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sabato 30 dicembre 2017

La felicità più forte del pessimismo, eccetto per l'Italia

Il Belpaese agli ultimi posti per speranza e prosperità economica. Il sondaggio mondiale Doxa rivela anche l'Europa in crisi.

Non solo la speranza è "l'ultima a morire" ma è anche più forte di ogni difficoltà, lo riprovano le oltre 52 mila interviste in 55 Paesi per l'annuale sondaggio mondiale di fine anno 2017, realizzati da Win e Gallup International, il più grande network mondiale di istituti di ricerca indipendenti, di cui Doxa è partner per l'Italia e socio fondatore, secondo cui: la felicità continua a dominare sul pessimismo e con essa le speranze di migliorare la propria condizione di vita.

La maggioranza della popolazione è felice in tutti i 55 Paesi coinvolti nella ricerca, mentre solo 32 Paesi sono pessimisti sulle loro prospettive economiche. L'Italia è la più pessimista dei Paesi esaminati, a causa dell'andamento economico, vede il suo futuro nero.

Il sondaggio rende noto che il 58% della popolazione mondiale dichiara di essere felice della propria vita (in calo rispetto al 68% dell'anno scorso), il 28% è né felice né infelice e l'11% non è felice. Il dato italiano della felicità è pari al 50%, in lieve rialzo rispetto al 2016 (+4%).

Gli autori del sondaggio dividono felici ed infelici in un indice, "Wet happiness", dato dalla differenza tra le percentuali delle due "classi", è pari a 48% a livello mondiale e 42% in Italia.

Emerge inoltre che i Paesi più felici sono: le Isole Fiji, Colombia e Filippine, seguite da Messico, Vietnam, Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Indonesia, India ed Argentina. Simile è anche il risultato che riguarda le prospettive economiche o di lavoro.

L'Europa risulta un po' sfiduciata e per quanto riguarda le prospettive di lavoro, proprio l'Italia detiene la maglia nera. Qui, sono in aumento coloro che prevedono un anno di difficoltà economica. Va un po' meglio per il parametro della felicità, diciamo che con "ottimismo" l'Italia può essere considerato un Paese tendenzialmente felice.

Invece, su scala mondiale i giovani under 35 sono mediamente il 15% più felici degli over 55, lo stesso si può dire per i più istruiti: i laureati sono il 13% più felici di coloro che hanno un livello d'istruzione base (scuola primaria). I più felici sono i giovani, i laureati e i cittadini con redditi più elevati.

Ciò è stato rilevato a livello generale, come se la felicità fosse più legata a questi fattori, a prescindere dal Paese in cui si vive.

Sicuramente il sentirsi bene dipende da diversi fattori, ma stando a questo sondaggio, sembra quasi che quel detto che recita: "i soldi non fanno la felicità, ma aiutano parecchio"...abbia proprio ragione.

Anche i robot quando sono sotto stress hanno paura

Proprio come gli uomini. Diventano anche più intelligenti, lo dice un test che parla italiano.

Si legge di intelligenza artificiale, ma indica tutto un  nuovo mondo sconfinato, pregno di sorprese. Recentemente è stato dimostrato che i robot sotto stress hanno paura, e in queste condizioni, proprio come l'uomo, diventano più intelligenti, perché le emozioni aguzzino l'ingegno.

Lo studio è partito proprio da una simulazione che ha osservato la nascita delle emozioni in un sistema di intelligenza artificiale. Ed è stato condotto dai ricercatori dell'Università Federico II di Napoli e dell'Università britannica di Plymouth. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plus One. 

Per cominciare i ricercatori hanno preso in esame il modo in cui, nel corso dell'evoluzione, gli animali hanno imparato a gestire la paura e a prendere le giuste decisioni in situazioni di stress, i ricercatori hanno riprodotto in un sistema di intelligenza artificiale una condizione analoga a quella di un animale che rischia di incontrare predatori mentre esplora un territorio alla ricerca di cibo. Ispirato ai circuiti neurali del cervello umano, il sistema ha permesso di osservare come si evolve la capacità di gestire situazioni rischiose in una popolazione di robot virtuali.

Si è osservato che per reagire a uno stimolo pericoloso, il sistema di intelligenza artificiale sceglie di evitare il rischio, 
elaborando un comportamento di allontanamento: "È un comportamento primordiale associato alla paura e che emerge in automatico sia negli animali che nell' uomo". Commenta Orazio Miglino, dirigente del Laboratorio Natural and Artificial Cognition (Nac) dell'Università Federico II.

Inoltre "nell'uomo c'è anche una seconda fase di elaborazione per capire cosa sia successo. Diciamo che i nostri robot si formano alla prima risposta". 

Sono delle scoperte interessanti poiché come ha rilevato pure Daniela Polella, del Nac e dell'Università di Plymouth: "Le emozioni sono fortemente connesse a memoria, decisioni e motivazione". Quindi non solo si potrebbero ottenere robot più intelligenti, ma capire anche meglio il comportamento umano.

Più si va avanti nelle ricerche sull'intelligenza artificiale e più si scopre quanto le "macchine" si stiano umanizzando, peccato che di contro, più si va avanti e più  si scopre che invece gli uomini stiano diventando scatole di metallo.

venerdì 29 dicembre 2017

Sposa tradita vende l'abito nuziale su eBay e guadagna oltre 65mila euro

Samantha Wragg dopo essere stata tradita dal consorte decide di vendere l'abito da sposa su eBay e grazie all'esilarante descrizione, il guadagno lievita a dismisura.

Doveva essere solo un modo per cancellare l'ennesimo brutto ricordo legato al suo brevissimo matrimonio. Invece è stato un successo di solidarietà, consensi e soldini.

Pur sempre una consolazione, per Samantha Wragg 28enne inglese, che dopo aver visto tutti i suoi sogni infrangersi, ha deciso di prendere in mano la sua vita e di cancellare i brutti ricordi a partire proprio dall'abito da sposa.

Come tutte le sposine, ci aveva messo mesi a trovarlo, l'aveva notato fra centinaia e provato, ma alla fine quell'abito non le ha affatto portato fortuna. Perché dopo pochi mesi di matrimonio, Samantha ha scoperto che suo marito è un bugiardo ed un traditore. Così è arrivata ad odiare quel vestito che tanto le era piaciuto e da qui la scelta di sbarazzarsene. Come tutto ciò che le ricordava il marito e il giorno del loro sì.

Decide quindi di metterlo in vendita su eBay e grazie ad un'esilarante descrizione riesce a guadagnarci sopra 66 mila sterline, sebbene lei, quel vestito da sposa, l'aveva pagato solo 2 mila.

Oltre alla solita descrizione del capo, composto di coroncina, velo lungo, bottoncini sulla schiena e pizzo, Samantha ha accompagnato la foto dell'abito con questa descrizione: "Abito avorio, in stile Art Deco'. Ottima condizione, ma necessita di lavaggio a secco prima di indossarlo, per liberarsi della puzza di tradimento".

Così ha postato la giovane , che si è scusata con gli utenti per via delle poche foto. Poiché dopo che ha scoperto di essere stata tradita ha deciso di distruggere tutte le cose che la potessero ancora legare al gran giorno, comprese le foto del matrimonio.
Le uniche rimaste sono state pubblicate su eBay e usate per rivendere l'abito da sposa. "Se vuoi un vestito pieno di cattivi ricordi e speranze e sogni infranti, questo è cio che fa per te" ha commentato Samantha nella didascalia alle immagini.

L'abito è andato a ruba ed in poco tempo è stato venduto, partendo da un'offerta minima di 500 sterline per arrivare a 66 mila.

Cifra che ora la giovane sposa tradita userà per pagare le spese del divorzio e cancellare per sempre il ricordo di quel consorte  che tanto l'ha fatta soffrire.

Non si sa chi sia stata la scaramantica e coraggiosa ragazza che ha ricomprato l'abito di Samantha. Sicuramente tutte noi le auguriamo una maggiore fortuna nella scelta del marito e una lunga vita di coppia in felicità.


Da "Ruben" si mangia ad 1 euro insieme ai poveri

Aperto a Milano il ristorante solidale che pensa al reinserimento lavorativo.

Il "Ruben" di Milano è sicuramente il ristorante dell'anno. È un ristorante solidale aperto dall'ex presidente dell'Inter Ernesto Pellegrini, in memoria dell'amico d'infanzia, morto in povertà dopo aver perso il lavoro.

Questa non è la solita mensa per persone meno avvantaggiate. Categoricamente il patron e sua figlia Valentina volevano qualcosa di diverso, un posto rivolto ai nuovi poveri, come i padri separati, i disoccupati o famiglie intere precipitate nella povertà a causa di un momento di crisi. Come dichiara Valentina Pellegrini, vicepresidente della Fondazione che porta il nome della sua famiglia: "Persone che non sono abituate a chiedere aiuto o a elemosinare un pasto, ma non per questo meno bisognose".

Idee materializzate nel progetto "Ruben", che occupa i locali dell'elegante ex mensa aziendale della Pellegrini, in via Gonin. Qui cenano dal lunedì al sabato circa 350 persone, fra cui novanta bambini. Solitamente gli propongono fra 2 o 3 menù, comprensivi di primo al dolce, e consumato il pasto si paga il conto: 1 euro a persona, gratis per i ragazzi.

"Fra i commensali ci sono 300 famiglie intere e questo è il nostro orgoglio". Da qualche settimana i più piccoli possono anche giocare e fare laboratori nei locali dell' adiace asilo privato "Happy Child", che ha sposato la filosofia del ristorante.

Altra peculiarità del Ruben che in tutto è "seguito" da cento volontari, è quella di essere diventato un centro per il reinserimento lavorativo. Così sono nati due nuovi progetti. Giuseppe Orsi, consigliere d'amministrazione a carica dei nuovi progetti, spiega: "Sognavamo un ristorante per il cuore. Quasi il 60% dei nostri commensali ha dai 25 ai 60 anni. Vogliamo aiutarli a ripartire, la figura dell'uomo lavoratore deve tornare al centro dell'attività di supporto sociale, è una sfida culturale".

