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martedì 11 settembre 2018

La Ue è chiamata a decidere sul futuro del "diritto d'autore"

Mercoledì a Strasburgo, il Parlamento Europeo dovrà decidere sulla riforma del copyright "Ora o mai più".

Oggi più che mai, con l'esplosione di internet che giustamente porta l'informazione e la scrittura in ogni casa, urge una nuova riforma sul diritto d'autore. Dal 2001 le norme sul copyright non sono mai cambiate, invece è palese che servono nuove regole per consentire ai creatori e alla stampa di ottenere accordi migliori quando i loro lavori sono resi disponibili online. 

La vecchia direttiva va a vantaggio soprattutto dei giganti del web americani, mentre vengono penalizzati i creatori, gli utenti e le piattaforme europee. Praticamente mercoledì si deciderà della sopravvivenza dell'industria dell'informazione.

In particolare, Strasburgo voterà sul fatto che i grandi monopolisti digitali, Facebook e Google, dovranno riconoscere agli editori e agli autori d'informazione e di musica una parte infinitesimale dei cospicui guadagni che ottengono dal loro modello di business, ossia, quello di monetizzare vendendo i dati e target pubblicitari e la diffusione virale che i loro utenti fanno di contenuti prodotti da terzi.

Con questo meccanismo, i big si arricchiscono, gli utenti si divertono, mentre i creatori annaspano, poiché con questa normativa produrre contenuti non sarà più conveniente.

Questo potrebbe andare a ledere l'informazione professionale e potrebbe comunque indebolirla, perché magari i talenti o coloro che davvero sono padroni del mestiere (di scrivere), sono costretti a tirarsi indietro, e allora in rete, potrebbe circolare solo robaccia, fake news e post arrabbattati.

La diatriba va avanti da Giugno, quando la Commissione Giuridica del Parlamento aveva proposto un testo, praticamente bocciato a Luglio dall'aula plenaria. Mercoledì, quindi si spera, si trovi un compromesso soprattutto sugli articoli 11 e 13.

Parlarne così, sembra tutto molto aleatorio o come se non toccare i vari fruitori di internet, ma è un settore che vale 92 miliardi e che per chi scrive e vorrebbe produrre informazione, resta un tasto dolente.

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