua esperienza di vita e può essere lo spunto per una presa di coscienza maggiore. "Ecco perché è fondamentale che il terapeuta sappia scegliere bene il libro adatto al suo paziente in modo da indurre indirettamente una risposta terapeutica". E poi c'è il sollievo emotivo :" La lettura del libro giusto è come una forma di catarsi che permette di esprimere le emozioni represse cosa che rappresenta già un atto terapeutico" afferma Carpiniello. Una funzione, quella del sollievo emotivo, utile anche in campo oncologico:"Ho realizzato un progetto nel reparto oncologico pediatrico di Perugia facendo degli incontri di lettura ad alta voce che sono stati di grande aiuto non solo si piccoli pazienti ma anche ai loro familiari", spiega Mininno. La biblioterapia non ha controindicazioni ed è adatta a tutte le età. Non solo gli adulti, ma anche i bambini e gli anziani possono esplorare anche le nuove modalità di lettura: gli e-book e gli audio-libri. Oggi la biblioterapia è utile per aiutare a curare la depressione, l' ansia, il declino cognitivo, in oncologia, come prevenzione del bullismo e grazie a Harry Potter, nell' inclusione del diverso. Inoltre, entra sempre più spesso nei reparti di ospedale e anche in rianimazione. Quindi un romanzo può cambiarci la vita. A Milano si è svolto l' incontro "Curarsi coi libri", una realtà sempre più preponderante che dalle pagine dei protagonisti dei libri, si afferma nelle pagine di vita di ciascuno.
sabato 22 aprile 2017
La psicologia positiva
La psicologia positiva è un settore di studi e ricerca scientifica che invece della patologia o dei disturbi mentali e del loro trattamento si occupa dello studio della crescita personale, dello sviluppo di tutte le potenzialità umane e del raggiungimento del massimo benessere psichico e della piena autorealizzazione.
La moderna psicologia positiva affonda le sue origini nelle teorie dei prof. Martin Seligman e prima ancora, in quelle del prof. Abram Maslow.
E proprio secondo Maslow lo studio scientifico delle persone che, nei vari ambiti della vita interviene, nelle relazioni e nel lavoro, hanno raggiunto i più alti livelli di autorealizzazione, benessere psicologico e soddisfazione può aiutarci a comprendere quali siano i fattori che determinano la crescita personale e il raggiungimento del massimo benessere psichico.
Quindi, la psicologia positiva si occupa di aiutare la persona normale a sviluppare tutte le proprie potenzialità e a conseguire un più alto benessere psicologico.
Le ricerche condotte nell' ambito della psicologia positiva hanno cercato di scoprire se, e in che modo, diverse variabili influiscono sul livello di benessere psicologico: sono state studiate variabili relative all' età, il sesso, i tratti di personalità, gli schemi cognitivi, l' orientamento politico, il sistema di valori, la cultura, la religione, la spiritualità, la condizione economica, la vita di relazione e le condizioni lavorative.
Inoltre, alcuni psicologi positivi hanno anche studiato le variabili neurofisiologiche e le strutture cerebrali in qualche modo correlate con i più alti livelli di benessere psicologico.
I risultati di tali ricerche mostrano l' esistenza di una correlazione tra i più alti livelli di benessere psicologico, la piena soddisfazione e il senso soggettivo di piena autorealizzazione e alcune specifiche variabili.
Questa branca della psicologia ha però ricevuto diverse critiche da altri psicologi e filosofi della scienza. Il primo disappunto riguarda lo studio delle piene potenzialità umane, della piena autorealizzazione e della felicità è difficilmente affrontabile dalla scienza, in quanto analogamente a concetti come quello di felicità sono difficilmente definibili in termini scientici.
Poi la psicologia positiva trascura l' analisi delle differenze individuali, anche genetiche e biologiche, che rendono alcune persone più predisposte di altre a raggiungere i massimi livelli di benessere psicologico. In risposta però, nuovi progetti di ricerca scientifica della psicologia positiva propongono di studiare anche le differenze individuali, genetiche e biologiche.
Alla base, resta che per gli psicologi di questa branca, tutte le persone hanno la capacità e le potenzialità di incrementare il lori senso soggettivo di autorealizzazione, soddisfazione e benessere.
Ben venga quindi, una prospettiva positiva che tende a mettere in luce le qualità di ognuno e di farle fiorire al loro meglio.
Giornata Nazionale della Salute della Donna
Si celebra oggi la 2° giornata dedicata alla salute della donna. Ricorrenza voluta fortemente dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin e fatta ricadere in questa data, 22Aprile, giorno incui nacque la scienziata Rita Levi Montalcini. In occasione della Giornata della Salute della Donna, sono previste una serie di manifestazioni per avvicinare e sensibilizzare le coscienze sui temi quali la prevenzione e la cura delle principali patologie femminili. Quindi è prevista un' intera settimana, dal 18 al 24 Aprile di check up gratuiti, esami strumentali, consulti ed eventi formativi. Ci saranno le porte aperte negli ospedali con il bollino rosa: sono oltre 150 le strutture in tutta Italia che aderiscono all' iniziativa (H)Open Week con l' obiettivo di promuovere l' informazione, la prevenzione e la cura delle principali patologie femminili. L' iniziativa è promossa dall' Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (Onda) con il patrocinio di 22 società scientifiche e la collaborazione di Federfarma. Quindi, in onore della donna, nella settimana della salute, saranno offerti gratuitamente alle donne visite, consulti, esami strumentali e saranno organizzati eventi formativi e molte altre attività nell' ambito di 13 aree specialistiche: diabetologia, dietologia e nutrizione, endocrinologia, ginecologia e ostetricia, malattie e disturbi dell' apparato cardiovascolare, malattie metaboliche dell' osso, medicina per la riproduzione, neurologia, oncologia, psichiatria, reumatologia, senologia, sostegno alle donne vittime di violenza. "Troppo spesso noi donne rinunciamo a curarci. La nostra quotidianità, scandita dal lavoro e dalla cura dei figli e della famiglia, dall' assistenza a genitori e parenti anziani, è considerata da molti studi come fonte di logoramento fisico e psicologico, tant'è vero che se le donne vivono di più, trascorrono gli ultimi anni della loro vita in condizioni di salute peggiori rispetto agli uomini" sostiene la ministra Beatrice Lorenzin. " Ritengo per questo sia fondamentale non solo occuparsi della salute della femminile come valore in se e come valore sociale, che riguarda tutti, ma agire concretamente. L' auspicio è che la Giornata Nazionale rappresenti un momento di confronto tra scienziati ed esperti, associazioni e cittadini in merito alle principali malattie che colpiscono il genere femminile, le possibili cure e le attività di prevenzione necesserie da svolgere"." A testimonianza dell' impegno continuo nella promozione della medicina di genere e nella personalizzazione della cura al fine di garantire appropriatezza diagnostica e terapeutica, sono oltre 150 gli ospedali che mettono a disposizione i propri clinici", aggiunge Francesca Marzagera presidente di Onda, con un grande sforzo organizzativo per avvicinare la popolazione alle principali patologie della donna informandola sui percorsi di diagnosi e cura più appropriati". Le donne sono inoltre le maggiori frequentatrici della farmacia in quanto si curano anche del benessere di tutta la famiglia. Così le 18000 farmacie italiane saranno coinvolte nell' (H) Open Week, avendo anche il ruolo d' informatore per prenotare visite ed esami gratuiti nei molti ospedali con i " Bollini rosa". Inoltre i servizi offerti sono a portata di click sul sito www.bollinirosa.it dove è possibile trovare indicazioni su date, orari e modalità di prenotazione. È possibile selezionare la regione e la provincia d' interesse per visualizzare l' elenco degli ospedali che hanno aderito e consultare il tipo di servizio offerto. Perché, come ricorda Lorenzin, " La nostra salute è la salute delle famiglie e della società e la Giornata Nazionale della Salute della Donna è un buon momento per ricordarcelo a ricordarlo". In effetti, le donne, per loro stessa natura sono più votate a dare e a preoccuparsi sempre prima per gli altri, invece almeno, in questo giorno, possono concedersi di pensare prima alla loro salute.