Così dall'8 Gennaio, quattro "ospiti" fissi del ristorante lavoreranno con regolare lettera di assunzione, alla ristrutturazione di cinque appartamenti popolari del Comune di Milano. Ma Ruben oltre a fare sistema è anche oggetto di studio dell'Università Bicocca che sta studiando per cercare di confinare scientificamente le cause del disagio, con l'obiettivo di prevenirlo o intervenire in modo più efficace e anche meno oneroso.

Insomma a Milano c'è un nuovo amico, sempre aperto per i più bisognosi e chi fosse interessato a capire o condividere la loro  momentanea condizione. L'appuntamento è da Ruben, anche solo per consumare un ottimo pranzo.

giovedì 28 dicembre 2017

Crea ditali e gioielli d'argento "contro ciò che punge nella vita"

Un'imprenditrice del Monferrato crea una sua linea di gioielli con uno staff tutto al femminile e 1 euro devoluto in beneficenza per ogni bracciale venduto.

Forse è l'azienda dove tutti vorrebbero lavorare. Il posto di lavoro nascosto nella facciata di uno stabile che è una via di mezzo tra un cottage e una villetta di quelle rappresentate nei libri delle favole. Questa è la sede di Keep Out, brand di gioielli dove lavorano Stefania Gagliardone e le sue 13 ragazze.

L'azienda è ubicata vicino al Castello di Casale Monferrato e più che un marchio per la produzione, lancia un messaggio d'amore e protezione:  "Lascia lontano ciò che ti punge della vita".

Artefice di questo brand, che affonda le sue radici storiche in un'antica tradizione dell'America Latina, è Stefania Gagliardone, 43 anni, esperta in pietre preziose. Lei, la proprietaria dell'azienda spiega: "La mia professione mi ha portato a viaggiare molto. Ero a Parigi, quando una cliente argentina cui avevo regalato un bracciale con delle sfere di legno con attaccato un ditale, mi chiese se avevo origini sudamericane. Io ho risposto che era un omaggio a mia mamma Marilena, ma ho poi scoperto che dall'altra parte del mondo questo piccolo oggetto da cucito si legava ad una leggenda unica". 

L'imprenditrice è volata a Buenos Aires dove c'è addirittura un museo dedicato al ditale. Là ha toccato con mano la forza di quel portafortuna che viene donato dalle nonne alle figlie, tramandato di generazione in generazione. 

"Ce ne sono ovunque nelle casa, di ogni forma e materiale: quello che viene regalato, però, deve essere d'argento. Prima di lanciarmi in un'avventura imprenditoriale, ho verificato che questo oggetto, che esiste da 4000 anni, fosse libero da esclusiva e, dopo aver saputo che una coppia di francesi, oggi 95enni, ne aveva preso il monopolio senza commercializzare alcun brand, ho avuto la procura per rappresentarli ed ecco Keep Out". 

Società che ha aperto i battenti il 26 settembre 2014 e da allora, produce bracciali, collane, orecchini ed anelli interamente lavorati a mano. Quest'anno il fatturato chiudeva con un volume di affari di 700.000 euro. Dopo il primo puno vendita a Novi, il prossimo febbraio ne verrà inaugurato un altro a Roma. Ma la parte più importante è quella giocata dal web. Perché, per ogni Keep Out acquistato, 1 euro va alla onlus Vitas di Casale che si occupa dell'assistenza domiciliare ai malati di cancro in fase avanzata. 

Le nonne, siano esse sudamericane o italiane, sanno sempre cosa è bene regalare alle nipoti. Ecco perché il ditale d'argento più che un oggetto prezioso è un talismano " contro ciò che punge della vita".

Perde il lavoro, decide di girare l'Italia a piedi

Micheal Zani ritorna a casa dopo aver girato la Penisola a piedi: "Questo viaggio mi ha cambiato".

Solitamente quando si perde un lavoro, l'angoscia più grande che sopravviene  è quella della mancanza dei soldi. Invece, Micheal Zani, un ragazzo come tanti, dopo aver perso il lavoro ha deciso di attraversare la penisola a piedi con 5 euro al giorno. Questi sono bastati a percorrere 5 mila chilometri in otto mesi esatti, dimostrando che si può benissimo "vivere" senza il superfluo.

Il viaggio intrapreso da Micheal quindi resterà per sempre nelle gambe e nel cuore del ragazzo. Dal 22 Aprile ha camminato per città e pasesini, villaggi e strade di montagne, non si è mai fermato in un hotel o in un ristorante, non ha mai preso un treno o un aereo. Ha percorso tutti questi chilometri a piedi, con l'unica regola di spendere al massimo 5 euro al giorno.

Così è stato. Alla Vigilia di Natale è ritornato a casa a Pieve Vergata. Racconta: "Non so come descrivere quello che ho vissuto, mi sento un altra persona. Promessa mantenuta".

E davvero deve essere stata un'esperienza unica. Indimenticabile. Non il solito colpo di testa dettato da un capriccio,  ma un'insolita sfida per un ragazzo, appena 23 enne, che rimasto senza lavoro ha deciso di mettersi in gioco. Così, il comfort che gli poteva offrire una camera da letto sicura è stato dato da cabine da spiaggia, grotte, il cielo stellato e persino un campanile. Sebbene il più delle volte, Micheal sia stato accolto in case, conventi, parrocchie e bed & breakfast grazie alla generosità di chi ha incontrato sul suo cammino. 

Le persone, secondo il suo racconto, sono state più ospitali al Sud che al Nord,  e man mano che si diffondeva la notizia del viaggio- sfida, dai social arrivavano messaggi d'incoraggiamento ed inviti per pernottare. Diverse sono state le persone che volontariamente e gratuitamente  gli hanno teso una mano, tanto che lui stesso riporta: "La tenda che portavo con me è servita poche volte".

Anche le esperienze più negative, come può essere quella della perdita di un lavoro, si possono trasformare in  occasioni positive di cambiamento. Inoltre anche un piccolo intoppo può essere la molla per far intraprendere meravigliosi viaggi di scoperta,  nuove realtà, che stanno lì pronte per essere colte.


mercoledì 27 dicembre 2017

La camera da letto su due ruote più piccola del mondo

In Giordania si può pernottare nella camera da letto su due ruote più piccola del mondo.

Finora si era sentito parlare di hotel più piccolo del mondo. Il record se lo contendono due strutture europee: il Central Hotel & Cafè di Copenaghen e l'Eh House di Ambery. Spunta a sorpresa la Giordania, il terzo contendente al podio. Infatti, l'insolito primato potrebbe andare ad una camera da letto ricavata all'interno di un maggiolino Volkswagen d'epoca.

L'abitacolo interno della vettura è stato completamente rimosso per permettere di poggiare un materasso sul pianale. Per tutto il resto c'è una tenda beduina, dove gli ospiti possono fare il check-in, colazione o andare in bagno. La macchina è stata preparata ad hoc per essere l'alcova di due piccioncini, sebbene in effetti dentro vi si possa a mala a pena stare seduti.

La vettura appartiene a Mohammed Al- Malahim che l'affitta per 40 dinari a notte, circa 35 euro. Il prezzo comprende l'utilizzo del minifrigo in camera, del wi-fi e di due biciclette, oltre che alla colazione tipica.

L'auto è stata decorata sia internamente che esternamente con tessuti e cuscini ricamati a mano. Unica anche la vista poiché la vettura- camera da letto è parcheggiata ai piedi del sito archeologico del Castello di Montreal, a Shobak, vicino al villaggio di Al Joya.

Il business di questo "albergo" e' cominciato nel 2011, data ufficiale dell'apertura della suite su due ruote che "permette di dormire in uno dei paesaggi più belli della nostra regione". D'allora è un crescendo di consensi e di pubblicità, galoppate tramite il passaparola e i commenti positivi postati dai suoi ospiti in rete.

Grazie a questo "alberghetto", la zona ora fa parte della mappa del turismo locale. Diciamo che il maggiolino ha avuro la fortuna a parcheggiarsi davanti ad uno dei siri più belli della Giordania.

Altro che "Maggiolino parlante", questo del signor Al- Malahim fa sognare! I visitatori e ancora di più gli incassi del fortunato proprietario.


Vuole farsi suora, padre e fratello la narcotizzano e sequestrano

Sorpresi in extremis dalla polizia mentre stavano tentando di caricarla sull'auto per riportarla ad Avellino.

Sembra la trama di un vecchio film in bianco e nero. Invece questa vicenda che ha dell'incredibile è accaduta pochi giorni fa a Milano. Padre e figlio tentano di rapire la rispettiva figlia e sorella che voleva farsi suora. Al "sequestro" ha partecipato anche la madre della giovane, una 52 enne, che ha somministrato il sonnifero e per questo ora risulta solo indagata.

Tutto è accaduto nel pomeriggio del 22 Dicembre, a Bovisa, in via Fra Giovanni Pantaleo. La 25 enne è stata stordita e narcotizzata con un sonnifero per essere caricata sull'auto che l'avrebbe riportata ad Avellino, suo paese d'origine. Ma il sonnifero ci ha messo un po' a fare effetto così la giovane ha cominciato ad urlare e divincolarsi, attirando così l'attenzione dei passanti che hanno tempestivamente chiamato le Forze dell'Ordine.

Sul luogo è prontamente arrivata la volante del commissariato Comosina ed hanno soccorso la ragazza. Gli agenti ci hanno messo un po' per capire cosa realmente stesse accadendo e ci sono volute ore per ricostruire l'intera vicenda che si è poi conclusa con l'arresto del padre C. D. P, 59 anni, e il figlio N. D. P di 28 anni, per sequestro di persona.

L'arresto è stato convalidato il giorno successivo su richiesta del Sostituto Procuratore David Monti. A scatenare l'intezione dei due familiari è stata proprio la volontà della ragazza di farsi suora. Una scelta alla quale i familiari si sono opposti in tutti i modi fino ad arrivare alla discutibile scelta di rapire la ragazza e riportarla nella lontana città d'origine, per farla desistere.

Per questo i genitori della ragazza hanno narcotizzato la vittima con dei farmaci sonniferi, poi hanno cercato di trascinarla fino alla macchina, comprimendole la libertà di movimenti, come riportato dagli atti della Polizia. La ragazza è però riuscita ad urlare e attirare l'attenzione di alcuni passanti che hanno chiamato il 112. Poi l'intervento della volante e del commissariato di zona e l'arresto di padre e figlio in consegna.

