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lunedì 1 maggio 2017

Comfort zone: il rifugio ai nostri limiti


Ognuno di noi porta con sé, una comfort zone, un rifugio, una tana rassicurante dei nostri limiti. 

E' quel luogo virtuale e non nel quale ci sentiamo al sicuro, ci sentiamo comodi, a nostro agio. Lì tutto è familiare, non ci sono sorprese che possono spaventare poiché tutto è dettato dalle consuetudini, da un insieme di abitudini mentali che ci tranquillizzano. 

È il nostro stato naturale, neutro confortevole, nel quale stress e ansia sono al minimo, perché sappiamo quello che accade e possiamo muoverci disinvolti, pianificare senza imprevisti. 

La zona di comfort è soprattutto un costrutto psicologico, riguarda la sfera emozionale e comportamentale che definisce la routine della nostra vita quotidiana. Il termine viene preso in prestito dagli indici del comfort termico, la temperatura alla quale il nostro organismo è più comodo e non sente né caldo né freddo. 

E nella nostra stanza interiore, nel nostro distretto mentale vuol dire sentirsi a casa. Ma la comodità tende però a farci fare il minimo indispensabile, ci fa disinteressare a nuove cose, a causa di un relativo benessere perseguiamo un livello di prestazione costante, niente di più o di eccezionale. 

Invece, la scienza insegna che per brillare, per fare un po' di più, c'è bisogno di uno stato d'ansia (ottimale) , di avere in circolo quel pizzico di adrenalina in più del normale. 

Lo stress ha anche delle caratteristiche positive, spinge a fare bene e motiva ad agire. Però, siamo più portati ad averne paura ad essere riluttanti alle novità; perché la zona di comfort è così conosciuta, anche se a volte ci annoiamo rimaniamo lo stesso perché quello che sta fuori lo immaginiamo peggio. Ci blocchiamo perché ci sentiamo vulnerabili, impauriti. Abbiamo paura di fallire e farci male.

 Eppure restare, non muoversi, ci rende poi scoraggiati e depressi, senza entusiasmo e quel sentimento di insoddisfazione che avanza. A volte, siamo nella zona confortevole anche quando non riusciamo a trovare via d' uscita dai modelli che ci portano a scegliere sempre partner sbagliati. Ad infilarci nelle stesse storie.

 Ci sono relazioni (dolorose) che funzionano da confortazione, dove tutto è prevedibile e abbiamo fatto l' abitudine con certi meccanismi, eppure ci accontentiamo e non andiamo oltre. Purtroppo, la comfort zone è un area interiore più che comoda perché ci presenta sempre le stesse idee, il nostro passato, i vecchi pensieri ed affetti. Abbandonarle significherebbe comprendere meglio chi siamo e ciò che vogliamo. 

Confrontarsi con il nuovo, il diverso, lo sconosciuto al di là della bolla delle proprie convinzioni, idee e sentimenti, significa espandere i propri confini, le esperienze e la conoscenza di sé. E non tutti sono pronti, perché non possiamo evolvere, trovare spunti per la realizzazione, senza uscire dalla nostra gabbia di sicurezza. Non tutti sono pronti a spezzare vecchi modelli di pensiero. Provare cose nuove aiuta a pensare alle vecchie ricollocandole in contesti du significato differenti. 

Ogni cambiamento, anche piccolo, stimola attività cerebrali sviluppando connessioni diverse tra neuroni. Quando proviamo ad uscire dal comfort personale spesso affiora l' insicurezza, ci sentiamo strani e troviamo resistenza. Ma il disagio di dover trasformare qualcosa è un segnale di crescita, perché sentirsi a proprio agio, a volte vuol dire rimanere bloccati. Spingere i propri limiti, in questo caso, è un po' come far stretching psicologico per scoprire le proprie possibilità e risorse.

 Si può partire da piccole cose, magari introducendo ogni giorno qualcosa che non avevamo mai fatto o detto prima...Così, per metterci alla prova. Anche perché le zone di comfort tendono a rimpicciolirsi con l'età, rilegandoci in cerchie sempre più strette, mentre un ritmo di apprendimento costante ci permette di evolvere.

 Abbracciando le nuove sfide impareremo anche ad abbracciare gli altri, e come minimo sono un buon metodo per avanzare meglio negli anni.

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