venerdì 21 aprile 2017
Il villaggio per la Terra per il 47esimo Earth Day
È prevista per domani 22 Aprile, la celebrazione della 47esima Giornata della Terra (Earth Day). Quest' anno l' obiettivo della più grande manifestazione ambientale per la salvaguardia e tutela della Terra è diffondere nell'arco dei prossimi 3 anni una "alfabetizzazione" sui termini chiave. In cima alla lista ci sono, la tutela delle risorse naturali, sfruttate all' inverosimile, le minacce al Pianeta sempre più massicce dovute a cambiamenti climatici e all' effetto serra. Perché tutti abbiano il diritto e il dovere di mantenere un ambiente sano e sostenibile. Quindi obiettivo principale sarà responsabilizzare tutti alla tutela delle risorse. In tutto il mondo, oltre 1 miliardo di persone in 193 Paesi parteciperanno, all' evento, un unico grande grido contro l' inquinamento dell' aria, dell' acqua e del suolo, la distruzione degli ecosistemi, di migliaia di piante e specie animali, e l' esaurimento delle risorse non rinnovabili. Il ministro dell' Ambiente Gian Luca Galletti sottolinea:" Il rispetto della Terra e dell' ambiente è un valore fondamentale e noi dobbiamo cominciare dai giovani, con l' educazione ambientale. Forse è quello che serve di più. Noi dobbiamo mettere a posto tutti i disastri che sono stati fatti negli anni passati, penso alle bonifiche, alle deprecazioni, al dissesto idrogeologico. Ma soprattutto dobbiamo fare in modo che un certo modo di comportarsi e di fare impresa non si ripeta più. Quindi dobbiamo cominciare proprio dai giovani, insegnando loro il rispetto dell' ambiente. Questa manifestazione va in quella direzione: l' educazione ambientale credo che sia il maggior contributo alle politiche ambientali che possiamo dare". È dal 22 Aprile 1970, che molte questioni restano irrisolte, come inquinamento, rifiuti, pesticidi, desertificazione, estinzione della fauna selvatica, mentre molti progressi sono stati compiuti sul versante delle energie rinnovabili, consumi sostenibili e sviluppo della green economy. Per l' Earth Day il mondo scende in campo per difendere l' ambiente; numerose saranno le iniziative ad ogni latitudine del Pianeta per sensibilizzare sulla questione quante più persone possibili. A Roma, dal 21 al 25 Aprile, l' associazione Earth Day Italia organizza insieme al Movimento dei Focolari di Roma e con la collaborazione del Ministero dell' Ambiente " il villaggio per la Terra", che ospiterà sport, concerti, esposizioni, mostre, convegni, spettacoli, laboratori didattici, attività per bambini, adulti e sportivi."Quest'anno Earth Day Italia vuole lanciare un messaggio forte e di stimolo nei confronti di tutte quelle politiche che, cavalcando il generale clima di sfiducia e rabbia, alzano muri e continuano a sfruttare senza remore le risorse naturali", dichiara Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia. "Con il villaggio per la Terra vogliamo mettere in festa il sentimento di solidarietà universale che esiste ancora, potente, tra le persone, e che è capace di generare il cambiamento". Anche il mondo scientifico si mobilita con " La Marcia per la scienza", a sostegno della ricerca e in difesa del metodo scientifico contro interferenze esterne, in primo luogo rispetto al cambiamento climatico. Anche la Nasa celebra l' Earth Day e fra le varie iniziative da " in adozione il Pianeta", 64000 pezzi di Terra (con annesso certificato nominativo da condividere sui social media) visti dallo Spazio con relativi dati, come ad esempio vegetazione e qualità dell' aria. Insomma, domani l' intero villaggio globale fatto di persone diverse che la pensano allo stesso modo, si uniranno per difendere la Terra.
