In ordine cronologico è solo l'ultima delle campagne lanciate contro le politiche sul clima del Presidente Trump. Tre ambientalisti neozelandesi hanno escogitato un piano.
Al male si risponde con il bene. E all'inquinamento come si risponde? Tre attivisti ambientalisti neozelandesi non hanno dubbi. Daniel Price, Adrien Taylor e Jeff Willis hanno indetto la campagna internazionale "Trump Forest" (La foresta di Trump). Pienteranno 10 miliardi di alberi per compensare l'aumento di emissioni di anidride carbonica (CO2) dovuto alle politiche del Presidente americano che ben vedono le fonti fossili.
I tre calcolano che l'uscita degli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi sul clima, decisa dal Presidente, provocherà l'emissione di 650 milioni di tonnellate di CO2 in più da qui al 2025. Per assorbire questa massa di gas serra, secondo i tre serve una foresta di 100 mila km quadrati, grande come lo stato del Kentucky, per un totale di 10 miliardi di alberi.
La campagna trumpforest.com è attiva online. Con un click si chiede agli aderenti di piantare alberi direttamente o finanziare progetti di rimboschimento e mandare la ricevuta della spesa sostenuta. Tema del programma e motto morale è: "La foresta di Trump: dove l'ignoranza fa crescere gli alberi".
Già 1644 persone e quindi altrettante risorse verdi, hanno aderito all'appello. Sono stati piantati quasi 464 mila alberi, con un investimento di circa 60 mila dollari.
Non è la cifra in sé o il costo che "adottare una pianta" può comportare. La cosa importante di questa iniziativa è che si dà voce e modo di gridare aiuto a tutti quegli alberi, a quel verde che a causa dell'inquinamento non è più tale. La natura grida il suo bisogno di aiuto e se una bieca politica economica non vuole ascoltarlo, tocca agli altri aiutarla a gridare più forte.
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