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mercoledì 26 aprile 2017
Federica Bertocchini scopre il bruco che mangia la plastica
Una biologa italiana che lavora al Cnr spagnolo ha scoperto il bruco che mangia la plastica. Una scoperta avvenuta per caso. Federica ha l' hobby dell' apicoltura e l' abitudine di tenere in inverno, gli alveari vuoti in casa. Nel tirarli fuori per la primavera, si è accorta che questi erano pieni di bachi "della cera". Quindi, per fare pulizia, li ha buttati in una borsa di plastica. Qualche ora dopo li ha visti proliferarsi e aver divorato la borsa di plastica. Così ha scoperto questo bruco dall' aspetto innocuo ma assai vorace di quella sostanza, il polietilene (PE) di cui (ab)usiamo ogni giorno e rappresenta poi un gravissimo problema per lo smaltimento. La soluzione ecologica al 100% potrebbe proprio essere la larva della Galleria mellonella, detta tarma della cera per la sua propensione a cibarsi dei favi. E la clamorosa scoperta si deve appunto alla biologa italiana Federica Bertocchini, ricercatrice in biologia molecolare all'Istituto di Biomedicina di Cantabria, a Santander. "Io in realtà mi occupo fi biologia dello sviluppo: studio gli embrioni. La scoperta del bruco mangia plastica è avvenuta per caso". La sua ricerca è stata pubblicata su Current Biology insieme a Paolo Bombelli e a Chris Howe, entrambi biochimici dell'Università di Cambridge. "Paolo ed io ci eravamo conosciuti quando facevamo ricerca allo University College of London, e abbiamo sempre avuto un interesse comune per la biodegradazione delle sostanze inquinanti, in particolare la plastica, dannosa per gli animali e al tempo stesso insostituibile in biomedicina, elettronica, industria alimentare. Così dopo il momento "Eureka!" davanti alla busta distrutta, gli ho chiesto di partecipare alla ricerca". Ma come fanno i bruchi della Galleria Mellonella a mangiare la plastica? " Sono animali che si cibano della cera d'api. E la cera è un ricco complesso di molecole diverse, che però contiene un legame analogo a quello che sostiene la robusta struttura molecolare del polietilene: una catena di atomi di carbonio che si ripete", spiega la biologa. "Quindi, dal punto di vista evolutivo, ha senso che il baco riesca a nutrirsi di plastica. Il meccanismo metabolico sarà oggetto di un prossimo studio. Per ora, con i nostri esperimenti abbiamo capito che la degradazione della plastica non avviene solo per la semplice azione masticatoria, e quindi meccanica del baco, ma proprio per un processo chimico. Abbiamo infatti spalmato sul polietilene un impasto di Galleria Mellonella, notando che la degradazione ha luogo". Aggiunge la dottoressa Bertocchini. Prossimamente, da un analisi chimica più approfondita si potrà scoprire l' enzima o il batterio antiplastica nascosto nel sistema digestivo del vermetto. Poi, magari sì potrà usarlo per realizzare una sorta di discarica ecosostenibile. Che venga proprio dalla voracità di questa larva l' aiuto a smaltire il trilione di borse di plastica che usiamo ogni giorno, o per far scomparire le isole di plastica in mezzo agli oceani. È incredibile, come ancora una volta, da sola, la natura, debba trovare rimedio per non farsi distruggere.
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