Disinnammorarsi
Tra le domande più frequenti fatte su Google, in vetta ci sono :" Come si fa a disinnammorarsi?" e " Come ci si disinnammora?". Evidentemente il malessere, la mancanza che si sperimenta dopo la fine di una relazione tocca o ha toccato terribilmente ciascuno di noi. Perché quando termina una relazione sia essa amicale, sentimentale, lavorativa si sente proprio il vuoto per la perdita dell' investimento in termini di tempo, sentimenti, emozioni e progettualita'. Ora, le menti più mature elaborano ed accettano prima la perdita. Ma ci sono anche persone, più fragili, la cui mente non è pronta a riferire questo pensiero nella realtà. Queste persone non riescono a trovare subito una soluzione, cadono nell' impasse, iniziano a vacillare aspetti fondamentali del proprio Sé tali da creare nel profondo una frattura. Queste persone solitamente riferiscono di aver esperito la sensazione del rimanere in sospeso, restano cioè nell' attesa, di un incontro, di un movimento, di un qualsiasi accaduto che possa smuovere le acque. Questo accade poiché la rottura ( inaspettata) genera uno stato di shock, che solo una mente strutturata può accogliere ed iniziare a rielaborare, perché il dolore c'è e non è possibile annullarlo, ma ciò che è importante rielaborare è l' evento traumatico in se stesso, ciò che ha generato lo stato di blocco. Quando il pensiero non è elaborato prima a livello cognitivo e rielaborato poi a livello espressivo si crea un sospeso che diventa un legame al quale è difficoltoso dare consapevolezza e movimento. Questo non permette l' investimento in una nuova relazione poiché si è ancora intimamente legati, si è ancora in debito con ciò che è stato. Tra le conseguenze psicologiche che potrebbero insorgere in una mente più fragile ci sono la depressione, stati d' ansia generalizzata, disturbi somatoformi, disturbi che riguardano il corpo, poiché è come se si iniziasse a dar voce al dolore tramite il corpo piuttosto che la parola. Certamente il dolore provato è diverso da tutti, così come sono diverse le strategie per farvi fronte, ma spesso la voglia di restare legati al passato, quel legame sospeso, la negazione appartengono un po' a tutti. Ripartire dopo un addio, non è mai facile. Ma ci sono sempre delle possibilità che ci permettono di proseguire e lasciarci alle spalle la strada della fine e della sua completa accettazione. Il primo errore però, in cui spessissimo s' inciampa, è quello delle avventure facili. Il rischio è quello di un ulteriore diminuzione dell' autostima, del senso di autoefficacia, e la sensazione di piacere provato (nell' immediato) ci dara' la percezione, ma solo a breve termine d' aver superato il dolore, ma invece, non è altro che una forma diversa di negazione di questo dolore. Invece, sarebbe molto meglio provare a fare della propria vita un arcobaleno di colori in cui iniziare a far entrare piccole novità possibili, sciogliendo le nostre passioni, la nostra creatività, queste piccole novità e realizzazioni contribuiscono notevolmente a riconquistare fiducia in noi stessi. Poi, è da cancellare anche l' idea che parlare con parenti ed amici della fine di una storia sia funzionale, perché lo sfogo a lungo andare alimenta profondamente il nostro legame sospeso. Impariamo invece a dar voce ai nostri sentimenti ed alle nostre emozioni veicolandole verso il nuovo, verso il possibile. Accettiamo quindi, la nostra vulnerabilità, accettiamo la mancanza come scintilla verso il desiderio dell' altro, non abbandoniamoci al piacere che ci allontana dal nostro essere, rendendoci soggetti pieni che non accolgono l' altro nella loro vita. Evitiamo di pensare a noi stessi, ma ritorniamo ad amare in modo sano e costruttivo, solo così ciò che è sospeso lascerà posto alla possibilità del nuovo. Clive Staples Lewis scriveva:" Amare significa, in ogni caso, essere vulnerabili. Qualunque sia la cosa che vi è cara, il vostro cuore prima o poi avrà a soffrire a causa sua, e magari anche spezzarsi. Se volete avere la certezza che esso rimanga intatto, non donatelo a nessuno, nemmeno a un animale. Proteggetelo avvolgendolo con cura con passatempi e piccoli lussi; evitate ogni tipo di coinvolgimento; chiudetelo col lucchetto nello scrigno, o nella bara, del vostro egoismo. Ma in quello scrigno (al sicuro, nel buio, immobile, sotto vuoto) esso cambierà: non si spezzera'; diventerà infrangibile, impenetrabile, irredimibile". Però, pensandoci è così che si diventa infelici. L' uomo è una creatura nata per amare. Si tratta solo di dover incontrare proprio la persona giusta con cui buttare insieme il cuore al di là di ogni ostacolo.
giovedì 20 aprile 2017
"Ooho", la bottiglia d' acqua del futuro
Che firma avranno le bottiglie d' acqua nel futuro? Beh, secondo alcuni ingegneri spagnoli che tra l' altro, l' hanno progettata, innanzitutto non sarà una bottiglia, ma una bolla. Ooho, una piccola bolla sferica, morbida e trasparente, soprattutto commestibile, economica e biodegradabile. Questa è la bottiglia del futuro che si pone l' obiettivo di rivoluzionare il trasporto e il consumo dei liquidi. La bolla d' acqua, e non è un gioco di parole, fu inventata nel 2014 da Rodrigo Garcia Gonzalez, Guillaume Couche e Pierre Paslier e oggi hanno appena lanciato una raccolta fondi per arrivare a metterla in commercio entro un anno. Si tratta di bolle piene di liquido, che possono essere facilmente ingerite in un sol boccone, hanno una doppia membrana gelatinosa e sono costituite da una mistura di alginato di sodio, ricavato da alghe marine e di cloruro di calcio. Per crearle si sfrutta la tecnica della gelificazione usata in cucina, che consiste nel trasformare una sostanza liquida in un gel attraverso l' aggiunta di un agente gelificante. Il costo di produzione di una singola bolla è davvero bassissimo, ammonta a solo 2 centesimi. "Ooho è un' alternativa sostenibile alle bottiglie di plastica e alle tazze, totalmente biodegradabile e talmente naturale che si può anche mangiare", sottolineano i 3 inventori nel loro sito di crowd founding. " La confezione è più economica della plastica e può contenere qualunque bevanda, inclusi soft drink, liquori e anche cosmetici". Chissà come verrà accolta sul mercato questa novità? Ora che avevamo fatto l' abitudine a ragazze che ritengono molto chic portare con sé in borsa una bottiglietta d' acqua anche mentre fanno shopping; oppure quante bolle serviranno ai ciclisti per abbeverarsi mentre corrono? E il sapore dell' acqua fresca che oltre a dissetare, ci bagnava la faccia se bevevamo da una fontana? Eppure era così naturale che i liquidi fluissero e i cibi si ingurgitassero.
