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mercoledì 12 aprile 2017
Al Festival del giornalismo, i genitori di Regeni:" Cambridge rompa il silenzio"
A Perugia si è concluso l' undicesimo Festival del giornalismo. La chiusura è stata dedicata al documentario firmato Carlo Bonini e Giuliano Foschini, scritto da Diana Lagorio, intitolato " Nove giorni al Cairo" che parla degli ultimi giorni di vita del ricercatore italiano. Dalla sala strapiena sono partiti applausi scroscianti che oltre a essere un caloroso abbraccio per i genitori, mamma Paola e papà Claudio, sono stati un lungo appello affinché sia fatta luce sulla verità. Dopo oltre 17 articoli pubblicati in un solo ano, dopo una battaglia che ha visto vacillare importanti accordi diplomatici tra Italia ed Egitto e la battaglia, sterminata, affinché non fosse buttato altro fango su questa vicenda, la Repubblica chiude la serata clou della rappresentazione con il suo lungometraggio, il docufilm sul terribile martirio subito da Giulio Regeni. Bonini va giù duro:" L' Egitto ha mentito" e lo dice guardando la platea internazionale del Festival, aggiungendo un altro carico:" Non è stato solo ucciso. È stato torturato". Finalmente è cominciata a fioccare qualche sentenza, per una storia che ha raggiunto vergognosi livelli di inquinamento, come se fosse possibile sorvolare su una barbarie simile, spacciata in un primo momento per una storia di droga, poi sentimentale, poi di banale criminalità, con le morti collaterali di finti colpevoli ed altri infiniti modi di depistaggio. Sul palco oltre i genitori di Giulio, Bonini e Foschini, ci sono Alexander Stille e l' avvocatessa Alessandra Bollerina, una delle protagoniste in questa estenuante ricerca della verità. Naturalmente, in questa battaglia, in prima fila, c'è la madre di Giuli, Paola. La signora Regeni dopo aver esternato la sua emozione per essere presente in un contesto così significativo, fa un monito sull' invadenza di alcuni cronisti, anche italiani e sul fastidio che provava quando sentiva parlare di " caso Regeni", perché quello era suo figlio Giulio e non un Cado, inoltre sottolinea quanto pesi questa ribalta mai cercata e quanto coraggio ci vuole a pronunciare nella stessa frase le parole " Figlio" e " Tortura". La signora Paola continua a togliersi tutti i sassolini dala scarpa, fino all' ultimo, riservato per l'Università che ha spedito suo figlio al Cairo e che se lo è dimenticato troppo presto. " Cambridge rompa il silenzio", ripete la signora quasi a voler evidentemente ammonire i docenti britannici ritenuti altrettanto colpevoli. Ferma è anche la posizione del padre, Claudio," Sentiamo balenare l' intenzione di riaprire la nostra ambasciata al Cairo. Noi chiediamo che questo avvenga solo una volta accertata la verità, perché questo segnale fu determinante per eliminare alcuni ostacoli fino ad allora insormontabili". Nel film documentario proiettato quella sera, nel finale si sente "Il ragazzo è partito", dice la spia che incastra Giulio e lo manda alla morte. I colpevoli ci sono vanno inchiodati. Per rendere degna memoria a Giulio, questo che appunto era solo un ragazzo, sarebbe bello se le autorità, anche quelle britanniche, facessero innanzitutto un mea culpa e poi si adoperassero per assicurare i veri colpevoli alla giustizia.
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