Una storia che ha dell'assurdo e su cui ancora la Polizia del commissariato Comosina deve ancora far piena luce. Certo, alla fine del 2017 è davvero sconcertante che dei genitori cerchino di limitare le personali scelte di vita di una giovane.

sabato 23 dicembre 2017

30 anni ed è il più vecchio pupazzo di neve

Non si è mai sciolto, il suo nome è semplicemente Snowman ("pupazzo di neve") e in questi giorni compie 30 anni. È il più vecchio pupazzo di neve del mondo.

Niente parla di più dei nostri ricordi d'infanzia legati alla neve, quanto il pupazzo di neve. Al mondo ne esiste uno vecchissimo (per il suo genere) "ancora vivo", che non si è mai sciolto. A dispetto di quanto si possa supporre, non si trova in Groenlandia o in chissà quale lontanissima e glaciale isola artica o vicino ai poli, Snowman si trova nell'assolata California.  Viene custodito gelosamente nel Museo d'Arte Moderna di San Francisco, dove sarà in mostra fino al mese di Marzo del prossimo anno.

Il pupazzo di neve più longevo del mondo, deve le sue ottime condizioni di salute perché è un'opera d'arte ed in quanto tale è conservata in una teca refrigerata per non farla sciogliere. D'altronde essendo un'opera arte viene "trattata" come tale.

Fu realizzato nel 1987 dagli svizzeri Peter Fischli e David Weiss (deceduto nel 2012), per la centrale elettrica di Romerbrucke, in Germania.

In realtà Fischli e Weiss sono tra gli artisti moderni più noti della Confederazione Elvetica, hanno partecipato alla Biennale di Venezia nel 1995 e nel 2003, quando vinsero il Leone d'Oro. Le loro opere sono esposte nei principali musei d'arte moderna del mondo, come il Guggenheim di New York e la Tate Modern Gallery di Londra.

La particolarità che poi ha reso Snowman un'opera d'arte, risiede nel fatto che è la rappresentazione di un oggetto che non può sopravvivere senza l'aiuto della tecnologia moderna. Inoltre, cambiando la temperatura e l'umidità della teca refrigerata il pupazzo di neve cresce o si restringe.

Il duo svizzero tramite Snowman voleva far riflettere su come la nostra stessa esistenza è ormai legata al doppio filo della tecnologia, senza la quale oggi non possiamo più fare a meno.

Insomma, lo chiamano "pupazzo di neve", ma è tutt'altro che una cosa semplice o scontata. Snowman è uno specchio sulla condizione umana del momento. Sarà per questo che sempre meno si vedono persone o bambini che si mettono a mani nude a giocare e creare quindi con la neve un pupazzo. Lì non si può usare la tecnologia e allora Snowman ci ricorda pure che bisognerebbe ritornare alle origini. Quando da piccoli, maldestramente, creavamo delle opere d'arte. Ed era pure divertente!

Generazione IPhone: adolescenti solitari e depressi

Una ricerca accusa gli smartphone: i ragazzi snobbano anche le relazioni intime personali.

Non è un bel quadro quello mostrato da "IGen", saggio della psicologa Jean Twenge, docente alla San Diego University. Si parla di adolescenti solitari e depressi, una gioventù bruciata, talmente immersa nell'uso del telefonino da snobbare persino il sesso.

Twenge mettendo a confronto i dati degli ultimi 40 anni, scopre che i teenagers Usa sono più depressi e meno inseriti a scuola o a lavoro, dei loro genitori e nonni. Passano meno tempo con gli amici, nello studio, nello sport e trascurano perfino  il pomiciare o fare l'amore. Non si prendono la patente, non  vanno ballare. Aumentano invece i suicidi, quasi sempre preceduti dall'uso di droghe.

Un'insicurezza sociale che spesso genera aggressioni di bullismo e vittimismo paralizzante.  Le ragazze risultano più vulnerabili dei coetanei maschietti e ancor più facili prede.

La psicologa parla proprio di frustrazione e nevrosi negli adolescenti (generazione compresa fra 13 e 19 anni) e la colpa sarebbe da attribuire a cellulari, tablet e soprattutto IPhone (lanciato nel 2007) , e iPad (2010), che assorbono cervello, anima e cuore dei giovani, lasciandoli per ore, gusci vuoti a letto.

Come confessa una ragazza della "IGen": "Passo le giornate distesa, il materasso ha l'impronta del mio corpo". Rivelazioni un po' inquietanti ma vere, che fanno parte di tutta quella schiera di comportamenti assurdi che l'uso sfrenato del telefonino comporta. Persone che camminano per strada come automi perse negli schermi del proprio telefonino, ragazzi seduti "amabilmente" ad un tavolo che invece di chiacchierare tra loro giochicchiano con qualche aggeggio elettronico. Una passeggiata, una cena, una visita ad un parente, visibile in ogni città europea, sono tutte scene che confermano la medesima alienazione.

La situazione dei giovani è la stessa in ogni parte del mondo. Anche quando sono stati intervistati i giovani palestinesi della Striscia di Gaza, ostaggi di un conflitto senza soluzione e dove non c'è lavoro, scuola o sport, alla domanda "Come passate la giornata?"; la risposta è identica a quella dei californiani abbienti e viziati: "Curvi sullo smartphone". L'inchiesta di Jean Twenge conferma il trend, ricchi e poveri, cittadini e figli della campagna, i ragazzi IGen trascurano la famigla, amici, fidanzatini, chiesa, volontariato, smarriti nell'ossessiva solitudine del cellulare. Di essi, i più sfortunati si perdono nella malattia mentale e nel suicidio.

L'avvicinarsi delle feste può essere l'occasione giusta per spegnere i telefonini ed avvicinarsi un po' di più alle persone. Parlando, scambiandosi opinioni ed esperienze. Ritornare a quella comunicazione che aiuta a crescere.

venerdì 22 dicembre 2017

Viaggiare rende davvero felici, parola degli esperti

Secondo lo studio, è "felicità che dura". Cambiare luoghi, usanze, gesti volendo anche look e rituali, ridà ogni volta entusiasmo e libera sostanze nel nostro corpo capaci di riavviare il nostro cervello e quindi lo spirito.

Quante volte mentre viviamo una situazione particolarmente stressante, il primo pensiero che ci viene in mente per porre rimedio e ricaricare le batterie è proprio quello di viaggiare. E faremmo benissimo! Perché uno studio rivela che nei momenti di tristezza, il modo più giusto per tirarci su di morale è proprio questo: viaggiare. Meno efficaci sembrano invece essere l'acquisto si oggetti. Spendere i soldi per lo shopping ci distrae un pochino dalle motivazioni che ci hanno buttato giù. Ma, non appena l'articolo comprato perde del suo effetto di novità e di temporanea fuga dall'ordinario, tutto torna come prima.

Invece, secondo lo psicologo Thomas Gilovich, professore della Cornell University, spendere soldi per viaggiare rende felici. "Azioni quotidiane come prendere un caffè e camminare in centro o nella natura, fatte in contesti differenti e ascoltando dialetti o lingue non vocali, risvegliano la nostra anima e ci fanno sentire felici".

Non per forza si deve disporre di grandi cifre o chissà quanti giorni di ferie, è sufficiente recarsi in luoghi nuovi, anche insoliti, pure abbastanza vicino al proprio habitat e anche solo nel weekend o in giornata. Insomma basta cambiare aria per un po'.

Nuovi climi, strade, compagnie, provare qualche nuovo sport o locale, sono tutti comportamenti che sicuramente aiutano a dare una sferzata d'energia alle nostre vite e a vivacizzare, quindi, il quotidiano stesso.

Lo psicologo asserisce inoltre che gli ormoni della felicità sviluppati dal viaggiare durano più a lungo dentro di noi, risultando maggiormente efficaci e veri.

Quindi, sì viaggiare! Da soli o in compagnia l'importante per rigenerarsi davvero è muoversi, percorrere anche solo qualche chilometro lontano dalla solita routine. Poi, come affermava Proust: "Chi fa un viaggio non è mai quello di prima di partire". Buon cambiamento a tutti!

giovedì 21 dicembre 2017

CAT PERSON: sesso, amore e sms, diventa un caso letterario

Pubblicati sul New Yorker gli autoinganni del "modern love". Le vicende di sesso, amore e sms ne sanciscono il successo.

Sarà perché parla delle vicende che in effetti al giorno d'oggi, possono toccare o hanno toccato ognuno di noi, ma "CAT PERSON" scritto da Kristen Roupenian ha spopolato oltre i soliti confini della letteratura per intellettuali.

Il racconto pubblicato sul New Yorker parla di sesso, amore e sms e ha come protagonisti due gatti. Sembra poco ma lo scritto, solo poche pagine, ha reso il numero di Dicembre del giornale, il più letto del 2017. Un successo inaspettato arrivato da un'autrice ancora sconosciuta ai più che non ha nemmeno ancora pubblicato il suo primo romanzo. Un tale favore di pubblico che al New Yorker non si registrava dal 1997, quando uscì "Brokeback Mountain" di Annie Proulix.

CAT PERSON suscita emozioni contrastanti. Recensito su diverse testate dall'Atlantic, al Guardian, al New York Times, all'Economist è stato condiviso, commentato, criticato, applaudito, frainteso, amato o odiato.

Racconta un corteggiamento nato via sms seguito da una notte di brutto sesso, il "ghosting" da parte di lei e un epilogo che torna al mondo dei micromessaggi.

L'autrice si è ispirata a una storia vera. Un suo incontro finito male con un uomo conosciuto in rete, ma l'incidente è solo il punto di partenza. Kirsten, 36 anni, spiega: "Mi ha fatti pensare a tutti fragili indizi a cui ci attacchiamo per inquadrare persone che incontriamo fuori dalle nostre reti sociali, sia online che offline".