Nomofobia: dipendenza da smartphone
Si chiama nomofobia il timore ossessivo di non essere raggiungibile al telefono cellulare. È l' ossessione per lo smartphone che non si manifesta con l' ansia per la batteria scarica, nervosismo per l' esaurimento del credito telefonico o per la mancanza di rete. Causa interferenze nel circuito cerebrale della ricompensa. I più colpiti sono i giovani con problemi di autostima e relazioni sociali, ma è molto diffusa tra le persone di tutto il mondo, compresi tanti italiani, da sempre molto attaccati al telefono. Della nomofobia se ne è occupato uno studio della Scuola di psicoterapia Erich Fromm, realizzata in occasione del XVIII congresso mondiale di Psichiatria dinamica, in programma a Firenze dal 19 al 22 Aprile, attraverso la revisione e l' analisi di oltre cento testate di settore e un panel di 150 esperti. Secondo la stima dell' Università di Granada la fascia di età più a rischio e quindi più colpita è quella tra i 18 e i 25 anni, giovani con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali che sentono il bisogno di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso lo smartphone. Sebbene i sintomi siano molto simili a quelli dell' ansia, uno studio condotto da ricercatori dell'Università Federale di Rio de Janeiro sottolinea come la nomofobia sia da considerare una vera e propria dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d' ansia. Si può parlare di nomofobia quando una persona prova una paura sproporzionata di rimanere fuori dal contatto di rete mobile, al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all' attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico e nausea. I pionieri in questo campo di ricerca furono gli italiani Nicola Bragazzi e Giovanni Del Puente, dell'Università di Genova, che già nel 2014 proposero di inserire questa patologia nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM- 5). "L' abuso dei social network può portare all' isolamento come conseguenza della nomofobia" afferma Ezio Benelli, presidente del Congresso mondiale di Psichiatria dinamica. "L' utilizzo smodato e improprio del cellulare come di internet può provocare non solo enormi divari fra le persone, ma anche portarle a chiudersi in se stesse, sviluppare insicurezze relazionali o alimentare paure del rifiuto, e sentirsi inadeguati e bisognosi di un supporto anche se esterno e fine a se stesso". Eppure proprio lo smartphone, se usato in modo appropriato, può ottemperare a 3 importanti funzioni psicologiche: regola la distanza nella comunicazione e nelle relazioni, gestisce la solitudine e l' isolamento. La nomofobia colpisce più gli uomini, essi tendono ad essere più ansiosi e il 58% di loro soffre di questa sindrome, contro il 48% delle donne. Poi, uno studio statunitense eseguito nel centro di riabilitazione mentale di Newport Beach, Morningside Recovery ha dimostrato che milioni di americani, circa i 2/3 sono affetti da nomofobia e che molti di loro raggiungono stati elevati di agitazione incontrollata se vengono a conoscenza di non possedere il proprio cellulare. I campanelli d' allarme per capire che si sta cedendo a questa dipendenza sono inequivocabili: usare regolarmente il telefono cellulare, trascorrere molto tempo su di esso, avere uno o più dispositivi, portare sempre il caricabatterie con sé per evitare che il cellulare si scarichi e sentirsi nervosi al pensiero di perdere il proprio portatile, guardare spasmodicamente lo schermo del telefono per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate. E per quest' ultimo disturbo è stato addirittura coniato un nuovo termine " ringxiety" crasi dei termini inglesi ring ( squillo) e anxiety (ansia). È strano come in un' epoca tanto avanzata, la fragilità umana si debba aggrappare ad un utensile che nasce per far sentire più vicine le persone e invece finisce per farle allontanare.
mercoledì 19 aprile 2017
Le coccole fanno bene
La scienza insegna che il bisogno emotivo di contatto è presente già da quando nasciamo. Numerosi sono gli esperimenti scientifici che hanno osservato quanto è importante per l' essere umano toccare ed essere accarezzato, provando che si tratta di una necessità fondante della nostra esistenza. Uno scambio affettivo ha particolare significato quando l' altro, la persona che ci abbraccia, è qualcuno di cui fidarsi ma i gesti affettuosi provocano emozioni positive anche se sono elargiti da sconosciuti. Perché essere toccati, accarezzati è un bisogno primario, risponde alla necessità innata di sentirsi riconosciuti, apprezzati, protetti, sostenuti ed amati. Il connettersi con i sensi, l' unirsi, emotivamente e fisicamente implica scambio e riconoscimento nella relazione, smuove emozioni positive ed è nutriente del nostro benessere. Ed è importante a tutte le età. Si parte dal famoso studio del ricercatore statunitense Harry Harlow alla fine degli anni Cinquanta, che dimostra la preferenza dei cuccioli di scimmia per un soffice e caldo sostituto materno artificiale, rispetto ad una mamma in grado di nutrirli ma fredda, alla teoria dello psicoanalista britannico John Bowlby che sviluppò il concetto evolutivo di attaccamento per descrivere il bisogno innato degli esseri umani di formare forti legami affettivi. Poi gli esempi scientifici proseguono con il lavoro di René Spitz sulle gravi conseguenze della deprivazione affettiva materna e ulteriori esperimenti di topi e conigli accarezzati e per questo più resistenti a malattie e oblii in test di apprendimento. Inoltre, il nostro bisogno di contatto è confermato da recenti ricerche scientifiche sulla formazione della vita nel periodo intrauterino. Attraverso l' osservazione di gemelli nell' utero materno è stato possibile constatare che già dalla 14esima settimana di gestazione i due feti, intenzionalmente, si cercano, si toccano, si esplorano in modo delicato e preciso. Avvertono di non essere soli, interagiscono tra di loro e si contattano. Quando ci scambiamo le coccole con qualcuno si sente quel senso di benessere interiore che ci pervade, oggi i progressi delle ricerche nel campo della psiconeuroimmunologia ha permesso di scoprire la biochimica delle emozioni e gli straordinari poteri sulla nostra salute del contatto e degli scambi affettivi. La scienza ha verificato diversi benefici della vicinanza e delle coccole tra cui: innalzano il livello di ossitocina (ormone dell'amore), abbassano i livelli di cortisolo ( ormone dello stress) e aumentano il senso di fiducia e sicurezza, donando sensazione di calma. Migliorano la concentrazione, l' efficienza e il sonno. Servono alla stabilità della relazione, in quanto sono un forte collante che rafforza il legame di coppia, favoriscono una migliore comunicazione, migliorando la storia sentimentale. Riducono la pressione sanguigna e rinforzano la risposta immunitaria, aiutandoci a difenderci e a reagire meglio alle malattie. Rendono più disponibili e migliorano il nostro funzionamento generale fino a divenire un mediatore contro l' invecchiamento. Le coccole hanno anche un effetto ansiolitico, in quanto infondono sicurezza, ridimensionano ansia e paura. Quando due persone sono unite in un abbraccio si registra una sorta di sincronizzazione cerebrale sull' elettroencefalogramma, con effetti positivi sul benessere psicofisico. Soprattutto quando il comportamento di espressioni d' affetto è spontaneo e autentico ci fanno diventare più attendibili, veri e degni di fiducia agli occhi degli altri. Attenuano il dolore fisico. Un semplice abbraccio può attivare fibre nervose che bloccano il lavoro di quelle che trasmettono messaggi di dolore. Infine le coccole sono determinanti per la stabilità emotiva del bambino. Si riflettono sulla crescita emotiva e cognitiva, è stato dimostrato che i piccoli più accarezzati mostrano una maggiore attività cerebrale alta e minori livelli di cortisolo. Ciò a dimostrazione di quanto sia importante, fin da subito, offrire ai più piccoli rifugio, protezione, sicurezza, calore, stabilita. Dinanzi a tutti gli effetti benefici delle coccole, magari in un futuro non troppo lontano, si potrebbe pensare di inserirle come coordinate di terapia nelle comunità di assistenza per gli anziani, o il recupero o nelle scuole. Per il momento per me vale sempre la regola che il miglior farmaco generico per l' ansia e le altre "scocciature" del giorno è l' abbraccio.
