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giovedì 4 maggio 2017

Centomila adolescenti reclusi nella loro stanza

Anche in Italia esistono e sono in continuo aumento, gli hiki komori, gli adolescenti che rifiutano qualsiasi contatto con l'esterno. Sono quei ragazzi che si autorecludono nelle loro stanzette, perché un bel giorno stanchi dell' essere vittime di bullismo o semplicemente della realtà che li circonda. Un bel giorno dicono no e smettono di uscire, rimprigionandosi da soli con la rete come unico spiraglio verso l' esterno. In Giappone li chiamano " hiki komori", da noi, questi giovanissimi sono ritirati sociali o autoreclusi, in continuo aumento, un epidemia silenziosa e costante, che è arrivata a toccare i 100 mila ragazzi. "È una forma estrema di protesta sociale, un grido di dolore, che nasce dal non sentirsi adeguati ai propri coetanei, incompresi a scuola, schiacciati dalla competizione". Delucida Matteo Lancini, psicoterapeuta che da anni cura gli hiki komori italiani, presidente della Fondazione Minotauro. "A questi ragazzi ipersensibili, spesso intelligentissimi, il ritiro dal contesto sociale sembra l' unica salvezza da un mondo esterno che li fa soffrire. Si pensa, a torto, che siano affetti da una dipendenza da internet, schiavi della rete, e che sia stato l' abuso di tecnologia ad averli condotti in questo stato di eremitaggio moderno". Continua Lancini che a Rimini mostrerà i nuovi dati degli autoreclusi italiani, nel corso del convegno "#Supereroi fragili" organizzato dalla casa editrice "Erickson". Pochi ancora sanno curare questi adolescenti e molta attenzione bisogna fare nel non confonderli con i " tossicodipendenti della rete" con i "ritirati del mondo", per i quali invece i social possono diventare, addirittura, un gancio verso la realtà. Il primo che si occupò di questo disturbo, e poi ne attribuì il nome, è stato lo psichiatra giapponese Tomaki Soito, negli anni 80. Egli fu il primo ad individuare e codificare questo disturbo che colpisce gli adolescenti in quel delicatissimo passaggio tra la fine delle scuole medie e l' inizio delle superiori, e le cui vittime sono nel 90% dei casi maschi. Gli adolescenti che si autoconfinano in una moderna cella, quindi esistevano ancor prima della supremazia della realtà virtuale e ben prima che i Millennials entrassero in simbiosi con i loro smartphone. Già Saito, infatti, indicava come causa di questi eremitaggi domestici la pressione (spaventosa) sugli studenti del sistema scolastico giapponese. Oggi in Italia, si stima che ci siano circa 120 mila autoreclusi e rappresentano la punta estrema dei Neet, quei 2 milioni di giovani che né studiano né lavorano. E il ripiego di chiudersi in casa è quasi sempre la conseguenza di un fatto traumatico. Secondo Lancini, il ritiro dalla società avviene in modo graduale. E poi porterebbe fino a confondere il giorno con la notte e rifiutare anche l' uso del pc. E proprio da internet e da tanta tanta pazienza da parte di genitori e psicologi, può arrivare l' aiuto per traghettarli fuori da questa patologia che comunque naturalmente dovrebbe migliorare con il passare dell' età critica e l' approdo a scuole superiori.

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