Così la trama, abbastanza scontata, si dipana tra gli autoinganni del "modern love". Usando la terza persona, ma prendendo le parti della studentessa Margot, l'autrice ha aperto un dibattito usando la breve frequentazione della ragazza con il 34 enne Robert, dal primo incontro al cinema d'essai in cui lei vende gli snack, allo scambio di messaggi sul telefonino e all'idea di Robert che Margot costruisce nella sua testa e di cui pian piano finisce per invaghirsi. Rispetto  ai fantasmi della comunicazione elettronica, la realtà del primo vero "incontro" è una delusione, ma anziché sottrarsi al rapporto sessuale a questo punto non gradito. Margot manda avanti la giostra: crede che farlo sia meno complicato del trovare un modo educato di fermare ciò che lei stessa pensa di aver avviato.

Così, CAT PERSON appare reale e al contempo rivelatore, per esempio "Margot piace ma fa perdere la pazienza!"  Con questo lavoro, la Roupenian ha dato vita a una sorta di introspezione collettiva, la presa di coscienza che il disagio interno dei momenti più vulnerabili e confusi dell'intimità, quando attrazione e repulsione sono facce della stessa medaglia, sono in realtà condivisibili.

Sentimenti contrastanti che hanno toccato anche la fotografa americo-israeliana Elinor Carucci autrice dello scatto di due bocche che si baciano con cui viene presentato il racconto. La scelta è ricaduta su una bocca femminile giovanissima e candida e una maschile con tracce di baffi che evocano le vibrisse di un gatto. Un'illustrazione che vuole mostrare la complessità strana di come cose che sono positive possono rapidamente diventare negative.

CAT PERSON, aldilà del successo letterario, ha innescato una serie di reazioni anche contrastanti tra loro, proprio come tutte quelle cose vere che possono riguardare ognuno di noi.

Prosciolta dall'accusa del Delitto di Perugia, Amanda Knox diventa presentatrice

Condurrà uno show sulla discriminazione di genere. Un format di cinque puntate dal titolo: "The Scarlet Letter Reports" la cui messa in onda è prevista per la primavera.

È decisamente un modo dirompente quello di condurre un programma sulla discriminazione di genere per lasciarsi alle spalle la vicenda giudiziaria che la vide coinvolta. Sono passati ormai sei anni di libertà per Amanda Knox ed è lei stessa che da l'annuncio sui social dei suoi nuovi progetti.

Sarà la conduttrice di "The Scarlet Letter Reports", un format in 5 puntate dove si toccheranno gli argomenti della violenza e della discriminazione di genere. La trasmissione verrà messa in onda su "Watch" la nuova piattaforma targata Facebook e sul canale "Vice Media" dedicato alle donne.

Lei per prima in merito al processo che ha dovuto affrontare in Italia, si è sentita vittima di discriminazione di genere e racconta: "Mentre ero sotto processo per un omicidio che non ho commesso, il Pubblico Ministero mi ha dipinto come una femme fatale con poteri magici per controllare gli uomini. Ho perso anni della mia vita in prigione a causa di stereotipi misogini. In "The Scarlet Letter Reports" spero di riumanizzare le donne che sono state ugualmente umiliate e vilipese ed elevare lo standard di come si pensa e si parla alle donne in pubblico".

La vicenda di cui parla Amanda è quella dell'omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, ritrovata con la gola tagliata nella propria camera da letto, all'interno di una casa condivisa con altri studenti a Perugia, la sera del 1° Novembre 2007.

Per quell'omicidio vennero accusati Raffaele Sollecito e la sua fidanzata di allora Amanda Knox. Poi dopo un lunghissimo processo fatto di condanne e assoluzioni, loro sono stati scagionati del tutto. La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza del 27 Marzo 2015 li assolse definitivamente per non aver commesso il fatto.

In carcere è rimasto solo Rudy Guede condannato in via definitiva e con un rito abbreviato.

Forse Amanda, in Italia, si è sentita vittima di discriminazione di genere ma, in effetti aver motivato un'accusa di omicidio con la presunta avvenenza di una ragazza, non è stato l'unico errore delle indagini condotte per quel delitto. Che di fatto ad oggi, ancora non ha restituito giustizia a Meredith.

mercoledì 20 dicembre 2017

Selfie di due miss scatena l'ira del mondo arabo

Un gesto banale che in ogni momento, migliaia di ragazze compiono nel mondo. Eppure il selfie fatto con Miss Israele ha causato a Miss Iraq minacce di morte per sé e per tutta la sua famiglia. Costretta alla fuga dal suo Paese.

Quando l'odio è talmente profondo da far oscurare la razionalità di certe persone tanto da far considerare un banalissimo selfie una minaccia.

A causa di una foto postata su Instagram, Sarah Idn ( Miss Iraq) è vittima di minacce di morte. La sua colpa è quella di essersi fotografata vicina a Miss Israele sua "collega" nel medesimo concorso di bellezza, Miss Universo e di aver pubblicato sui social l'immagine con la didascalia "pace e amore".

Gesto ingenuo ma alquanto infelice almeno per la "sensibilità" del mondo arabo dove dilaga il sentimento antisraeliano. Una storia assurda che sta scuotendo le coscienze delle persone, inducendole a riflettere su quanto siano in effetti lontani tutti i propositi di una pacifica convivenza.

Le protagoniste di questa storia sono Sarah Idan, Miss Iraq che ora vive negli Stati Uniti e Adar Gendelsman, Miss Israele. A loro insaputa si sono trovate in un turbinio di polveriere a cui hanno cercato di porre rimedio, tramite comunicati: "Selfie più foto in bikini insieme hanno creato un caos a casa di Sarah, la gente minacciava che se non fosse tornata in patria e non avesse rinnegato quelle foto e quel titolo, l'avrebbe uccisa". Afferma Miss Israele.

Mentre Miss Iraq difende il messaggio che le due volevano lanciare. "Il mio post non significa che io sostenga il governo israeliano e che io accetti le loro politiche nei confronti del mondo arabo".

Purtroppo, le spiegazioni della Miss non hanno colto il bersaglio, e con la sua famiglia è stata costretta a fuggire dall'Iraq. A poco è anche valso l'altro appello lanciato sui social: "Mi scuso con chiunque considera il mio gesto dannoso per la causa palestinese. Il mio era un appello alla pace e alla speranza per la fine della crisi".

Quello del selfie è stato un gesto lieve che non ha sortito l'effetto che si proponeva, d'altronde l'astio fra le due nazioni risale al 1948. L'Iraq non ha mai riconosciuto Israele e così 120 mila ebrei iracheni si sono visti costretti a lasciare il Paese in quel periodo, quando l'Iraq emanò leggi antiebraiche.

Peccato che il  messaggio di pace e speranza lanciato dalla freschezza dei due volti di queste ragazze non sia riuscito a scalfire le mentalità più arcaiche.

Il sindaco di Como vieta la distribuzione di latte caldo ai senzatetto

Una lettera davvero toccante. Alcuni cittadini comaschi scrivono al proprio sindaco Mario Landriscina dopo che con un'ordinanza ha vietato di distribuire latte caldo e altre restrizioni contro i clochard della città.

Se "A Christmas carol" si potesse ambientare nella realtà odierna, la parte del cattivissimo "Scrooge" andrebbe sicuramente a questo particolare sindaco. Mario Landriscina, primo cittadino di Como. Lui ha intrapreso una vera e propria battaglia contro gli ultimi, i disagiati, quelli che non hanno nemmeno un mezzo per sopravvivere, per esempio, al freddo artico di queste notti prenatalizie.

Ma le persone non sono tutte uguali, e nemmeno i cittadini di Como, così gli arriva questa accorata e sentita lettera: "Caro sindaco, le ordinanze che vietano il latte caldo la mattina, a chi è sopravvissuto a una notte d'inverno, mi tolgono la voglia di comprare e un po' anche quella di vivere. La sua ordinanza è la più grande mancanza di decoro per chi voglia, ancora oggi, provare a specchiarsi nell'umanità.

 Caro sindaco di Como Mario Landriscina, ho letto la sua ordinanza, con la quale ha multato chi chiedeva l'elemosina e sequestrato i ferri della loro disturbante attività: cappelli e cartoni. Me la immagino la Polizia Municipale a redigere il verbale per il sequestro di un barattolo di latte vuoto. Ho saputo che con la sua ordinanza è stato impedito a un gruppo di volontari, il "Gruppo Colazione", che il pericolo si evince già dal nome, di distribuire latte ai clochard. Ho saputo anche che i sovversivi del latte non si limitavano a quello, ma ogni tanto distribuivano ai barboni pure dei dolcetti.

L'ordinanza, lei ha detto, resterà in vigore solo durante il Natale e serve per la "tutela della vivibilità e il decoro del centro urbano", che favorirebbe il commercio.

Onestamente, io non so se senza poveri in giro la gente compri più volentieri. Io non so, ad esempio, se senza poveri aumenterebbe la mia voglia di pizza, oppure se i poveri mi tolgono la fame. Io non so se senza poveri in giro mi convincerei più facilmente a cambiare auto, comprare una borsa nuova, investire in un paio di scarpe di marca. Io non lo so, e onestamente non mi interessa.

Però di una cosa sono sicuro: le ordinanze che colpiscono i poveri, invece della povertà, mi aggrovigliano lo stomaco e rendono la digestione difficile. Io so che le ordinanze che vietano il latte caldo la mattina, a chi è sopravvissuto a una notte d'inverno, mi tolgono la voglia di comprare e un po' anche quella di vivere. Io so che chi gioca con il potere, per compiacere altri poteri, è una mancanza di decoro peggiore di qualsiasi coperta di lana tirata sopra le gambe fredde, nel cuore della notte.

Io non so, caro sindaco, se la storia di Gesù bambino, della capanuccia e della stella cometa sia del tutto vera, se sia andata proprio in quella maniera. Ogni tanto me lo chiedo. Però sono abbastanza certo che famiglie di disperati costretti ai margini ci siano sempre state, e che la colpa sia sempre stata di qualche Erode, che continuava la persecuzione degli ultimi della fila anche una volta ricacciati sotto i ponti ed esiliati dentro le capannucce.

Caro sindaco, le auguro un pranzo di Natale sovversivo, fatto di latte caldo e occhi che le consentano di inciampare nella bellezza del mondo, riconoscendo innanzitutto la distinzione fra condizione e persona".