Wright One, l' aereo che volerà a batterie
Wright One sarà il primo aereo elettrico di linea. I big del settore a cominciare da Easyjet ci credevano tutti.L' unico inconveniente è l' attuale durata delle batterie ma, la Wright Electric, startup statunitense made in Massachusetts, ci sta lavorando. Presto ci sarà il primo modello di aereo tutto alimentato elettricamente e in grado di trasportare fino a 150 passeggeri. Riuscirà a coprire anche tratte di 500 chilometri come Londra-Parigi e New York-Washington, paragonabile agli aerei come l' Airbus A320 e Boeing 737. È da un po' che l' industria aeronautica si interessa di problemi quali l' inquinamento dei cieli e dei costi che ne derivano per i passeggeri e le compagnie aeree stesse. Quindi, hanno indirizzato il loro focus sulle energie rinnovabili e l 'azienda leader in questo campo è appunto la Wright Electric che lavora ad un aereo senza serbatoio per il carburante e per il trasporto di massa. Quindi è nato il Wright One, il futuristico aereo, chiamato così in onore dei due fratelli pionieri dell' aviazione. Con questo aereo si potranno far spostare fino a 150 persone su tratte a corto raggio, al massimo 500 km. Che non è per niente cosa da poco, visto che questa distanza rappresenta circa il 30% di tutto il traffico aereo si traduce in milioni di passeggeri ogni anno. E rappresenta le distanze tra quelle più gettonate come i voli: New York-Boston, Rio de Janeiro-San Paolo, Tokyo- Osaka. Un progetto quindi, che punta a insidiare i grandi colossi dell' aria. Del resto, un aereo che può trasportare quasi 200 passeggeri assomiglia molto a quelli di un segmento importante, che annovera modelli come : Boeing 737 o l' Airbus A320. Aziende che, a loro volta, stanno studiando soluzioni "green" ma che, per ora, sono ancora indietro. Comunque molto del successo dell' iniziativa dipenderà dalla durata delle batterie. Per far volare Wright One, servirebbe una capacità energetica di circa 12 km Watt (7500 sono solo quelli usati per l' alimentazione del motore). Purtroppo, ad oggi, non esistono batterie in grado di garantire una tale potenza. E poi c'è la questione di come sostituire gli accumulatori per far ripartire gli aerei una volta atterrati. Jeff Engler, uno dei fondatori della startup spiega:" Il modo in cui abbiamo disegnato il nostro veivolo, permetterà di avere gruppi di batterie modulari, pesanti circa 25 tonnellate ma facili da cambiare in pochi minuti, così da evitare lunghi tempi di ricarica negli scali e consentire alle compagnie aeree un' alta frequenza di voli". E se questa versione non dovesse funzionare, c'è già un piano b : un aeromobile ibrido alimentato da un motore elettrico, comunque più ecologico dei modelli in circolazione. Con i velivoli elettrici, ci sarebbero grossi benefici per l' ambiente e le tasche dei passeggeri. Essi avrebbero un bassissimo impatto ambientale, con un taglio drastico dell' emissione di gas serra nell' atmosfera (di circa l' 80%) e per quanto riguarda il costo del biglietto, esso sarebbe di circa la metà inferiore di quello attuale per ciascuna persona. Ne gioverebbe anche l' inquinamento acustico perché i veivoli elettrici sono molto silenziosi e ogni modulo d' alimentazione avrà circa 7 mila cicli di ricarica. Che il Wright One sia proprio la soluzione giusta per ridare ai cieli la sua pulita bellezza.
martedì 18 aprile 2017
Asteroide si avvicina alla Terra
È previsto per domani 19 Aprile, verso le 14,24 ora italiana il passaggio vicino alla Terra dell' asteroide più grande degli ultimi 13anni. Infatti 2014JO25 (nome dell' asteroide), ha il diametro di 1 km e passerà ad appena 1,8 milioni di chilometri dalla Terra. A partire dalle 21,30 sarà perfettamente visibile dall' Italia anche con un normale binocolo. L' asteroide apparirà come un puntino luminoso in rapido movimento non lontano dal timone dell' Orsa Maggiore. Fatti i dovuti scongiuri questo passaggio non dovrebbe rappresentare un pericolo sebbene, 2014JO25 rientri nella categoria " oggetti potenzialmente pericolosi". "Non costituisce affatto una minaccia" rassicura l' astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtualtelescope, mentre una prima simulazione è stata prodotta sal Jet Propulsian Laboratory della Nasa. Gli asteroidi sono piccoli corpi celesti che orbitano intorno al Sole a varie distanze. Alcuni hanno orbite che spazzano in parte i totalmente la regione dei pianeti interni, e asteroidi cosiddetti troiani, associati a pianeti maggiori, che seguono o precedono Giove lungo la sua orbita. Gli asteroidi, come anche le comete, costituiscono i " mattoni primordiali" per la costruzione dei pianeti maggiori. Ricorda Masi, che l' ultimo asteroide di dimensioni simili, era passato vicino alla Terra nel 2004, fu ribatezzato Tautatis e aveva un diametro di 5,4 chilometri, il prossimo è invece atteso nel 2019 e sarà chiamato "1999 AN 10".Anche per questa volta, speriamo di scamparla e che l' asteroide 2014JO25 continui felicemente il suo viaggio nello spazio lontano da noi.
