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sabato 1 aprile 2017

Ex fabbriche del Nord-Est usate come serre per la Marijuana

Da Padova all' Emilia i capannoni abbandonati dopo la crisi vengono trasformati dalla mafia cinese in serre per la piantagione di Marijuana. Lo dimostrano le decine di blitz delle Forze dell' Ordine svolte in questo lembo di territorio. Il Nord-Est italiano è stato ed è luogo simbolo della ripresa e dell' economia italiana. Lì il maggior numero d' aziende e lì le fabbriche traino dell' economia nazionale. Eppure la crisi ha colpito pure là. Tante aziende fallite, imprenditori suicidi, pignoramenti, operai licenziati e chiusure di stabilimenti. Lì, dove sono rimasti tanti capannoni deserti, abbandonati, la mafia cinese ha allungato la sua mano. Hanno occupato queste strutture vuote, a volte anche con regolare affitto; hanno fatto i dovuti lavori ( spesso di notte, nessuno vede mai niente), e poi ci posizionano qualcuno di guardia, che sorvegli gli impianti di irragazione ed illuminazione. Gli forniscono vitto e alloggio per un po', poi sigillano tutto e ritornano quando è il periodo della raccolta. Quindi confezionano, imballano sottovuoto e spediscono, in gran parte ,secondo le indagini, nel Nord Europa. Questo è il redditizio nuovo business della Marijuana prodotta dai cinesi. Periodicamente, ci si imbatte sempre nello stesso copione. A Piave di Sacco, i Carabinieri, hanno trovato un cinese piuttosto " suonato" a far di guardia ad un migliaio di piante di Marijuana, varietà Skink, bella potente, geneticamente modificata, quadi pronta per il raccolto. Poi, lo stesso film a Codevigo, ad Agna, Bagnoli di sopra. Questo capita ogni volta che le Forze dell' Ordine fanno irruzione in un' ex area artigianale o industriale. Un mese fa, è capitato anche a Montegnana e come racconta Mauro Cordiseo, dirigente della Squadra Mobile di Padova:" Abbiamo trovato il guardiano, un clandestino. Mai fotosegnalato, un signor nessuno. Il posto è in aperta campagna. Dentro c'era un sistema a livello industriale, con impianti fatti a posta, condotti di areazione, trasformatori, i sacchi di fertilizzante. Tutto quasi a costo zero: si erano agganciati direttamente ai cavi Enel". E 1640 piante, belle alte, e con un odore insopportabile di Marijuana, tanto che il cinese non appqriva in gran forma, stordito dalla concentrazione di principio attivo. Quell' uomo non è di alcuna utilità alle indagini, addirittura con sé non aveva nemmeno un cellulare, e quindi non si potrà nemmeno risalire ai complici, o capi, o ai gestori dell' organizzazione. E in effetti, nessuno sa veramente chi gestisca questi affari. Qualche giorno dopo, stessa operazione a Mesola, provincia di Ferrara: un cinese e 900 piante. E a Reggio Emilia, 648 piante, e a Castel del Rio, provincia di Imola, a Fiumicino vicino Forlì, e anche vicino Treviso. Secondo il Comando dei Carabinieri di Prato, l' increscioso fenomeno sarebbe partito da lì. L' anno scorso hanno cominciato a trovare capannoni pieni di piante rigogliose, cresciute sotto lampade al sodio. Arrestarono un imprenditore cinese, già proprietario di una fabbrica di abiti, poi riconvertita a cannabis. Seguendo quelle piste i colleghi veneti sono arrivati al capannone di Riese Pio X, nel Trevigiano dove c'erano 2000 piante. Sebbene i cinesi siano stati furbi, le Forze dell'Ordine locali, si stanno riprendendo il loro e il nostro territorio. Cosa più importante riportano alla loro dignità luoghi, le ex fabbriche che sono nate per dare con il lavoro onesto, vera dignità all' uomo.

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