Dopo queste parole, ogni commento sembra superfluo. È bene lasciare che queste parole si posino nell'animo di ognuno e a seconda della propria persona tocchino le corde e le riflessioni più personali.

martedì 19 dicembre 2017

Il pandoro fatto con la farina di insetti

Arriva in Italia il primo pandoro, tradizionale dolce  natalizio, preparato con la farina di baco da seta.

Da un po' di tempo si sente parlare degli insetti come nuove "fonti di proteine" ad alta qualità da inserire sul mercato e nelle diete nostrane.

I più alla sola idea, storcono il naso, ma di fatto sono già 90 i Paesi che in tutto il mondo hanno adottato alimenti a base di insetti.

Ora, arriva pure in Italia il primo pandoro realizzato con farina di insetti. Certo nel caso del nostrano dolce tipico natalizio verrà usata la farina di baco da seta. Il prodotto è stato lanciato da Master Bug, il canale di ricette con insetti commestibili che, più di altri segue i diktat legali dell'Europa sul tema Novel Food.

Il pandoro arricchito in proteine si potrà comprare nel nostro Paese dall'anno prossimo. Sarà realizzato con burro, uova, latte, farina bianca e l'aggiunta del 20% di farina di bachi da seta, allevati esclusivamente per il consumo alimentare. Non presenta rischi ed il sapore dovrebbe essere gradevole, simile alla nocciola.

Inoltre gli esperti garantiscono sulla qualità degli ingredienti. La farina di bachi da seta è un'importante fonte alimentare, le percentuali di contenuto proteico e lipidico totale per peso secco della farina sono rispettivamente del 55,6% e del 32,2%.

Le proteine delle pupe del baco da seta hanno alti livelli di aminoacidi essenziali, come la velina, la metionina e la fenilolanina.
Il contenuto nutrizionale della farina di baco da seta per 100 grammi è composto da proteine, grassi, fibre e carboidrati per valore energetico complessivo di circa 389 kcal ogni 100 grammi.

Quella del dolce alle proteine sembra tanto una strategia per invogliare il mercato italiano ad assumere gli insetti come una nuova e importante fonte di proteine ad alta qualità. Per il momento l'impresa sembra un po' ardua. D'altronde da noi si mangia già così bene e sano che davvero sembra difficile far entrare insetti nelle nostre diete e soprattutto nei nostri piatti.

Perdono i genitori a Rigopiano, riaprono la pizzeria un anno dopo la tragedia

Riccardo e Piergiovanni Di Carlo, 20 e 18 anni, persero i genitori l'anno scorso nella tragedia di Rigopiano. Riaprono la pizzeria di famiglia nel giorno in cui il padre avrebbe compiuto 50 anni.

A Loreto Aprutino, in provincia di Pescara, la strada della rinascita per la "famiglia" Di Carlo si percorre sulle orme lasciate dai genitori. Riccardo e Piergiovanni Di Carlo, 20 e 18 anni, sono ripartiti riaprendo la pizzeria di famiglia.

Un anno fa la tremenda tragedia di Rigopiano, quando una valanga travolse e distrusse la struttura del Resort di lusso vicino Farindola, portò con sé, sommergendole di neve e detriti 29 persone. Tra quelle vite brutalmente falciate c'erano pure Nadia Ancconciamessa, 47 anni, e Sebastiano Di Carlo, 49.

La coppia, 5 anni prima aveva aperto proprio a Loreto Aprutino una pizzeria. E proprio oggi 19 Dicembre, Sebastiano avrebbe compiuto il 50° compleanno. Proprio oggi, i loro due figli maggiori Riccardo e Piergiovanni hanno deciso di inaugurare la loro nuova gestione del locale.

Ad accogliere i primi ospiti, con loro ci sarà anche il fratellino Edoardo, 9 anni che in quella tragedia fu tra i pochi ad essere estratto vivo. Una motivazione in più che ha spinto i due giovani orfani a reagire e ricominciare,  poiché all'improvviso hanno perso i genitori e si sono visti costretti a reinventarsi anche  nel ruolo di madre e di padre del loro fratellino.

In verità,d'allora, non sono mai stati soli soli. Tutto il paese li ha circondati in un abbraccio d'affetto e solidarietà, aiutandoli pure economicamente e nella gestione delle pratiche burocratiche per riaprire la pizzeria.

Una staffetta di aiuto che continuerà pure dopo l'apertura ufficiale del locale. Poiché i fratelli Di Carlo sono contemporaneamente impegnati nello studio: il primo con l'università e il secondo alle superiori. 

In pizzeria gli daranno sicuramente una mano le zie Laila e Simona Di Carlo. L'inaugurazione ufficiale è prevista per oggi alle 18. Un'occasione anche per ricordare le altre due vittime di Loreto, Pieto Di Pietro e sua moglie Barbara Nobili. Mentre papà Sebastiano sarà ricordato con un video.

Quella tremenda valanga che il 18 Gennaio scorso ha falciato la vita fisica e i sogni di quelle 29 vittime, non è riuscita però ad impedire alle vittime di Rigopiano di vegliare e suggerire un cammino di speranza per tutti i cari rimasti qui a pensarli.

lunedì 18 dicembre 2017

È il fingerlings il giocattolo più ambito di Natale

Sold out in America. Ecco il regalo di Natale più gettonato del momento, che siano scimmiette robot o unicorni, l'importante è che si possano ostentare al dito.

Babbo Natale per questa volta, ha il compito facilitato. Tra i bimbi impazza la Fingerlings mania, si tratta di scimmiette robot che si attaccano alle dita, emettono suoni, mandano bacetti e si muovono. Rappresentano il regalo più ambito e trandy del periodo.

La moda è arrivata dagli Stati Uniti, dove questo giocattolo sta letteralmente impazzando, tanto da essere già da giorni sold out. Da noi, si sta facendo conoscere da poco, il riscontro è positivo dettato anche dall'onda delle festività natalizie, quando un po' tutti sono in cerca del regalo più nuovo e sorprendente da fare ai più piccoli per renderli felici. Certo, in Italia si fa ancora un po' fatica a trovare i fingerlings negli store specializzati, così ci si può avvalere dell'aiuto di Amazon, possono essere benissimo ordinati sulla piattaforma online, dove il costo di ogni pezzo oscilla dai 26 ai 30 euro, eccetto le varianti più costose. Ci sono infatti alcuni modelli di fingerlings che possono arrivare a costare anche 88 euro.

Il giochino è dotato di batterie atte ad alimentare i " sensori" della scimmietta e a seconda del comando che ricevono, il robottino potrà girare la testa, ridere, emettere suoni, mandare uno, due bacetti, oppure sbatterà le palpebre; infine se gli si cambia posizione e lo si corica sulla mano, si metterà pure a dormire.

L'idea di fingerlings  deve i natali all'ingegnere Sidney Wiseman. Nel 2015, la società per cui lavorava, la WowWee, gli aveva commissionato la creazione di un giocattolo-robot che assomigliasse ad una scimmia pigmea.

Il resto è storia. Il giocattolo ha conquistato tutti i bimbi d'oltreoceano, innescando un successo clamoroso, anche per l'astuta strategia di marketing di WowWee presuppone che si debba possedere più di un fingerling, poiché quando una scimmietta comincia a cantare, scattano i sensori delle altre scimmiette fingerlings  presenti nella stanza. E cominciando a cantare e ballare creano subito un'atmosfera di festa e allegria.

Altra mossa strategica è stata quella di lanciare sul mercato dei fingerling in versione unicorno. L'animaletto fantastico più amato del momento.

Insomma, per chi ha dei bambini da rendere felici con.il regalo giusto, dagli States arriva l'idea della scimmietta robot che si attacca al dito e ad ogni comando "balla" e canta.

Dona 500 mila euro ai bambini malati prima di morire

A Bologna. Marisa Baldacci, originaria di Imola, ha deciso di donare tramite lascito testamentario 500mila euro al reparto di oncoematologia  pediatrica del Sant'Orsola di Bologna.

Capita raramente, ma le sfumature di nero si possono trasformare in tonalità di rosa. Il colore della speranza, della fiducia di poter avere ancora possibilità in un futuro. Così sono i colori di questa storia. Una signora imolese, Maria Baldacci, posta davanti alla triste realtà della sua prossima morte, ha deciso di devolvere 500mila euro al reparto di oncoematologia pediatrica del Sant'Orsola di Bologna. Per lei non c'era speranza e con questo gesto ne ha voluto infondere un po' ai piccoli pazienti del nosocomio.

La cifra servirà infatti a finanziare il rinnovo di una convenzione fra l'associazione genitori ematologia oncologica pediatrica( Ageop) e il laboratorio di ricerca e diagnostica oncoematologica del policlinico. Quando ha dovuto redarre il suo testamento, la generosa signora ha chiesto consiglio alle suore di Santa Teresa che si sono proferite in favore a quest'associazione a cui devolvere il patrimonio.

La scelta è stata quindi Ageop, una Onlus già convenzionata con l'ospedale, che opera nel quarto e quinto piano del padiglione di pediatria. Un ricercatore spiega: "Qui ci sono mezzi e tecnologie all'avanguardia che permettono di diagnosticare il tipo di leucemia in un massimo di tre giorni, per poter studiare la terapia più adatta, fino alla soluzione di trapianto del midollo osseo. Senza quelle strumentazioni dovremmo esternalizzare parti delle analisi e per una diagnosi completa potrebbero volerci due mesi". Mentre l'Onlus Ageop finanzia i progetti di ricerca e i ricercatori stessi, che in seguito possono ambire ad essere assunti dall'azienda ospedaliera tramite un bando.

Andrea Pession, direttore dell'Unità operativa di Pediatria del policlinico, aggiunge: " La ricerca clinica come quella che viene portata avanti nel nostro laboratorio in oncoematologia pediatrica, è un ponte tra la scienza di base e la salute degli esseri umani. Ci sono pochi investimenti pubblici verso questo tipo di ricerca perché è difficile comprendere le sue immediate implicazioni nella pratica clinica".