L'intelligenza artificiale è collaborativa più di noi
L'intelligenza artificiale è votata ad una sua logica, quella dell'efficienza. Non agisce in base all'emozione, all'intuizione o alle norme sociali. E secondo uno studio è in grado di imparare a fare squadra meglio degli esseri umani. La ricerca è stata depositata su Arvix, la banca dati online su cui si trovano le bozze degli articoli scientifici prima della pubblicazione su testate accreditate. Ma la notizia è stata riportata anche dalla rivista Science. Obiettivo della ricerca è quello di produrre un nuovo tipo di algoritmo in grado di collaborare con essere umani e macchine a livelli che competono con quelli animali, in giochi il cui obiettivo è raggiungere il miglior risultato possibile per tutti i partecipanti. Lo studio è stato condotto su 3 team: uomo-macchina, macchina-macchina, uomo-uomo. "Il focus della nostra ricerca era sviluppare un'intelligenza artificiale che sapesse cooperare con le persone, così come fanno le persone tra loro", riporta Jacob Crandall, autore delle analisi. "Scoprire che collaborano meglio di noi è stato un curioso risultato addizionale". I ricercatori hanno testato 25differenti algoritmi di apprendimento automatico, che venivano incoraggiati ogni volta che compivano una mossa collaborativa. I gruppi si sono sfidati utilizzando versioni computerizzate di 3 giochi. In uno 2 automobili sfrecciano una contro l'altra e devono cambiare rotta all'ultimo secondo per evitare di scontrarsi. Un altro è il dilemma del prigioniero: i giocatori ricevono una sentenza di condanna a un anno se entrambi rimangono leali e negano di aver commesso il crimine, mentre se uno dei due tradisce l'altro, guadagna la libertà, destinando il rivale a 3 anni in prigione. Se i due, invece, si ingannano a vicenda, scontano due anni a testa. Infine la 3° sfida, detta Alternator, che prevede una strategia collaborativa. Quando i giocatori non hanno avuto la possibilità di mandarsi dei messaggi tra di loro, sia il team uomo-uomo che quello uomo-macchina hanno collaborato il 30% delle volte, quello macchina-macchina il 60%. Poi gli studiosi hanno dato ai partecipanti la possibilità di comunicare tra loro, quindi la loro collaborazione è raddoppiata allo stesso modo per il team uomo-uomo e uomo-macchina arrivando al 60%. Molto meglio ha fatto la cooperazione nel gruppo macchina-macchina che è arrivata al 90%. E aggiunge Crandall:" Non solo, una volta che la collaborazione è stata stabilita, il nostro algoritmo tendeva a continuare a collaborare. Mentre circa la metà delle persone ha tradito almeno una volta. In questo senso, l' intelligenza artificiale ha imparato a essere più leale dell' essere umano". Non è la prima volta che un cervello artificiale si dimostra capace di fare squadra così come di essere all' occorrenza anche tanto competitivo. È il caso di Deep Mind della Google, che ha sviluppato un' intelligenza artificiale capace di sfoderare le "armi" quando la sua vittoria al gioco poteva essere a rischio. In effetti il fatto che abbiano imparato a collaborare meglio di noi non è poi così sorprendente in quanto, vengono programmati con l' obiettivo specifico di avere, come in questo caso, comportamenti collaborativi. Gli umani sono invece infinitamente più complessi. Nell' interazione sociale hanno molti più obiettivi, difficilmente sono neutrali rispetto ai membri del team con cui dovrebbero collaborare. E, infine, percepiscono molti più segnali e sfumature, oltre a quelli verbali, come l' espressione di chi sta di fronte o il tono della voce. È vero, l'uomo è molto più fine e complesso, ma per una volta, come in questo caso le macchine si sono mostrate migliori di noi; esse non si lasciano accecare da sentimenti di rivalsa o competizione, ma collaborano, cooperano insieme per raggiungere al meglio un obiettivo.
lunedì 17 aprile 2017
Proposta di matrimonio fuori sal mondo
È risaputo che una proposta di matrimonio non deve essere mai banale. Accuratamente si deve scegliere il momento, il luogo e la data significativa giusta, insomma ci si deve pensare un po' su e cercare di stupire per poi farla accettare alla propria amata. Ebbene, Erik Rasmissen, un ragazzo dell' Oregon, si è davvero superato. Lui infatti ha affidato la sua richiesta di matrimonio ad un orsetto di peluche bianco con un grande cuore rosso lanciato ai confini dell' atmosfera terrestre a bordo di un pallone sonda. Alle sue spalle, la sagoma della Terra che si staglia sul nero profondo dello spazio, e in primo piano un bigliettino ironico:" Amy, sei davvero fuori dal mondo! Vuoi sposarmi?" Naturalmente l' impresa si è conclusa con un meritatissimo sì, anche perché con la modica somma di 500 dollari, il ragazzo non solo ha conquistato la sua amata, ma ha contribuito a finanziare il progetto " Earth to sky calculus" con cui giovani studenti californiani lanciano palloni sonda per monitorare gli effetti delle radiazioni cosmiche sull' atmosfera terrestre e per cercare nuove forme di vita nella regione più esterna, quella della stratosfera. Per sostenere le spese dei lanci, che avvengono quasi settimanalmente, i ragazzi mettono a disposizione i loro palloncini per trasportare oggetti e messaggi di ogni tipo, dietro il pagamento di piccoli compensi economici. Erik ha deciso di provarci per rendere unica la sua proposta di matrimonio ad Amy, come racconta sul sito "Spacewheater.com". "Le ho chiesto di chiudere gli occhi mentre facevo apparire l' immagine sullo schermo della tv. Quando tutto era pronto, mi sono messo in ginocchio con l' anello in mano e le ho detto di aprire gli occhi. Mentre iniziava a realizzare quello che stava accadendo" le ho chiesto di sposarmi. L' immagine dei peluche ai confini del mondo ha fatto subito colpi: è apparsa entusiasta e molto impressionata dagli sforzi che abbiamo fatto per questa propo2. E, a proposito, ha detto sì". Qualcuno pensa che il romanticismo, sia qualcosa di antiquato, addirittura superato invece arriva dallo spazio l' ultimo futuristico esempio di quanto sia sempre gradito.
La rivoluzione dei sensi: gli odori possono essere toccati
Non ci avevano mai pensato eppure gli odori possono essere toccati. Almeno questo è quanto dimostra una ricerca condotta da studiosi dell' Istituto di Chimica Biomolecolare del Cnr di Pozzuoli (Icb- Cnr) su invertebrati marini. Lo studio è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences e dimostra come alcuni piccoli invertebrati marini hanno la necessità di toccare determinate sostanze con la bocca per percepirne l' odore. Una scoperta che fa sorgere delle diverse crepe sulla tradizionale distinzione tra i sensi dell' olfatto e del gusto, basata sui criteri spaziali. Tradizionalmente, infatti, l' olfatto è considerato un senso "a distanza" mentre il gusto è trattato come senso "per contatto". Si tratta però di una distinzione basata prevalentemente sulle percezioni umane, che in passato è stata sottoposta a forti critiche, per esempio in un articolo pubblicato nel 2014 sulla rivista Frontiers in Chemistry. Invece il team partenopeo è partito dallo studio di due invertebrati del Mediterraneo. L' alcianaceo Maasella edwardsi e il mollusco nudibranco Tritania striata, isolando alcune sostanze volatili e insolubili in acqua, che sulla Terra, contribuiscono ad aromatizzare spezie come la curcuma e la mirra. Queste sostanze svolgono anche un ruolo difensivo, in quanto rendono " disgustosi" gli animali che le contengono, proteggendoli così dai possibili attacchi dei predatori. "Lo studio ha mostrato che le sostanze devono essere toccate dalle parti boccali chemiosensoriali di pesci e crostacei perché essi possono riconoscerne l' odore come segnale di non commestibilita', spiega Ernesto Mollo del Icb-Cnr". Si è osservato che l' avversario a tali odori è rinforzato dalla memoria di effetti tossici sia in un gambero che in un zebrofish, un modello di vertebrato acquatico che solitamente viene utilizzato per esami eco-tossicologici. Entrambi gli animali, infatti, imparano ad evitare gli odori associati a esperienze negative, apprendimento evitativo. Durante l' esperimento gli animali hanno avvertito la presenza di certi elementi solo dopo aver ripetutamente toccato il cibo con la bocca, che ha funzionato quindi come un vero e proprio naso. "Questo fatto implica che sostanze odorose tipicamente trasportate dall' aria fino a penetrare nel naso di animali terrestri, vengono invece direttamente a contatto con i ricettori olfattivi di organismi acquatici" aggiunge Mollo. "Di conseguenza, alla luce dei nostri risultati le parole olfatto e gusto perdono il loro significato tradizionale basato sui criteri spaziali". È la prima volta che si osserva una forma " tattile" di olfatto, la ricerca potrebbe preludere a una ridefinizione dei sensi chimici, basata sulle sostanze e sui ricettori coinvolti nella percezione sensoriale, invece che sulla loro portata a distanza. Pensandoci, potrebbe essere...d'altronde i sensi sensoriali sono 5, come le dita di una mano, e proprio come essa, funzionano in sincrono per ottenere un movimento finale ottimale.
