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giovedì 5 ottobre 2017

Suo padre era reduce di El Alamein e lui lascia tutto per recuperare i nostri caduti in Africa

Un medico anestesista bolognese ha fondato l'Associazione A.R.I.D.O (Amici e ricercatori indipendenti deserto occidentale), per riportare a "nuova vita" quanto accaduto nella rovinosa Campagna d'Africa.

È stata una delle pagine più drammatiche della nostra storia. Un triste finale scritto nella sabbia, con il sangue e il sacrificio dei nostri soldati. Fra pochi giorni, sarà il 75° anniversario della battaglia più epica che combatté l'Esercito Italiano durante la Seconda Guerra Mondiale in Africa Settentrionale. Dal 23 Ottobre al 6 Novembre 1942 si attuo' la disfatta di El Alamein. Una sconfitta annunciata dal momento che i rapporti di forza tra italo-tedeschi e Alleati, comprendendo, carri armati e aerei, erano di circa 1 a 5.

Questa campagna, nonostante la pesante sconfitta, è rimasta nel cuore degli italiani. Nonostante tutto, la battaglia fu leggendaria per le perdite inflitte al nemico e ha consacrato alla storia due divisioni: la Folgore, i cui parà, ridotti allo stremo, si ridussero ad usare bottiglie Molotov controi carri nemici e a strisciare sotto i loro ventri d'acciaio per farli esplodere con le mine; e ls divisione Ariete i cui carri medi, insignificanti contro i possenti Sherman, carri americani, si fecero completamente annientare per salvare la ritirata della Fanteria italiana.

In questa battaglia perirono 5 mila italiani e gran parte di essi fu "raccolta" nel Dopoguerra, dal Tenente Colonnello Paolo Caccia Dominiani di Sillavango. Egli per anni 14 anni si è dedicato a questo lento e pericoloso obiettivo, culminato con la costruzione del grande Sacrario di El Alamein. Eppure, sotto le sabbie dell'Egitto e della Libia, ci sono ancora tanti altri soldati che aspettano dimenticati.

Rimarca un po' queste orme, Daniele Moretto, un medico di Bologna, che dal 2000 con risorse private, ha fondato l'Associazione A.R.I.D.O., promotrice di una grande opera di documentazione storica e del ridare dignità ai tanti connazionali mai rimpatriati.

Daniele Moretto non nasconde di aver tratto spunto dai racconti al limite del verosimile del padre, il Caporale Maggiore Giulio Moretto, giovane carrista dell'Ariete, che solcava la Cirenaica e la Marmarica a bordo del suo carro (medio) M13/40. Miracolosamente tornato dai suoi cari, al figlio ha sempre parlato di deserto, di sete e di battaglie. Proprio dal carro di Giulio Moretto, messo fuori combattimento da un colpo nemico, venne inviato l'ultimo ed eroico messaggio radio: "Carri armati nemici fatta irruzione a scudo...Con ciò "Ariete" accerchiata. Carri "Ariete" combattono!"

Da lì si accese nel giovane Daniele la scintilla di voler andare a vedere quei luoghi di cui aveva tanto sentito parlate. L'occasione capitò per caso, durante una settimana di vacanza, ma arrivato ad El Alamein capì non se ne sarebbe più andato. Cominciò ad approfondire lo studio del territorio dal punto di vista storico, geologico, naturalistico ed umano.

Dopo non molto tempo, il ricercatore ha incontrato cimiteri di guerra, italiani abbandonati, almeno 12 di cui di cui una parte erano sfuggiti al recupero di Caccia Damiani. Naturalmente non è rimasto molto. I corpi dei nostri soldati, venivano sepolti alla meno peggio sotto appena mezzo metro di sabbia, con l'uniforme consunta e solo pochi in casse di legno. E quello che non ha distrutto l'atmosfera è stato depredato dai beduini.

Altro scoglio per l'A.R.I.D.O. e quello di identificare i corpi. I nostri soldati, per scaramanzia, non portavano al collo il piastrino di riconoscimento, veniva cucito sulla giubba e quindi si perdeva facilmente. I cappellani militari, allora, mettevano in una bottiglia di vetro un foglio con i dati anagrafici e la seppellivano insieme al caduto. Così, quando si trovavano cocci di battaglia vicino ad una bara, si deduce che il corpo è già stato recuperato. Il gruppo di ricercatori del dott. Moretto è riuscito a trovare ed identificare già diversi soldati e a contattare anche le loro famiglie.

Oltre i corpi l'A.R.I.D.O. ha ritrovato anche: trincee, rifugi o sotterranei e opere di fortificazione tutte ancora intatte; di cui la più sorprendente scoperta è stata quella di un ospedale sotterraneo perfettamente integro.

Sono passati tanti anni, ma il vento del deserto non può spazzare via la memoria dei nostri valorosi e soprattutto grazie all'A.R.I.D.O. potrà essere ridata un po' di quella dignità mai perduta che i nostri soldati hanno mostrato lì.


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