È bene ricordare che l'associazione ogni giorno ospita tra i 110 e i 130 bambini e che il reparto è noto come un posto all'avanguardia. Lì tutti sono mossi dall' obiettivo di far accedere il maggior numero di bambini possibile alle migliori cure possibili. Ora grazie all'esempio e alla donazione della signora Baldacci, questa meta sarà più raggiungibile.


venerdì 15 dicembre 2017

Gli agrumi, ottimi contro la demenza

Uno studio rivela che il consumo giornaliero di arance, pompelmi e limoni riduce il rischio di insorgenza della demenza fino al 15% nelle persone sopra i 65 anni.

Un motivo in più per colorare delle allegre tonalità degli agrumi le nostre tavole. Uno studio rivela che il consumo giornaliero di agrumi può aiutare a contrastare la demenza. Mangiare arance, pompelmi, limoni e lime può ridurne il rischio d'insorgenza fino al 15%.

La ricerca è stata commissionata dall'Università del Tohoku, in Giappone, e poi le è stato dedicato un ampio servizio sulla rivista British Journal of Nutrition.

Già si sapeva ampiamente che gli agrumi, ricchi di vitamina C, sono degli ottimi antitumorali, oggi i ricercatori sottolineano come le parti commestibili degli agrumi sono ricche di flavonoidi specifici. Alcuni esperimenti condotti a livello cellulare e sugli animali hanno dimostrato che questi flavonoidi possono attraversare la barriera emato-cerebrale e giocare un ruolo come antiossidanti e antinfiammatori, persino riparando qualche forma di danno a livello delle cellule.

I ricercatori per il loro studio si sono avvalsi dei dati dell'Okisaki Cohort 2000 Study, condotto su una popolazione di over 65 che viveva a Okisaki City, nel nord-est del Giappone.

È stato svolto un sondaggio sulle abitudini alimentari e sul consumo di agrumi e i ricercatori hanno seguito 13.373 persone nel 2012.

Gli agrumi si rivelano sempre di più un ottimo alleato per la nostra salute psicofisica. Un motivo in più per farci contaminare dalle allegre tonalità portatrici di salute che questi frutti hanno.

Scrive per sei anni all'innamorato partigiano, ma lui era stato ucciso in una rappresaglia

Una storia d'amore d'altri tempi quella di Gaby Vincent e il partigiano Luciano Pradolin. Si conobbero a Cannes nel '43, ma furono divisi prima dall'armistizio italiano dell'8 Settembre e  poi i nazisti.

Si deve a Paolo Grillo, nipote del partigiano, il merito di aver portato alla luce questa bella seppur dal tragico epilogo storia d'amore. Lui ha reso pubblici i 6 anni di lettere che Gaby Vincent scriveva al suo Luciano Pradolin ignara del fatto che il giovane fosse stato in realtà ucciso dai nazisti in guerra. La storia è stata raccontata sul  Messaggero Veneto. 

I due protagonisti della storia si conobbero a Cannes nel 1943. Lei si era appena diplomata al liceo della città, lui era un giovane ufficiale degli Alpini inviato in missione. Per 2 mesi vissero un amore travolgente, poi Gaby dovette lasciare la città. Cominciò così uno scambio epistolare. Lei continuò a scrivergli fino al 1949, anche dopo che lui smise di rispondere, poiché l'11 Febbraio 1945, era stato fucilato dai nazifascisti a Udine.

Le lettere che i due piccioncini si scambiavano sono scritte in francese, lingua che Luciano conosceva perché studiava Lingue Straniere all'Università Cà Foscari. Solo una è scritta in italiano, da Luciano e un po' per scherzo, per mettere alla prova l'italiano della sua Gaby che stava cercando di imparare la lingua.

Il primo distacco viene annunciato con la lettera del 6 Settembre, quando Gaby scrive a Luciano che deve partire: "Parto martedì. Mio padre rimarrà a lungo in viaggio e non vuole lasciarmi sola. Ti prego, Luciano, scrivimi al nuovo indirizzo di Bergerac. Starò via per tre settimane, poi, al mio ritorno potrò rivederti. Vorrei tanto averti vicino".

Solo due giorni dopo, l'8 Settembre anche Luciano dovette lasciare la Francia. L'Italia firmò l'armstizio e il giovane ufficiale per non farsi catturare dai tedeschi riuscì a fuggire facendo ritorno a casa, a Tramonti di Sopra. Cominciarono a perdersi le tracce e Gaby cerca di contattarlo tramite la Croce Rossa per ben due volte. La prima nel Dicembre 1943 con un messaggio rivolto alla mamma di Luciano, "Domenica: sono senza notizie di Luciano da tre mesi". La seconda è datata 21 Gennaio 1944.

Le lettere rimangono senza risposta fino al 4 Febbraio 1944, quando alla ragazza arriva la tanto attesa lettera di risposta del suo amato, datata 15 Ottobre 1943, "Ho ricevuto questa tua prima lettera, sono pazza di gioia". E specifica che: "Questa è la dodicesima lettera che t'invio. Le hai ricevute le altre? Io non ti dimentico e non faccio altro che pensare al tuo ritorno".

Luciano risponde: "Mia cara Gaby, questa volta per punizione (scherzo) ti scrivo in italiano, così mi esprimo meglio e a te servirà per esercizio. (...) Sto rileggendo la tua lettera, sento che ti amo. Sono sicuro che mi ami, cosa posso chiedere di più dalla vita? Quando penso a te, cattivi pensieri e preoccupazioni svaniscono, mi resta il profumo dolce del tuo affetto e del tuo amore. (...) Mia piccina perché hai dubitato di me? Perché sei stata così (cattiva) nello scrivermi che se non ti avessi più amata ti saresti... Gaby non si ama per essere riamati, ma si ama perché si ama e qualsiasi cosa arrivi, anche l'oblio, chi ama continua ad amare. (...) Desidero che tu abbia fiducia illimitata in me. Anche se non dovessero arrivarti più mie notizie, vorrei che tu continuassi a dire: Luciano, sono certa che mi vuoi bene e io altrettanto". 

Poi prosegue: "Due giorni fa ho sentito alla radio un pezzo di Madama Butterfly. Ti ricordi la storia? A te non capiterà così (...). Parli mai con tuo padre di me? Sono molto curioso".

La corrispondenza continua per tutto il 1944, ma mentre le lettere della ragazza sono costanti e numerose, quelle del giovane fanno fatica ad arrivare. In Gaby accresce l'ansia di aver notizie di Luciano e torna a scrivere il 5 Giugno 1945 sull'onda dell'invito ad avere fiducia che le era stato indirizzato.

"Apprendo che sono stati ripristinati i collegamenti fra Italia e Francia. Ti ho già scritto molte lettere che non so se ti sono pervenute. (...) Se puoi, dimmi come hai vissuto in questo lungo periodo, anche se tu, malauguratamente per me, puoi essere fidanzato o sposato. (...) Io comunque non dimenticherò mai il primo amore che ha colpito il mio cuore. Ti chiedo solo, anche se i tuoi sentimenti sono cambiati, di non lasciare questa lettera senza risposta".

Purtroppo, nel frattempo nessuno aveva avvertito Gaby che Luciano era stato fucilato, a Udine l'11 Febbraio 1945, con altri 22 compagni, in una rappresaglia nazifascista. La donna continua quindi a mandare epistole al suo innamorato fino all'11 Febbraio 1949, quando Gaby scrive la sua ultima lettera a Luciano da Philadelphia. Qui è andata a vivere con suo marito, un ufficiale statunitense di origine italiana.

Si conclude così, una storia d'amore durata quasi 6 anni. Il nipote Paolo (parente di Luciano) dopo aver reso nota la storia in Italia si è ripromesso di cercare Gaby in America e finalmente svelarle il vero motivo per cui suo zio non potette più rispondere alle sue lettere.

Noi lo ringraziamo perché ci ha fatto conoscere e rivivere una bella storia d'amore, sicuramente d'altri tempi.

giovedì 14 dicembre 2017

Le donne che hanno subito violenza prediligono uomini con lineamenti più femminili

Uno studio rivela che le donne vittime di violenza diffusa si allontanano da uomini con i tratti del volto molto mascolini.

Quanto male fa aver subito violenza? Forse alcune ferite non cicatrizzeranno mai e segneranno ogni comportamento e scelta di vita futura. In merito arriva l'interessante ipotesi a cui è giunta uno studio dell'Università scozzese di St. Andrews, della School of Psychology and Neuroscience Perception Lab, secondo il quale le violenze domestiche influenzano le preferenze femminili, allontanando le donne dagli uomini troppo mascolini e portandole a preferire invece quelli con i tratti più femminili del volto.

I ricercatori presumono che tale comportamento sia dovuto a una sorta di "strategia" per evitare partner che hanno maggiori probabilità di comportarsi in modo aggressivo e pericoloso nei loro confronti.

La ricerca è stata condotta in Colombia e tramite questionario, sono state intervistate 83 donne. Nella scaletta venivano loro chieste: informazioni sulla salute, l'accesso ai media, per esempio per quanto guardassero la televisione o il tempo trascorso a navigare in internet, il livello di educazione e la percezione della violenza.

Durante lo studio le partecipanti hanno selezionato i volti maschili che consideravano più attraenti da coppie di immagini manipolate perché esibissero differenti livelli di mascolinità.

Dai dati è emerso che le donne che avevano esperito livelli di violenza domestica più alti preferivano facce maschili con lineamenti molto meno mascolini.

Lo studio è stato inoltre pubblicato su Journal of Behavioural Ecology and Sociobiology e recentemente presentato in occasione della Giornata Mondiale Contro la Violenza sulle Donne.

Le violenze subite rimangono, lasciando cicatrici profonde non solo sul corpo, quelle forse guariscono pure prima, ma soprattutto nell'animo, cambiando decisamente l'essere della persona che le ha subite.

Una pizza davvero preziosa

È la pizza più cara d'Italia. Costa 44 euro poiché arricchita da una spolverata d'oro a 23 carati.

Decisamente non è la solita pizza! E non è nemmeno indicata per i puristi del "solo" basilico, pomodoro e olio d'oliva. Si chiama "Antonius Musa" ed è la pizza piu cara d'Italia. È fatta con ingredienti non convenzionali, per un alimento del genere, infatti fanno aumentare il suo prezzo condimenti come caviale, uova rosse di salmone, uova di quaglia, panna acida, erba cipollina e "ciliegina sulla torta" una spolverata d'oro a 23 carati. Naturalmente è oro commestibile, per uso alimentare, decorativo ed insapore.