domenica 16 aprile 2017
Hope, il diamante maledetto
È forse il più famoso diamante al mondo, noto anche come di Blu di Francia. Hope, la gemma la cui sterminata bellezza e deturpata dalla fama di essere portatrice di morte e sfortuna. Nel corso della sua lunga storia, molti dei possessori sono caduti vittima della " maledizione" che segue il diamante, morendo per mano altrui, di malattie o suicidi, e tutti gli altri che il diamante ha rovinato economicamente nel corso dei secoli. Anche se in tanti ritengono queste storie, solo superstizioni, molti sono i dubbi che sorgono constatando l ' alto numero di persone che hanno visto la loro fine dopo essere entrati in possesso del diamante. La pietra preziosa si formò circa 1,1 miliardi di anni fa nelle profondità della Terra. Secondo la leggenda, la sua prima vittima fu un sacerdote indù che nel 1515 lo rubò dal suo tempuo, finendo catturato e torturato, fino alla morte. Un' altra versione vide come protagonista il mercante francese Jean- Baptiste Tavernier che lo disincastono' dall' occhio della statua Ramasistra, la quale maledisse il gioiello, e che lo vendette per una somma di denaro sufficiente per l' acquisto di una tenuta in cui passare la vecchiaia. Però a causa della maledizione, il figlio di Tavernier si giocò tutto il patrimonio familiare e il padre morì in Russia tentando di tornare sulla Via dell' Indie. Più tardi, furono altri proprietari del diamante Luigi XIV e Luigi XV, che sebbene morirono in un' età media per l' epoca (74 e 67 anni), lo fecero attraverso atroci sofferenze; uno per una cancrena al piede e l' altro per il vaiolo, che portò il suo corpo a decomporsi mentre era ancora in vita. La pietra preziosa, fu poi donato alla Principessa Maria Luisa, che lo indossò regolarmente prima della morte, avvenuta in modo violento durante le stragi del 1792, fu infatti violentata e picchiata a morte per la strada. Di Luigi XVI e sua moglie Maria Antonietta, successivi proprietari, è stra- risaputo che furono ghigliottinati durante la Rivoluzione Francese nel 1793. Anche se senza prove certe, si dice che pure Caterina la Grande di Russia entrò in possesso di Hope appena prima di morire per apoplessia nel 1796. Il gioiello fu esportato quindi in Gran Bretagna. Qui, nel 1830 Lord Henry Thomas Hope diede il nome alla pietra e la fece tagliare all' attuale dimensione di 45,5 carati. Egli pagò il diamante 30.000 pound, una cifra spropositata per l' epoca, ma fini' per separarsi dalla moglie che cadde pure in disgrazia. Affrettatosi a liberarsi della pietra, la vendette al Principe russo Konitowskij, il quale fu trucidato dai rivoluzionari russi e uccise, prima di morire, la ballerina a cui aveva donato il prezioso. Poi, fu la volta di Simon Matharides, mercante greco che acquistò la pietra sulla carta e finì in un burrone prima ancora di averlo potuto stringere tra le mani. Dopo, il Blu di Francia fu acquistato dal Sultano Abdul Hamid per 400,00 $ ma venne deposto dalla Rivoluzione Turca un anno dopo, impazzi' e finì i suoi giorni in miseria. Nel 1910 Pierre Cartier acquistò la pietra del successore del sultano e la vendette a Edward Beale McLean, il proprietario del Washington Post. La maledizione della pietra si accani' contro la famiglia americana. Morirono la madre del proprietario, il figlio di 10 anni investito da una macchina, la figlia suicida, due cameriere a alla fine si separarono pure i coniugi. L' uomo divenne un alcolista e finì in miseria, la moglie che conservò il gioiello morì di polmonite a 60 anni. L' ultimo proprietario del gioiello fu Henry Winston che donò la pietra allo Smith Sonian nel 1958, dove è a tutt' oggi custodita. La scia di morte portata dal diamante è di circa 20 persone, escludendo gli altri personaggi coinvolti in supposizioni e leggende. Per essere solo una leggenda nata dal fatto cge il diamante sia stato maledetto in quanto rubato alla statua è davvero una storia affascinante. A monito di quanto, a volte la troppa bellezza sia anche pericolosa.
L' intelligenza artificiale conserva i pregiudizi dell' uomo
Secondo uno studio di ricercatori americani pubblicato su Science, i sistemi d' intelligenza artificiale, quando imparano il linguaggio da testi scritti, eredirano dall' uomo anche i pregiudizi. Si evince che il linguaggio è intimamente intrecciato a pregiudizi storici e stereotipi culturali, e potranno essere utili per comprendere ancora meglio la natura dei pregiudizi nell' uomo. Il gruppo di ricerca dell'Università di Princeton, guidato da Aylin Caliskan inizialmente si è avvalso per valutare il livello di preconcetti negli esseri umani di un apposito test, detto implicit association test (Iat), in cui si chiede ai soggetti di associare due concetti che trovano simili. Dai loro tempi di risposta è possibile capire quanto ogni accostamento viene fatto accuratamente. Lo stesso principio di base è stato usato per misurare la presenza di pregiudizi nei sistemi artificiali che hanno appreso il linguaggio da testi umani. È stato messo a punto un test simile basato sulle associazioni tra parole che anziché considerare il tempo di risposta, è stato valutato statisticamente il numero di associazioni, analizzando circa 2,2 milioni di parole. I risultati inequivocabili della ricerca svelano che le macchine conservano i pregiudizi dell' uomo. Una ricerca precedente sui pregiudizi, per esempio, aveva dimostrato che lo stesso curriculum vitae ha il 50% di possibili selezionati se il nome del candidato è americano o europeo, piuttosto che afroamericano. Analogamente, i sistemi d'intelligenza artificiale hanno associato più facilmente nomi americani o europei a concetti piacevoli per esempio per quanto riguarda il sostantivo "felice". Inoltre anche le macchine hanno dei pregiudizi di genere, infatti le parole legate al sesso femminile come donna o ragazza, sono state associate alle arti mentre quelle riferite alla matematica agli uomini. Concorde con i risultati di questa ricerca lo psicologo sociale Anthony Greenwald, dell' Università di Washington che in un articolo di commento pubblicato su Science, ribadisce che questi risultati potrebbero essere sfruttati per indirizzare e comprendere ancora meglio i pregiudizi dell'uomo, che tra l' altro, riesce a trasmettere anche alle macchine ( cose senza anima) , sarebbe meglio insegnare agli uomini a cercare di non avere e di non pensare sempre per via di preconcetti o frasi fatte, e cercare di ascoltare e farsi sempre stupire dalla meravigliosa variabilità dell' essere umano.
