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martedì 6 marzo 2018

"Il saluto fascista non è reato se solo per commemorare"

Sentenza di Cassazione. Per i giudici, può essere considerato una libera "manifestazione del pensiero".

Il saluto romano non è reato se ha intento commemorativo e non violento. Anzi, se agito in questi termini può essere considerato una libera "manifestazione del pensiero" e non un attentato concreto alla tenuta dell'ordine democratico.

Con tale motivazione, la Cassazione ha definitivamente assolto due manifestanti che durante una commemorazione organizzata a Milano nel 2014 da esponenti di Fratelli d'Italia, avevano alzato il braccio destro facendo il saluto fascista per rispondere alla "chiamata del presente". Una "leggerezza" che gli era valsa un'imputazione per "concorso in manifestazione fascista", reato previsto all'articolo 5 della legge Scelba.

Invece, la Cassazione ha respinto il ricorso confermando le decisioni del Gup e della Corte d'Appello di Milano. Aggiungendo che: "La legge non punisce tutte le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, ma solo quelle che possono determinare il pericolo di ricostruzione di organizzazione fascista e i gesti e le espressioni "idonei a provocare adesioni e consensi".

Intenzione che non appartenevano al saluto romano degli imputati che quindi non è stato giudicato reato. Per i giudici il gesto aveva una natura puramente commemorativa della manifestazione del corteo, organizzato in onore di tre militanti morti, senza "alcun intento restaurativo del regime fascista".

Inoltre, per argomentare la decisione, la Cassazione chiama in causa altri esempi in cui al contrario, vanno ravvisati gli estremi del reato di manifestazione fascista: è il caso di chi intona "all'armi siamo fascisti" considerata una professione di fede e un incitamento alla violenza, o di chi compie il saluto romano armato di manganello durante un comizio elettorale.

Mentre anche in un precedente identico, la stessa Cassazione aveva sottolineato che il reato previsto dalla legge Scelba "è reato in pericolo concreto, che non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell'ideologia fascista in sé, attesa la libertà garantita dall'articolo 21 della Costituzione, ma soltanto ove le stesse possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, in relazione al momento ed all'ambito in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell'ordine democratico e dei valori ad esso sottesi".

La sentenza della Cassazione, legittima per quanto sia, mi ricorda tanto quel detto secondo cui la cattiveria è in chi guarda. Che come dire, non è il gesto in sé ma le intenzioni di chi guarda e poi interpreta.

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