La si può gustare alla modica somma di 44 euro presso la pizzeria "Corte dei Medici" a Catania. Da dove fanno sapere tramite la pagina Facebook del locale: "È probabilmente la pizza più cara in cui vi imbatterete a meno che non andiate a cenare a Dubai".  In un post pubblicato in risposta anche alle diverse critiche piovute in poco più che una settimana alla pizzeria. Tra le più "accettabili" si possono leggere: "Sono tutti escamotage per fare soldi", "È un affronto alla povertà", "I napoletani stanno strabuzzando gli occhi", oppure, "Tutto ciò sfiora il ridicolo". Tante colorite espressioni per sottolineare che molti non apprezzano il fatto che una pizza, solitamente l'alimento economicamente più abbordabile per tutti, con prezzi che in media oscillano dai 3 ai 9 euro, possa costare addirittura 44 euro.

Mentre la titolare della "Corte dei Medici", si difende ancora: "La pizza era un alimento popolare ma le tradizioni cambiano, il mondo si rinnova e c'è chi interpreta la pizza in chiave sofisticata". Ricordando che la pizza in questione, viene anche venduta, e abbastanza, la ordinano sia italiani che stranieri e spesso anche come antipasto.

Insomma la brillante idea di produrre una pizza all'oro sembra essere stata ripagata. Chissà se ha inciso anche il fatto che "l'Antonius Musa" è stata ideata e lanciata proprio nel mese in cui l'arte dei pizzaioli napoletani è diventata Patrimonio dell'Umanità per l'Unesco.

D'altronde da sempre, la pizza è uno dei prodotti italiani più venduti, esportati ed apprezzati al mondo. Fermo restando che comunque le migliori pizzerie e i migliori ingredienti utilizzati per condire pizze di altissima qualità, rimangono a Napoli. Sua unica casa natia.

In effetti, la pizza nasce appunto come un piatto semplice, frugale e alla portata di tasca di tutti, condirla con uova e lamine d'oro non sarà un po' troppo ardito?

mercoledì 13 dicembre 2017

Esce la "Guida Michelin dei poveri"

Ottomila copie distribuite ai clochard della Capitale per sapere dove mangiare, dormire e lavarsi a Roma.

È la bussola dei senzatetto per orientarsi nei frenetici e distratti ritmi di vita della Capitale. Nota ormai come la "Guida Michelin dei poveri" è un utile libello che indica ai più bisognosi dove poter mangiare, dormire e lavarsi in città.

Da ben 28 anni, la Comunità di Sant'Egidio storica presenza spirituale e assistenziale con sede a Trastevere e varie "filiali" sparse per il mondo, opera in questo campo e puntualmente, in questo periodo, pubblica il suo vademecum d'aiuto indirizzato a chi versa in estreme condizioni di indigenza.

Il volume si compone in 253 pagine, divise in 14 sezioni. In esso sono contenuti ben 564 indirizzi con l'indicazione di 41 mense, 47 centri stabili con posti letto, 27 servizi di doccia, 39 centri di cura, 166 centri di ascolto di cui 98 centri parrocchiali, 10 telefoni d'aiuto, 32 comunità per alcolisti e tossicodipendenti, 7 asili per bambini stranieri, 4 centri di assistenza per detenuti e 9 di sostegno, 11 centri per donne vittime di tratta, 19 servizi contro il gioco d'azzardo, 24 scuole di italiano per stranieri, 5 corsi di formazione per mediatori culturali.

Un elenco dettagliato di indirizzi dove trovare  porte sempre aperte per i momenti di difficoltà. D'altronde i dati parlano di numeri allucinanti. A Roma esiste una città nella città che ha bisogno di un supporto, sono circa 7500 le persone che vivono in strada o alloggi di fortuna, e di esse, quasi la metà, dorme all'aperto; mentre almeno 2000 cercano riposo in rifugi abbandonati o abusivi. E la situazione peggiora con l'arrivo del freddo.

E così mentre la politica segue il duo lento percorso la Comunità di Sant'Egidio cerca di rispondere attivamente alle esigenze dei più emarginati ed è per questo che è stata ideata la Guida Michelin dei poveri.

Un opuscolo doveroso nato per far fronte al continuo e sempre in crescita bisogno d'aiuto. Basti pensare che nel 2017 sono state distribuite 5 tonnellate di prodotti alimentari, 3 tonnellate di vestiti, 21 mila coperte e sacchi a pelo, 12 mila prodotti per l'igiene, 40 mila pacchi alimentari presso i centri, 80mila cene alla mensa della Comunità di Sant'Egidio e 120 milain strada, tutto coordinato e reso possibile dall'importante impegno di oltre 5.200 volontari.

Ma l'assicurazione per qualche notte di un pasto caldo e di un tetto sulla testa non è sufficiente. Il vero obiettivo della solidarietà è quello di garantire una vera e propria famiglia magari, resa possibile da un percorso di assistenza e reintegro nella società. Una tappa fondamentale affinché le persone assistite nel percorso di emancipazione della strada riescono ad essere reintegrate e a svolgere un ruolo attivo.

Come tutti i percorsi che la vita, spesso, ci obbliga a seguire, non sarà facile. Ma nessuna strada se percorsa in compagnia e con valide indicazioni non deve far paura. Potrà essere lunga, ma costellata di tanti bei momenti.

Finisce sulla sedia a rotelle, dopo 5 giorni il marito la lascia e trova l'amore

Ecco la storia di Riona Kelly. Donna americana rimasta paralizzata dopo un incidente e lasciata dal marito cinque giorni dopo.

Due sono i motti che gli americani si ripetono come un mantra. Uno è: "Non è finita fino a quando non è finita"; l'altro riprendendo un po' il concetto recita: "Mai arrendersi!". Consiglio seguito alla lettera da Riona Kelly, forte protagonista di una triste storia divenuta di "riscatto".

Madre di quattro bambini, a 37 anni ha avuto un tragico incidente che le ha intaccato la colonna vertebrale costringendola alla paralisi delle gambe. Non solo un duro colpo per una donna ancora giovane, che nella vita era sempre stata attiva e ancora tanto aveva da fare come madre, ma un potente banco di prova per il tanto millantato amore di suo marito, che di fatto ha chiesto il divorzio 5 giorni dopo l'incidente a diagnosi conclamata.

Lei non si è persa d'animo e sul suo canale Instagram ha tuonato: "Mai arrendersi" e così è stato. Di lì a poco Riona ha pure ritrovato l'amore; questa volta nelle vesti dell' ex rugbista Keith Mason, oggi suo personal trainer che l'ha seguita nella riabilitazione.

La donna racconta: "Cinque giorni dopo il mio incidente, ero in ospedale quando mio marito mi ha dato sei mesi di tempo. Mi sentivo distrutta, poi ho pensato che dovevo essere forte per i miei bambini, per me stessa così passo dopo passo mi sono sentita sempre meglio". Quindi sempre su Facebook Riona si è messa in cerca di un personal trainer, ed è arrivato lui. L'amore con Keith Mason è nato per casi.

Racconta: "Su Facebook ho scritto un post in cui riferivo di cercare un personal trainer, così ho conosciuto Keith. Dopo la riabilitazione, ci siamo continuati a sentire e ci siamo resi conto che qualcosa era scattato. Stiamo insieme da 11 mesi, i bambini lo amano ed io sento di vivere la vita che merito. Guardandomi indietro, mi rendo conto di aver vissuto in maniera miserabile il mio matrimonio e adesso abbiamo costruito una vita insieme bella e con grandi responsabilità".

Che bel lieto fine che ha saputo ricevere Riona alla sua vita. Lei sì che ha mostrato fino in fondo cosa significa non arrendersi mai, non mollare nemmeno quando il marito innamorato abbandona la nave in piena tempesta. Da perfetta capitana della sua vita, a timone sola ha proseguito dritto ed ora si può godere le più dolci delle albe con un nuovo amore.

martedì 12 dicembre 2017

Passione MAT!

La tendenza del momento. Dal rossetto all'ombretto, il trucco deve essere opaco. Per le Millennials via libera ai "trucchi del cuore", mascara, cipria e ombretto, mentre per le mamme il must è il fondotinta.

Negli ultimi anni le varie tendenze ispirate alla moda e alle passerelle avevano proposto dei make-up particolarmente "originali" spaziando tra i coraggiosi effetto shining, metal, smokey e nude, quest'anno c'è stata una decisa sferzata verso la "sobrietà". Infatti, questo è il momento dello stile effetto MAT. Quel tipo di trucco con l'effetto opaco.

Non solo in prossimità delle feste, risulta essere sempre una scelta elegante, affascinante, raffinata e versatile per ogni occasione e che consente di essere abbinato con colori diversi senza avere il timore di sbavature o brevi tenute.

La preferenza del trucco MAT riguarda tutti i prodotti di make-up, a partire dagli ombretti per valorizzare lo sguardo,al fondotinta, cipria e blush per illuminare l'incarnato, fino a rossetti, matite e le tinte labbra che devono essere rigorosamente opache.

Una tendenza forte quella dell'effetto opaco ben fotografata dal Primo Osservatorio della Bellezza lanciato da Avon riguardante la moda dell'inverno 2017. Lo studio mostra come le italiane vivono l'esperienza del make-up attualmente. Il trucco non è più unicamente un elemento imprescindibile da un punto di vista estetico, ma sempre più emozionale e relazionale. 

I trucchi a cui più siamo affezionate sono: il mascara (48%) e il rossetto (40%), due prodotti evergreen ed insostituibili, poiché anche se utilizzati da soli, consentono di valorizzare al meglio espressività e lineamenti. Mentre i meno indispensabili, risultano essere gli smalti (10%) e blush (2%), che finiscono in fondo alle preferenze e più connotati a momenti stagionali della bellezza femminile.

La relazione tra preferenze di trucco ed età svela anche, che le più giovani, preferiscono decisamente il mascara, cipria ed ombretto mentre le mamme over 40 non possono fare a meno del fondotinta che diventa elemento insostituibile nel beauty case nel 66% dei casi.