sabato 15 aprile 2017
La prima cabina telefonica del fututo
È stata installata in piazza Beccaria a Firenze il Totem Tim City Link, la prima cabina telefonica del futuro. Una cabina dotata di schermo touch, invece dell' antiquato telefono fisico, e da esso si potranno consultare autobus ed eventi, prenotare un taxi, collegare la batteria dello smartphone e navigare gratis per un' ora al giorno. Questa avveniristica cabina si promette di soppiantare le altre 20mila vecchie cabine vintage ancora in uso in tutta Italia. Infatti da Firenze che fa da città pilota per l' uso della Tim City Link, la cabina verrà esportata in tutte le altre città italiane. Nella città fiorentina è stato presentato in anteprima nazionale dall' assessore comunale all' innovazione Lorenzo Perra e da Mario Sanza responsabile Sales Consumer e Small Enterprise di Tim. Il progetto in effetti è nato proprio da una collaborazione di Tim e Palazzo Vecchio e sempre in questa città nei prossimi mesi verrà installata anche un' altra delle nuove cabine 2.0 . Il Tim City Link è stato realizzato con il contributo tecnologico di Ericsson. Si può chiamare direttamente dalla cabina in vivavoce o con l' auricolare, oppure dal proprio smartphone scaricando un' app. Le telefonate hanno il costo di 1 euro ogni 6 minuti e sì può pagare con monete, carte oppure tramite la tecnologia Voip collegando la cabina con il proprio cellulare sempre attraverso un' app, che può essere scaricata da tutti i clienti, non solo quelli che hanno una scheda sim con la copertura in tutta la piazza. La City Link permette anche di prenotare e avere informazioni sui taxi o sugli autobus Ataf, conoscere in tempo reale gli eventi che avvengono in città, ricaricare la scheda o se si è a secco, anche la batteria. In questo caso si può connettere il cellulare tramite wireless, per i modelli abilitati oppure con il cavo USB e costa 1 euro ogni 25 minuti di ricarica. Il wi-fi è invece gratuito e consente di navigare per 1 ora ad alta velocità dal proprio smartphone in tutta la zona di piazza Beccaria. Le nuove postazioni sono anche predisposte per servizi di videosorveglianza per la sicurezza della città mentre le chiamate SOS sono gratuite. Secondo l' assessore Perra:" La cabina del futuro diventa contemporanea. Adesso non solo si telefona ma si fanno tutte quelle cose che si possono fare al computer o a casa. Quindi fare quello che non si fa quando non si ha un computer davanti o una rete. Questa è la prima in Italia ma ne sono previste anche altre". E, orgoglioso, aggiunge Marco Sanza della Tim:"Siamo contenti che questa prima installazione in Italia avvenga qui a Firenze che è una città da ino straordinario passato ma molto aperta all' innovazione, al futuro e alla digitalizzazione. Siamo convinti che cittadini e turisti possano apprezzare i servizi innovativi di cui potranno fruire". In effetti, con la cabina telefonica Tim City Link, il futuro è già contemporaneità e le nuove idee si amalgamano perfettamente con la gloriosa storia del passato.
venerdì 14 aprile 2017
Sembro un chirurgo
In tutto il mondo, centinaia di chirurghe hanno ricreato la copertina del giornale New Yorker, facendosi fotografare a lavoro con tanto di camice,cuffietta e mascherina. Attraverso l' hashtag #ILookLikeASurgeon, sembro un chirurgo, cercano di combattere gli stereotipi di genere a dimostrazione che la chirurgia non è un mondo dominato da uomini, ma ha anche un volto femminile. La cover, pubblicata ad inizio Aprile dal magazine americano, ha catturato l' attenzione della dottoressa Susan Pitt, specializzata in chirurgia endocrina alla University of Wisconsin. In quel momento si trovava al meeting annuale dell' American Association of Endocrine Surgeons, insieme ad altre colleghe ed è stato a quel punto che ha avuto l' idea di riprodurre l' immagine e di incoraggiare altre donne nel mondo a fare lo stesso. La foto è stata condivisa con l' hashtag # ILookLikeASurgeon, sembro un chirurgo, ed è stata pubblicata accanto alla copertina del New Yorker. La " sfida" ha ottenuto migliaia di consensi in più parti del mondo, così dal Brasile al Messico, dalla Turchia agli Stati Uniti, in centinaia hanno preso a scattare foto nelle sale operatorie, accanto alle proprie colleghe. Uno spaccato sulla quotidianità di molte donne per combattere l' idea di chi vede il mondo della chirurgia dominata dagli uomini. Orgogliosa dell' iniziativa, la dottoressa Pitt dichiara:" Spero che questo sia servito ad aprire gli occhi e le menti della gente sul fatto che una donna può essere un chirurgo o qualsiasi cosa voglia. Molte persone che hanno preso parte alla challenge hanno detto di averlo fatto per insegnare alle proprie figlie che possono essere tutto ciò che vogliono". E chissà cosa pensa di questa iniziativa la dottoressa Alla Ilynichna Levushkina, la chirurga più anziana del mondo. Lei che a dispetto delle sembianze docili di una bionda nonnina, è un chirurgo di prim'ordine e a ben 89 anni suonati, opera ancora 4giorni alla settimana all' Ospedale di Ryazan, nella zona sud- ovest di Mosca. Altro che sesso debole, le donne sanno farsi valere in ogni campo, gli uomini sono avvertiti...dal momento che potrebbero ritrovarsele come abilissime chirurghe con bisturi e coltellino in mano!
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