Inoltre, emerge che c'è un prodotto in particolare a cui le donne di tutte le età, e area geografica sono assolutamente fedeli e riacquistano di anno in anno sempre uguale per essere certe di mantenere lo stesso effetto su una parte importantissima del viso, come sono gli occhi, si tratta quindi della matita che per il 41% rimane sempre invariato nel modello, colore e tipologia nel tempo e a cui giurano fedeltà.

L'indagine svela come il "truccarsi" per le italiane, non sia una necessità meramente estetica, il make-up assume un valore molto più profondo: è l'opportunità di sentirsi al meglio con se stesse ed esprimere il proprio modo di essere e di esistere nel mondo in modo inconfondibile e unico (58%), sentirsi uniche e alla moda (33%), ma anche per vedersi belle quando non si è in perfetta forma fisica e mentale (46%).

Il ruolo giocato dal make-up è importante non solo nella relazione con il proprio io, ma anche con il prossimo, in particolare in ambito lavorativo dove il trucco garantisce un certo standing e presentabilità (41%) e in quello sentimentale dove è uno dei segreti di conquista e fascino femminile con il partner, nella maggior parte dei casi si punta sulla sguardo per trasmettere intensità (67%).

Quindi trucco indispensabile per piacere e per piacersi, ma quest'inverno dev'essere rigorosamente opaco per far trasparire tutta l'eleganza e la raffinatezza che l'essere donna comporta.

Scontrino shock al ristorante: sul conto c'è scritto "tavolo ciccione"

A Roma. È successo a un gruppo di ragazze che hanno pranzato in un ristorante giapponese nel quartiere Parioli.

La bomba l'ha lanciata Elisa Barbolini, biologa di Sassuolo, nonché una delle protagoniste della vicenda. Appena ritornata a casa, amareggiata si è sfogata sui social e la sconcertante notizia è diventata virale.

L'increscioso episodio è accaduto nel ristorante "Jinja", di Roma. Tre ragazze ed un loro amico hanno pranzato amabilmente in compagnia, ridendo e scherzando tra sushi e sashimi. Consumato il pasto, come di consuetudine, hanno chiesto il conto. Ma sullo scontrino che si sono viste recapitare è apparsa la poco delicata intestazione "Tavolo 86-ciccione".

Elena B. racconta: "Eravamo a pranzo, tre ragazze con un nostro amico quando abbiamo chiesto il conto tramite il tablet posizionato sul tavolo: poco dopo ci è stato consegnato questo scontrino con l'indicazione di "ciccione". Inizialmente ci abbiamo riso un po' sopra. Ma quando siamo andati alla cassa abbiamo chiesto spiegazioni e la persona che era lì in quel momento non ci ha detto nulla: ha preso quel foglio di carta che era un pre-scontrino e lo ha accartocciato davanti a noi. Nessun pentimento solo si sono affrettati a fare lo scontrino fiscale per toglierci questo dalle mani".

Alle richieste di spiegazioni dell'amico, l'operatore prima ha ridacchiato, poi il direttore del ristorante ha chiarito che "ciccione" è l'epiteto con cui viene indicato il cameriere del locale che li ha serviti.

Resta il fatto che il tavolo 86, quello del malcapitato gruppetto, in realtà è stato servito da più di un cameriere. Non sono arrivate scuse né ufficiali, né ufficiose e l'operatore che ha "etichettato" il tavolo non si è proprio fatto vedere per dare delucidazioni.

Alla ragazza non è rimasto altro che recensire il ristorante su TripAdvisor, dove ha scritto una recensione memorabile, almeno per "Jinja", con tanto di foto. Il giudizio fa così: "Bodyshaming (prendere in giro il corpo delle persone) ne abbiamo! ".

Non sapremo mai come si mangia a quel ristorante, ma di sicuro il servizio e la dirigenza fanno davvero pena. Come minimo mancano d'educazione e visto che si sono trincerati nel silenzio anche di ironia.

lunedì 11 dicembre 2017

1946: nasce l'Unicef

Nasceva 71 anni fa l'Agenzia dell'Onu deputata al soccorso di tutti i bambini costretti a situazioni di fame e disagio dalle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale.

Era l'11 Dicembre 1946 e la prima preoccupazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, ONU, fu quella di aprire la sessione inaugurale dell'Assemblea Generale con la votazione per l'istituzione del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia. Oggi noto con l'acronimo UNICEF (United Nations International Children's Emergency Fund, cambiato nel 1953 in United Nations Children's Fund). L'Assemblea approvò all'unanimità.

All'indomani l'Unicef era già operativa nei territori sconvolti dalla guerra. Attraverso un'attività di coordinamento riuscì ad assicurare latte e cibo a più di sei milioni di bambini. Seguirono poi gli interventi dell'organizzazione in realtà complesse come la Cina e la Palestina, dove furono introdotti e distribuiti per i più piccoli anche medicinali, prodotti per l'igiene e indumenti.

Nel 1953, l'Unicef che dapprima era nata esclusivamente per rispondere ad un'emergenza post bellica, diviene un organo sussidiario e permanente dell'Onu, impegnato in 100 Paesi per contrastare carestie, siccità, povertà e malattie. Confermandosi l'unica certezza anche durante i periodi politici più delicati. L'Unicef è l'unica missione che anche durante le guerre riesce a superare le barriere ideologiche e fisiche per portare aiuto dove serve anche tra mille pericoli.

A quasi ventanni dalla fondazione, nel 1965, arriva il primo riconoscimento importante: le viene consegnato il Nobel per la Pace, era la prima volta che il premio andava ad un'agenzia internazionale. Da lì, aumentò la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulle battaglie dell'organizzazione accrescendone inoltre il numero di sostenitori tra singoli, donatori, governi, agenzie umanitarie e imprese.

Vennero quindi istituiti degli ambasciatori Unicef, personalità pubbliche che in prima persona promuovevano le campagne. Il primo fu l'attore Danny Kaye, ma poi tante altre facce note del mondo dello spettacolo, cinema, politica e sport prestarono il volto all'organizzazione, tanto per citarne qualcuna: Audrey Hepburn, Lady D e Angelina Jolie.

Tra gli impegni più significativi dell'Unicef vanno sottolineate le campagne di vaccinazione dei bimbi, tra gli anni Ottanta e Novanta nel Terzo Mondo, e la campagna contro la piaga dei bambini-soldati in Sudan, oppure la più recente battaglia per il diritto all'istruzione, ad esempio per le bambine afghane dopo la caduta del regime dei Talebani.

Altra importante vittoria ottenuta dall'Unicef è stata quella nel 1989, quando in risposta all'opera di sensibilizzazione per l'adozione di un codice etico di comportamento nei confronti dei bambini, venne adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Convenzione Internazionale per i Diritti dell'Infanzia.

Tutti i bambini hanno diritto ad un nido, una casa simbolica, dove trovare un abbraccio che possa garantire loro calore e protezione. A volte i "grandi cattivi" se ne dimenticano e allora c'è l'Unicef che con l'aiuto di tutti cerca di non abbandonare mai i più indifesi.


Il Bitcoin arriva in Borsa

Debutto record alla Borsa di Chicago. La criptovaluta manda in tilt il sito.

Esordio record per la Borsa di Chicago che lancia i titoli derivati sui Bitcoin. Partenza decisamente positiva per questa moneta virtuale che non ha un supporto fisico né tanto meno è governata da una Banca Centrale. Inoltre il Bitcoin non è legalmente riconosciuto in nessun Stato al mondo, quindi le transazioni non sono illegali ma nemmeno tutelate da alcuna legge.

Praticamente le persone che scambiano una merce per bitcoin riconoscono la moneta, ne accettano il valore e le attribuiscono la valuta e ritengono di poterla scambiare e ricevere controparti in merci.

Prima di esse, il Bitcoin nacque a fine 2008, altre monete virtuali avevano provato ad affermarsi, ma nomi come Litecoin, Sordex, Blue e Grey Dolar non sono mai seriamente entrati nel gergo collettivo.

Inoltre, questa criptomoneta è un sistema autogovernato, aperto alla partecipazione di chiunque, senza la possibilità che qualcuno ne prenda il controllo. Tutte le transazioni sono registrate in modo trasparente sulla Block chain, un elenco pubblico, aperto al controllo di tutti e al contempo protetto in modo che nessuno possa modificarle. Il sistema di controllo sta nel fatto che le transazioni devono avere l'approvazione di almeno il 50% dei partecipanti alla "catena di blocchi". 

Da queste premesse è partita oggi la nuova era per il Bitcoin. Il Cboe, Chicago Board Options Exchange, ha lanciato lo scambio di future sulla valuta utile. La moneta digitale come prima quotazione ha superato la soglia dei 15.600 dollari negli scambi. Entro il 18 Dicembre, si prevede di iniziare ad aprire sulla più grande piattaforma di trading di derivati del mondo, la Cina, per poi sbarcare anche al Nasdaq.

Si procederà così per rendere possibile l'investimento diretto in Bitcoin tramite titoli quotati sui mercati regolamentati e poter ottenere guadagni sul proprio conto corrente una volta venduti i titoli stessi.

Oggi c'è un grande entusiasmo ma gli esperti invitano ad andarci cauti. Un algoritmo genererà nuovi Bitcoin per valori già stabiliti in partenza fino ad un massimo di 21 milioni di Bitcoin raggiunti nel 2033. Dopodiché la quota della criptomoneta rimarrà fissa. Questo per garantire un continuo "apprezzamento" della moneta virtuale, che a differenza delle valute vere, non può essere immessa in nuove quantità sul mercato. Resta il fatto che il Bitcoin ha un altissimo rischio di volatilità e quando si deve incamerare denaro a fronte di esso, sono tante le segnalazioni si persone che non riescono a ottenere il denaro. Gli analisti temono inoltre una "bolla", in particolare il Governatore della Banca Centrale della Nuova Zelanda chiosa: "E con le bolle non si sa mai come va a finire".

Ci sono interesse e curiosità intorno a questo nuovissimo fenomeno "economico" ma la grande finanza oscilla anche tra la diffidenza e il boicottaggio.